Mai titolo italiano fu più fuorviante di quello di Kubo e la spada magica.
Non che non nella complessa storia di Kubo, ragazzino con un occhio solo fuggito con la madre da un destino forse peggiore della morte, non c'entrino spade e guerrieri, ma perché il vero senso della storia è obiettivamente nel titolo originale: Kubo and Two Strings.
Due corde, come quelle dello strumento musicale che il ragazzo padroneggia con un pizzico di magia, uno shamisen magico che gli consente all'inizio di effettuare piccole rappresentazioni di origami, ma che diventerà sempre più utile nel corso della vicenda. Lo strumento è in realtà a tre corde, ma il senso del titolo vi verrà chiarito, fidatevi, per ora non posso dire altro.
Quello che vi posso dire è che siamo nel territorio fiabesco più consolidato, con tutti gli elementi al loro posto. Lo smarcamento tra il consolidato e il banale c'è, per cui non si resta delusi. Kubo non sarà da solo ad affrontare le sue prove, troverà dei compagni di viaggio molto interessanti: un mini guerriero origami muto, una Scimmia saccente ma molto protettiva, un samurai Scarafaggio antropomorfo.
Gli scambi tra Kubo e questi personaggi, e tra Scimmia e Scarafaggio tra loro, sono uno dei punti di forza del film, passaggi che non fanno sedere la storia, ma la fanno andare avanti. Questo perché il viaggio di Kubo non è solo la quest eroica, ma anche la sua crescita personale, dovuta proprio al confronto e alla interazione con i suoi bizzarri amici.
Non banale il confronto e la risoluzione del conflitto anche con i nemici: le due streghe gemelle sorella della madre di Kubo; il malvagio nonno, che cerca per averlo al suo fianco nel regno di tenebra, per governare insieme come "Nonno e nipote" (ok questa citazione però l'ho inventata io, non è nel film, NdR).
Un'altro dei punti di forza del film è che l'immersione dello spettatore non avviene per eccesso di spiegazioni, ma gradualmente, con una scoperta continua simile a quella del protagonista. Come spettatori sappiamo quello che sa lui, e impariamo i dettagli del mondo dalle sue esperienze.
Tecnicamente il film ha un'aura di tangibilità che la computer grafica non sempre riesce a restituire. La tecnica dello stop-motion è evidente, ma non è un difetto, bensì la cifra stilistica della LAIKA.
In conclusione, un film nel quale la differenza, una volta tanto, la fa il come le cose vengono narrate, perché elementi noti riescono a essere mescolati in modo che il risultato finale abbia la sua originalità.
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