Lettere da Berlino di Vincent Perez è la storia di una battaglia persa in una guerra poi vinta.
Nella Berlino del 1940 i coniugi Otto (Brendan Gleeson) e Anna Quangel (Emma Thompson) subiscono la perdita in guerra del loro unico figlio. Se già i due non erano esattamente dei simpatizzanti del Reich, ma lo subivano più o meno passivamente, cercando di stare fuori dai guai ma senza essere attivisti di partito, ora che hanno subito la politica di Hitler Otto decide di fare qualcosa.
Come la moglie Anna, Otto è di origini umili, ma comincia a scrivere delle ingenue cartoline, in un linguaggio imperfetto, tutte contro il Reich.
Le lascia in punti strategici della città, sperando che, passando di mano in mano, possano servire a "raccontare la verità" sulla politica di Hitler.
Quello che accade però è che molte di queste cartoline vengono invece consegnate alla Gestapo, e l'ispettore della Gestapo Escherich (Daniel Bruehl) si mette sulle tracce di Otto, aiutato poi anche dalla moglie Anna.
Non è una storia a lieto fine quella di Otto e Anna Quangel, raccontata nel romanzo Ognuno muore solo, di Hans Fallada, al quale il film è ispirato. Ma è una storia che andava raccontata.
Va detto che Lettere da Berlino non ha grandi meriti cinematografici. Un caso in cui all'importanza dell'argomento non corrisponde adeguata qualità della messa in scena. Il cast fa quello che può ed è l'unico sostegno a un film che purtroppo prende da subito la via della retorica spicciola, seguendola fino alla fine, con una regia senza creatività.
La storia dei tentativi di resistenza al nazismo in Germania merita di essere conosciuta, e meritava un risultato cinematografico all'altezza dell'ottimo La Rosa Bianca – Sophie Scholl del 2005, film di ben superiore qualità.
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