Durante la fiera lucchese siamo riusciti a strappare il noto autore di giochi e videogiochi David “Zeb” Cook all'interminabile fila di fan venuti per chiedere un autografo e scambiare due chiacchiere con il leggendario creatore della “Blue Box” di Dungeons and Dragons per scambiare due chiacchiere. L'autore, noto per aver creato regolamenti e scritto avventure per D&D, Adventures of Indiana Jones, Conan the Barbarian e tutta una serie di classichi del Gioco di Ruolo, è stato molto cortese e disponibile con noi, rispondendo a molte delle nostre domande nel poco tempo concessaci dal delirio di Lucca Comics and Games.
Quali sono, dal punto di vista letterario, i suoi modelli di ieri e oggi?
Dipenda da a cosa sto lavorando, di solito cerco di trovare degli esempi che abbiamo lo stesso aspetto di quello che ho in mente, e quando inizio a scrivere cerco anche una musica adatta a ispirarmi e farmi entrare nello stato d'animo adatto per scrivere.
Prima di Dungeons and Dragons ha scritto delle ambientazioni per Conan e Indiana Jones, quali sono le differenze del suo approccio a questi diversi tipi di manuale che fanno riferimento a mondi che già “esistono”?
Per Conan ho usato i romanzi di Howard, prendendomi molto tempo per rileggere e prendere appunti, perché volevo che i giocatori trovassero l'esatta atmosfera e ambientazione. Per il sistema di gioco ho dovuto trovare delle soluzioni per cui i giocatori potessero sentirsi eroici come Conan, senza effettivamente interpretare Conan.
Per Indiana Jones abbiamo avuto il problema esattamente inverso: abbiamo lavorato con la Lucas Film, e loro non riuscivano a capire come funzionano i giochi di ruolo. Loro volevano che io usassi solo il loro materiale, e non mi permettevano di creare nuove storie e nuovi personaggi. Potevo usare solo i film o il fumetto approvato da loro, ma nient'altro. La cosa peggiore è che non mi hanno permesso di creare un sistema di creazione dei personaggi, perché i giocatori dovevano usare solo i personaggi già esistenti. Abbiamo provato a spiegargli che un gioco di ruolo include il crearsi il proprio personaggio, ma loro non riuscivano ad accettarlo. Quindi, all'interno del manuale non c'è una sezione per la creazione del personaggio, ma nel fondo del libro c'è un'appendice con un dettagliato sistema di creazione degli NPG. Quindi è come se avessimo barato… (ride).
La “Blue Box”, nota anche come Expert Set, di cui lei si è occupato, che ha portato la prima crescita del personaggio, che fino a quel momento copriva solo i livelli 1-3… come ha affrontato il bilanciamento?
Noi lavoravamo alla “Blue Box” mentre era in lavorazione la “Scatola Rossa”, eravamo molto vicini. Molte delel cose che abbiamo sviluppato esistevano già della scatola originale di D&D. Noi abbiamo solo dovuta renderla più semplice e comprensibile e anche bilanciata, sì. Il bilanciamento si è raggiunto tramite molte ore passate a giocarlo e a testarlo.
Dal punto di vista delle avventure lei ha sviluppato un modulo di avventure ambientate in estremo oriente, aveva una passione pre-esistente che ha condizionato questo modulo?
Un pochino! Mi piace la cultura asiatica, quindi conoscevo già qualcosa della loro storia e leggende e avevo intenzione di ambientarci qualcosa. Ma quel libro è stato fatto perché un altro progetto è fallito e sono stato contattato dall'editore che aveva bisogno di materiale da pubblicare e mi sono ritrovato a dover scrivere tutto abbastanza velocemente.
Quanto è importante in un gioco di ruolo definire la storia e quanto lasciare liberi i giocatori e i Dungeon Master di creare nuovi mondo, secondo lei?
Devi creare abbastanza materiale di background e storia in modo che i giocatori sentano che è reale, ma deve essere strutturato in modo tale che i giocatori devono sempre sentirsi liberi di creare quello che vogliono. Quando faccio qualcosa come le avventure orientali o alcune altre cose, a me piace creare la storia, e alcune volte ce ne metto un po' troppa (ride), quindi altre persone sono venute a ricordarmi che non devo essere così approfondito e di lasciare un po' di libertà.
Nell'ultimo periodo nel mondo dei giochi di ruolo c'è una forte polemica sul bisogno di avere più manuali per ampliare il regolamento, quanto è importante, secondo lei, che ogni cosa sia definita e quando è solo una richiesta commerciale?
A me piacciono le regole semplici, la cosa più importante è l'immaginazione e se metti troppe regole finisci con l'impedire che venga usata l'immaginazione, perché i giocatori sanno che c'è sempre una regola e andranno a cercarsi quella regola. A me piace che la gente possa dire “Oh! Voglio salire sulla sedia e buttarmi di sotto”, senza preoccuparsi che ci sia una regola che permetta loro di farlo.
Qual è la differenza tra lo scrivere giochi di ruolo in formato videogame e giochi di ruolo cartacei?
Molte cose. Una è che in un gioco di ruolo, io posso dire “Oh, questo è quello che voglio che accada”, ma lascio che sia il Dungeon Master a svilupparlo nei dettagli, mentre nel videogame non posso farlo. Io devo effettivamente scrivere ogni particolare, perché deve essere lì, scritto.
L'ultima domanda, cosa pensa della quinta edizione di Dungeons and Dragons?
Non ho ancora avuto l'occasione di giocarla molto, ma mi sembra abbiano fatto un lavoro molto buono. Sono riusciti a togliersi di dosso le troppe regole della quarta edizione e di dare di nuovo importanza semplicemente alla narrazione delle storie.
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