Chi è Franco Forte? Non solo come autore ormai apprezzatissimo di romanzi storici e thriller, ma anche come persona. E quale rapporto c'è con la scrittura e con gli scrittori, professionisti o esordienti che siano?
Franco Forte è un “giovincello” di 54 anni ossessionato dalla scrittura, che con il tempo ha deciso di fare di questa passione anche un mestiere. E non è stato facile. Ora che faccio lo scrittore e l'editor di svariati progetti editoriali, ho un rapporto magnifico con gli scrittori: non tengo per me, infatti, i segreti che ho appreso in tanti anni di frequentazione del mondo editoriale, ma li diffondo, alla ricerca di altri bravi autori da far crescere e pubblicare. E forse sono anche un illuso, perché combatto ormai da anni quella che sembra una battaglia persa (anche se intendo, prima o poi, vincerla): convincere i lettori che non devono disdegnare per pregiudizio gli autori italiani, ma almeno dare loro una chance di essere letti e giudicati per ciò che hanno scritto. Dopodiché, ne sono sicuro, si renderanno conto che anche noi italiani siamo capaci di confezionare belle storie che si leggono con piacere.
Per te è così importante scrivere? E da dove arrivano le idee per i tuoi romanzi?
Be', fare a me questa domanda sarebbe come chiedermi: che cosa significa per te respirare? La risposta è facile: vivere! Detto questo, le mie storie prendono vita nella mia testa, nella mia anima e nei liquidi del mio corpo, dopodiché vengono trasferite nel PC come flussi di idee ed emozioni amalgamati dalla passione e da tanta tecnica, che ritengo indispensabile quando si vuole confezionare un prodotto professionale (e questo devono essere, comunque li si guardi, i romanzi che ambiscono ad arrivare sugli scaffali delle librerie).
È accaduta la stessa cosa con Cesare l'immortale? Com'è nata l'idea di questo romanzo?
Il libro nasce da lunghi anni di studi su questo straordinario personaggio (ci ho anche scritto uno sceneggiato andato in onda su Mediaset), che mi hanno fatto pensare: ma perché un uomo del genere, così forte, intelligente, astuto, si è fatto ammazzare come uno sciocco? Perché ha ignorato tutti coloro che lo avevano avvertito in modo chiaro che ci sarebbe stato un attentato, il giorno delle Idi di marzo? E perché, proprio pochi giorni prima, pur sapendo dei pericoli che correva, si è liberato della sua guardia personale? Tutte contraddizioni che non hanno mai avuto senso, per me, e che sono agli atti della storia ufficiale, non le ho certo inventate io. Ed ecco l'idea: ovvio, in realtà Cesare non era affatto uno sprovveduto, e non si è fatto uccidere proprio dalle persone che gli erano più vicine, come Decimo e Bruto. Anzi, è stato lui a organizzare tutto, fingendo la congiura e la sua morte per sparire da Roma e dall'ambiente marcio e corrotto dell'Urbe e tornare a fare quello che gli è sempre venuto meglio: combattere. Magari alla testa di una legione, la Legio Caesaris, assemblata in segreto nel tempo, pronta a partire con lui verso i confini del mondo, per cercare l'unica cosa a cui un personaggio come Cesare teneva davvero: il segreto dell'immortalità! Ho costruito insomma un'ucronia storica, in cui tutto è inventato ma assemblato all'interno di una ricostruzione storica assolutamente plausibile e coerente con tutto ciò che sappiamo di Giulio Cesare e del mondo dell'epoca.
Puoi farci leggere un passo del libro che credi possa rappresentare il romanzo e la tua idea di ciò che significa essere scrittori?
Be', in Cesare l'immortale di passi così ce ne sono tanti, ma forse un brano in particolare mi sembra più interessante. L'ho messo in bocca a un altro straordinario personaggio che anima il libro, Cicerone. Il grande oratore si trova nella sua villa di Formia, braccato dagli uomini di Marco Antonio che vogliono ucciderlo, e si sta preparando a fuggire verso la Grecia. A un certo punto, c'è questo dialogo:
«Ormai è tutto pronto» lo riscosse Tirone, il suo fedele liberto che aveva affrancato dieci anni prima, dopo la morte di Crasso nella disfatta di Carre. «Restano solo da raccogliere le ultime carte, le più preziose.»
Cicerone trattenne una risata amara.
«Si dice che le opere redatte in punto di morte siano le più efficaci, non è così?» Raccolse la pergamena su cui aveva scritto le ultime righe del suo De Officiis e la mostrò a Tirone. «Quindi quest'opera resterà la migliore che ho scritto? Quella che i posteri ricorderanno e si tramanderanno?»
Il liberto restò a fissarlo in silenzio per qualche istante, con una di quelle espressioni piene di pazienza e commiserazione che tanto contribuivano a innervosire Cicerone, poi sollevò le mani come a volersi rifiutare di raccogliere la pergamena che lui gli porgeva.
«Tutto ciò che hai scritto resterà ai posteri» si decise alla fine a ribattere, con la mancanza di soggezione nei suoi riguardi che lo caratterizzava, e che era la virtù che Cicerone gli riconosceva di più. «Ma non ora, né fra dieci anni. E il De Officiis non sarà il tuo ultimo capolavoro, ne sono più che certo.»
«I capolavori non li scrivono gli uomini in vita, ricordalo» lo punzecchiò ancora Cicerone. «Solo i morti. O gli dei.»
«Be', tu non sei né l'uno né l'altro» grugnì Tirone. «Eppure quello che scrivi è sulla bocca di tutti e miete più vittime della spada.»
Ecco, questo è proprio quello a cui dovrebbe aspirare ogni scrittore…
I tuoi prossimi progetti?
Sono sempre al lavoro! Mai fermarsi, altrimenti non si arriva da nessuna parte. Dopo Cesare l'immortale sto lavorando su altri romanzi, fra cui il seguito della saga della Legione ai confini del mondo (questa volta porterò Cesare alle foci del Nilo, affiancandogli una guida d'eccezione: Cleopatra…) ma anche su nuove collane editoriali, su sceneggiature di film e serie televisive, su programmi per la TV di vario genere (alcuni anche da condurre personalmente) e molto altro ancora. Insomma, cari amici, è proprio vero che chi si ferma… è perduto!
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