Prodotto grazie a una fortunata campagna di crowdfunding su Kickstarter, sbarca finalmente in Italia, in anteprima al Lucca Comics & Games 2016, Elstree 1976, il documentario progettato e diretto da Jon Spira che racconta le storie di alcune delle comparse di Guerre Stellari.
A presentarlo sul palco del cinema Astra, oltre allo staff della casa di distribuzione italiana Wanted, una delle protagoniste del documentario, Pam Rose, all’attivo un paio di inquadrature nella Cantina di Mos Eisley, oltre a una carriera di modella di cui ancora, a distanza di quarant’anni, si intravede il perché.
È originale l’idea di Jon Spira di raccontare il making of di Star Wars dal punto di vista obliquo di chi ci ha lavorato magari per pochi giorni di riprese, senza una riga da recitare o perfino senza neppure sopravvivere alla post-produzione (è il caso dell’attore che interpretava il personaggio di Fixer, un amico di Luke Skywalker giù a Tatooine). L’intento è quello di dare tridimensionalità a figure che ci siamo abituati a vedere solo come sfondo (per certi versi è lo stesso concetto dietro al personaggio di Finn ne Il risveglio della Forza, ovviamente declinato in tutt’altro modo), ed è un’operazione davvero meritevole perché consente di mettere in risalto il valore dei piccoli dettagli, della cura maniacale con cui venne girato il capostipite della saga, componente fondamentale del successo di George Lucas.
Ma non solo. A dare spessore ai racconti di chi ha interpretato lo stormtrooper che sbatte la testa all’ingresso sulla nave consolare, di chi compare solo di spalle mentre partecipa al briefing dei piloti di X-Wing o mentre serve un cocktail nella Cantina di Mos Eisley c’è la frustrazione e il rimpianto per essere stato parte della “magia” ma non del tutto, senza comparire nei titoli, ed essere considerato un “abusivo” dagli altri attori del cast: quelli che hanno avuto ruoli secondari, ma per qualche ragione sono comunque entrati nell’immaginario collettivo, anche se con il volto coperto da una maschera. Parliamo di Dave Prowse, il corpo sotto il costume di Darth Vader, di Jeremy Bulloch, il leggendario Boba Fett, e di Paul Blake che forse ha sparato per primo a Ian Solo nelle vesti di Greedo.
Per loro il rimpianto, molto attenuato dalla gratitudine per un ruolo per cui sono tuttora venerati (e remunerati), è quello di essere stati poco più di “attaccapanni” per i costumi, veri personaggi e protagonisti.
Il lavoro di Jon Spira, tra l’altro molto ben diretto con un sapiente mix di immagini d’epoca e sequenze girate per l’occasione, si risolve in una sorta di Buena Vista Social Club in salsa lucasiana, forse un po’ troppo sbilanciato sulla biografia degli attori ma comunque interessante e, a suo modo, poetico.
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