Casablanca 1942, la guerra è lontana dal concludersi e spionaggio e controspionaggio sono all’opera, disposti l’uno di fronte all’altro su una scacchiera pericolosa. Gli alleati, inglesi e americani, mandano sul campo un loro agente, Max Vatan, con il compito di uccidere l’ambasciatore tedesco, aiutato dalla spia francese Marianne Beausejour che si trova già da tempo in Marocco. I due devono fingersi marito e moglie partecipando a una festa per eliminare il diplomatico, avendo scarse chance di uscire entrambi vivi dopo l’attentato. Contro tutte le previsioni riescono a scappare, una volta arrivati a Londra si sposano e, un anno dopo, tra le bombe che devastano la città nasce la loro bambina. La famiglia pare unita e indissolubile, ma l’ombra del dubbio irrompe terribile nella vita di Max quando l’intelligence inglese inizia a sospettare che Marianne sia in realtà una spia tedesca.
Quanta parte di merito l’abbia la sceneggiatura di Steven Knight e quanta la regia di Robert Zemeckis è difficile a dirsi, ma Allied – Un'ombra nascosta è uno dei film più interessanti e complessi su cui entrambi abbiano messo le mani. Prima di tutto perché si tratta di una pellicola che riesce a riproporre il cinema classico americano alla Hitchcock, mischiandolo con quello di François Truffaut, senza perdersi in lezioncine di meta-cinema, ma proponendo una storia che il regista inglese avrebbe potuto fare sua. Brad Pitt, perfetto ed elegantissimo, è un novello Cary Grant, mentre Marion Cotillard è ambigua, più che come Kim Novak in Vertigo o Tippi Hedren in Marnie, come Catherine Deneuve in La mia droga si chiama Julie. La storia stessa con una sceneggiatura perfettamente equilibrata in tre atti, ruota attorno al dubbio di Max, così come era per Joan Fontaine ne Il sospetto (sempre di Hitchcock), lacerato dall’idea che la sua vita sia solo una finzione costruita da Marianne. D’altronde l’uomo (e lo spettatore) ha visto le capacità recitative di lei a Casablanca, e la sua abilità di manipolare i sentimenti. Che si tratti solo di un gioco di specchi o di un tragico errore?
Anche i costumi, la scenografia, tutto è messo a fuoco in un’ottica glamour anni ’40, e le scene che non sarebbero passate alla censura di quegli anni, come quella in cui i due fanno l’amore in macchina durante una tempesta nel deserto, hanno un’estetica coerente.
Ciò che differenzia Allied – Un'ombra nascosta da altri tentativi analoghi come Intrigo a Berlino di Soderbergh, è la capacità di raccontare una storia da “Hollywood classica” conservando intatte atmosfere e charme di quel periodo, attraverso però un linguaggio moderno senza sterili ricalchi. Azzardando il paragone, lo slittamento è in un certo senso simile a ciò che hanno fatto i fratelli Duffer con gli anni Ottanta in Stranger Things. È ormai certo: il vintage piace anche sul grande schermo.
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