Cento anni sono passati dalla cosiddetta rivoluzione d'ottobre, un secolo da che la dinastia degli zar si è estinta nel sangue per lasciare spazio ai sogni di un futuro utopico di stampo comunista. Ovviamente, col senno di poi, possiamo dire che le cose non siano andate esattamente come preventivavano i giovani rivoluzionari, ma le energie di quel periodo sono certamente state terreno fertile per l'ottimismo e la ricostruzione. Revolution – nuova arte per un nuovo mondo, al cinema il 14 e il 15 marzo, ripercorre proprio quegli anni, concentrandosi sulla questione artistica e sulle faccende politiche a essa strettamente legate.
Dall'agit-prop al cubismo, da Dziga Vertov al costruttivismo.
La regista Margy Kinmonth, pluripremiata autrice della BBC, ha deciso di avvicinarsi alla questione adottando una visione olistica, partendo con lo studiare gli eventi dell'inizio Novecento fino a risalire ai pronipoti dei personaggi coinvolti. Tra Vasilij Kandinskij, Kazimir Malevič e Marc Chagall, il docufilm si apre per menzionare anche i nomi meno noti, cercando di analizzarne l'impatto sul mondo dell'arte e suggerire qualche aneddoto pervenutoci solamente grazie alle inedite testimonianze.
Questo genere di pellicola, solitamente ben lontana dalle possibilità di distribuzione nei cinema, compie un miracolo inaspettato raggiungendo le sale forse grazie all'influenza internazionale della Royal Academy of Arts che, proprio in questo periodo, presta le proprie sale londinesi all'arte russa del periodo che va dal 1917 al 1932. Quale che sia la realtà Revolution dimostra di sapere ciò di cui parla, arrivando a scomodare il direttore dell’Ermitage e la direttrice della Galleria Tret’jakov pur di offrire un'analisi professionale ed educativa che non scada nella semplice frustrazione nostalgica (anzi si esplicitano freddamente i nefasti destini dei soggetti presi in considerazione).
Revolution – nuova arte per un nuovo mondo non è certo per tutti e, anzi, è assolutamente per pochi. Valutate ugualmente la chance di concedergli tempo, se non altro per giustificare altre opportunità simili, sognando un mondo in cui l'educazione ha soppiantato Step Up.
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