Arriviamo in fondo alla storia noi lettori e contemporaneamente, in una sorta di processo meta-narrativo, ci arriva anche il protagonista, Ut. Scende così a fondo nella storia, che finisce per entrare in essa, anzi, in una fiaba.
La realtà, che già non sembra essere particolarmente solida in questo mondo, e in particolare all’interno delle Case, si fonde definitivamente con la fiaba che Ut raccontava a Yersinia nei primi numeri. Il protagonista si trova a riviverla in prima persona e a rendersi conto che, in qualche modo, per lui è già successo, lui l’ha già vissuta nel ruolo di Atem.
Allora perché era stato Iranon a venir chiamato Atem, prima da IV e poi anche da Ut?
Semplicemente perché tutti sono, in un certo senso, Atem.
La fiaba, infatti, è una metafora. Rappresenta il processo attraverso cui le case danno origine agli individui. Tutto è criptico, ermetico, accennato e non spiegato, ma riusciamo a intuire, forse, che è il modo di comportarsi durante la fiaba a stabilire se l’individuo che “nascerà” sarà un originale o una copia. La fiaba, infatti, è uguale per tutti, così come è uguale per tutti il processo attraverso cui veniamo al mondo nel ventre di nostra madre, eppure ognuno di noi è diverso. Nel mondo di UT a stabilire le differenze sono le scelte che si prendono durante la fiaba: si può scegliere di essere indipendenti, di prendere da soli le proprie scelte, divenendo così degli “originali”, con tutto ciò che ne consegue, oppure si può scegliere di non scegliere, di lasciarsi guidare, divenendo così delle “copie”.
Nel suo peregrinare tra le stanze delle Case, Ut ci fa da guida in questa storia. Attraverso i suoi incontri veniamo a sapere cosa ne è stato di tutti i personaggi che sono entrati.
Ciascuno è come se cercasse il suo posto o volesse tornare a quello che ritiene tale.
Gli architetti genetici, Decio, Gau e Caligari, si sono ormai convinti che le Case sono ormai fuori dal loro controllo. Sono cambiate e si sono fuse insieme in un’unica entità che fa ciò che vuole, che agisce secondo schemi incomprensibili e insondabili. L’unica soluzione è uscire e sigillarle nuovamente.
L’unico modo per farlo, però, è rimuovere dall’interno tutti gli originali, sono loro, infatti, ad attivare le Case, come se esse reagissero alla loro presenza. Senza di loro, probabilmente, una volta sigillate tornerebbero a una specie di quiescenza, anche se non vi è nulla di certo in questo piano.
IV, invece, ha il desiderio di elevarsi al di sopra della sua esistenza. Aspira a divenire più simile agli uomini e ritiene che il modo migliore per farlo sia sposarsi. Così come gli esseri umani, quando ancora esistevano, si sposavano, emancipandosi dalla famiglia che li aveva messi al mondo per creare una nuova famiglia, così lei vuole emanciparsi dal suo passato.
E quale sposo migliore se non Iranon?
Il quale, però, non sembra dello stesso avviso. Una volta riscoperto il suo passato e ritrovati i suoi ricordi, ha una sola cosa in mente: eliminare tutte le copie. È per questo che era stato creato e questo vuole fare. Incapace di andare oltre il proprio compito aspira esclusivamente a quello, senza alcun desiderio di fare altro, non lo prende minimamente in considerazione.
E Ut?
Lui persegue il proposito per cui aveva dato inizio a tutto: prolungare la vita di Leopoldo.
Quando, finalmente, si troverà al centro della Casa, faccia a faccia con la personificazione di essa, però, gli verrà chiesto un enorme sacrificio.
Questo passaggio è uno dei più importanti di tutta la saga e, come poi approfondito anche nei contenuti aggiuntivi, ci restituisce il senso di tutta la serie.
Avevamo già visto e avevamo già discusso di come Leopoldo fosse spesso un catalizzatore di eventi. In un mondo privo di emozioni, guidato solo dall’istinto e dai bisogni, la presenza di questo gatto, di questo piccolo animale, era spesso in grado di generare reazioni insolite in molti personaggi.
Ut, alla fine, si dimostra capace di provare amore, anzi, che tutto ciò che ha fatto fino a quest’ultimo numero, è stato spinto solo dall’amore e dal bene che prova nei confronti di Leopoldo. UT, quindi, potrebbe essere descritto come una storia d’amore, in fondo chi l’ha detto che una storia d’amore deve essere per forza tra un uomo e una donna?
Roi, in quest’ultimo numero, complice la fusione tra la fiaba e la realtà, unisce i due stili che nei primi numeri erano separati, raggiungendo un nuovo e ulteriore livello. Le macchie e le sfumature d’inchiostro degli ultimi numeri, inoltre, divengono un modo per colorare le tavole. Non più bianco e nero, ma uno straordinario range di grigi che colorano ogni vignetta e donano profondità a ogni disegno.
Il risultato è clamoroso.
Alcune pagine hanno una potenza evocativa che raramente abbiamo visto in albi Bonelli o in generale. Certi primi piani di IV sembrano addirittura fotografie per il realismo e la tridimensionalità con cui Roi ha saputo stendere la china. Altri, invece, parlano senza bisogno di usare balloon, tale è la forza del segno, la bellezza delle immagini e l’atmosfera che riescono a creare.
Negli ultimi tempi la parola “capolavoro” sembra fin troppo abusata quando si parla di prodotti che spiccano tra la massa per la loro qualità. Appena qualcosa è appena sopra la media, si dice che è un capolavoro, usando quindi il termine a sproposito. In questo caso, però, non possiamo esimerci dall’usare quella parola, perché, al di là della storia, anche solo per i disegni, UT è davvero un capolavoro.
I contenuti aggiuntivi dell’edizione variant da fumetteria, trattandosi dell’ultimo numero, non possono che essere particolarmente gustosi.
Un paio di begli articoli approfondiscono sia il tema della fiaba, che quello dell’amore nel mondo di UT, ma preferiamo non addentrarci troppo nella loro descrizione per lasciarvi il piacere di leggerli.
Ultimo appuntamento, inoltre, con le vedute di Laveno e del lago Maggiore che hanno ispirato le tavole di Corrado Roi con tanto di foto dei luoghi originali e tavole a confronto per vedere come ogni posto è strato trasfigurato dalla mano del maestro.
La copertina dell’edizione variant dell’ultimo numero è stata realizzata da Tony Sandoval e, come spesso accade nelle illustrazioni di questo artista, non poteva mancare una figura femminile. Lungo l’intervista, che chiude i contenuti aggiuntivi, possiamo vedere alcuni sketch che hanno portato alla versione definitiva e osservarne i cambiamenti e l’evoluzione.
Scopriamo, quindi, che quello che sarebbe divenuto il volto della personificazione della Casa, in origine, era il viso di una bella ragazza, delicato e acqua e sapone. Ben diverso, dunque, da quello algido e quasi alieno, con quegli occhi neri come pozzi senza fondo, della versione definitiva.
In conclusione di questa recensione, di questo albo e di questa miniserie, non possiamo che giungere a un giudizio nei riguardi di questo titolo nella sua interezza. UT non è una serie semplice, è una serie che lascia straniati, pieni di dubbi, che preferisce non dare risposte esplicite, ma farle intuire o, anche, lasciare al lettore di trarre le proprie conclusioni e interpretazioni.
Si tratta, altresì, di un’opera che andrebbe comprata e ammirata anche solo per i meravigliosi disegni di Corrado Roi, qui a un livello che forse non aveva mai raggiunto prima.
Il nostro consiglio, quindi, è di dare una possibilità a UT: leggetela, osservatela, studiatela e poi rileggetela, riosservatela e ristudiatela. Siamo sicuri che ogni volta che lo farete noterete qualcosa di più, cambierete idea su qualcosa, otterrete qualche risposta e vi farete anche nuove domande. Nel mentre, i disegni continueranno a farvi sgranare gli occhi dallo stupore e dalla meraviglia.
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