Steelheart era l’Epico che aveva assassinato il padre di David subito prima d’iniziare il proprio dominio su Newcago. Firefight il nome da Epico di Megan, la donna di cui David si era innamorato pur senza avere la certezza di potersi fidare di lei. Ma se Steelheart, con tutti i suoi seguaci, e Firefight, reincontrata in una città dominata dall’epico Regalia, erano “solo” figure dai poteri straordinari e quasi impossibili da uccidere, cosa comporta il voler abbattere Calamity? Calamity, che ben lungi dall’essere un semplice Epico invincibile è il creatore degli Epici.
Brandon Sanderson ancora una volta alza il tiro con il terzo e ultimo volume della saga Gli Eliminatori. Anche quando porta avanti le vicende di determinati personaggi un volume dopo l’altro, infatti, lo scrittore del Nebraska non si limita a inventare per loro nuovi problemi ma si diverte a cercare nuove prospettive sulle loro azioni, rimettendo in discussione quanto già fatto e allargando gli orizzonti dell’intera saga.
In questo caso non sono solo i personaggi a cambiare. Se la Newcago di Steelheart era una città d’acciaio e la Babilor di Regalia era dominata dall’acqua, l’Ildithia di Calamity è una città di sale. Letteralmente: sono di sale gli edifici che la costituiscono e, come qualsiasi cosa costruita con il sale, hanno una durata effimera. Sette giorni, per una città che crolla e si rigenera continuamente.
David, ora a capo del gruppo, deve trovare il modo di restituire la sua umanità a Prof., divenuto un potente epico che risponde al nome di Limelight. Questo nel bel mezzo di una lotta per la supremazia su Ildithia fra Limelight stesso e un altro Epico chiamato Larcener.
Come nei precedenti romanzi la narrazione, in prima persona, è affidata agli occhi di David. Vediamo così i suoi dubbi, le sue insicurezze, i suoi tentativi di scoprire il punto debole di Prof. ma anche ciò che si cela dietro la nascita degli Epici e a quell’Oscurità a cui quasi tutti soccombono.
Il ritmo è intenso fin da subito, con una missione apparentemente impossibile da compiere e mezzi limitati per compierla. Anche quando le azioni rallentano un po’ per lasciare spazio a chiarimenti e pianificazioni il senso di pericolo sempre incombente tiene alta la tensione del lettore. A sdrammatizzare, e a mantenere brillante la storia, concorrono i rapporti fra i personaggi, con battute a volte goffe che mostrano come David sia, in fondo, ancora un adolescente, e abitudini e manie di personaggi tutt’altro che perfetti. Doti e limiti di ciascuno sono esaltati da uno scenario inedito in cui i personaggi devono sfruttare tutta la loro inventiva e capacità di adattamento.
Il limite del romanzo si trovan nel voler mettere troppa carne al fuoco. La gran parte della storia si sviluppa intorno al confronto fra David e Prof. e, anche se le fasi di studio predominano rispetto a quelle d’azione, d’azione ce n’è in abbondanza. Se la storia fosse solo questo sarebbe divertente ma non costituirebbe un arricchimento del mondo degli Eliminatori. Gli sviluppi potenzialmente più interessanti riguardano i continui interrogativi sui poteri di Megan, in precedenza mai troppo chiari nonostante la loro importanza, e il ruolo svolto da Calamity nel rendere il mondo quello che è. I filoni della trama arrivano a un punto di contatto nel bel mezzo di una scena d’azione che sarebbe riduttivo definire concitata.
Il problema è che in quella scena c’è troppo. Megan, Prof., Calamity, alcuni altri Epici che ricoprono ruoli minori… I personaggi presenti sono tanti e, almeno i tre principali dotati di caratteristiche così particolari da meritare ciascuno ampio spazio, spazio che non c’è. Ci sono svolte imprevedibili, colpi di scena continui, tensione altissima, ma manca il necessario approfondimento.
Divertente da leggere, brillante, con alcune situazioni molto interessanti, Calamity è in parte rovinato da un finale un po’ forzato.
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