Ha seguito la suddivisione voluta dall’editore americano Orbit Armenia nel pubblicare l’edizione italiana di Ladri di spade, il che significa che il volume comprende i primi due romanzi pubblicati da Michael J. Sullivan: La cospirazione della corona e Avempartha.
La storia inizia come un romanzo di spada e magia, o forse di cappa e spada visto che almeno all’inizio la magia sembra essere assente. Hadrian Blackwater e Royce Melborn, abilissimo guerriero il primo e mente del sodalizio dalle capacità più misteriose il secondo, sono mercenari pronti a vendersi al miglior offerente. Non che manchino di morale o di un proprio senso della giustizia, ma se non è in gioco la loro parola i due si sentono liberi di accettare incarichi da chiunque possa pagarli. La fama di cui godono è già notevole, solo con i successivi prequel Sullivan ha mostrato al lettore in che modo Hadrian e Royce abbiano affinato le loro abilità e come si siano incontrati. Qui i loro talenti non sono messi in discussione ma mostrati come un dato di fatto fin dal primo capitolo, in cui si vedono le reazioni di alcune persone alla scoperta della loro identità e l’esito dell’ultima missione che gli è stata affidata.
Tutto molto semplice quindi?
All’inizio sembrerebbe di sì, i personaggi sono in gamba e se anche piccoli dettagli non convincono del tutto si tratta di elementi minori, che non hanno ripercussioni sullo svolgersi degli eventi. Le cose si complicano quando un incarico in teoria semplice si trasforma in un’astuta trappola che rischia di trascinare i due sul ceppo del boia. Nell’avventura entrano prima gli intrighi politici e poi la magia, anche se la trama continua a basarsi sulle notevoli capacità dei due avventurieri.
Il ritmo è buono, incalzante nei momenti giusti ma anche capace di rallentare a tratti, evitando di mandare in affanno il lettore sommergendolo con il continuo succedersi degli eventi, cosa sempre più diffusa nella narrativa degli ultimi anni. Manca anche la crudezza, spesso confusa con il realismo, che ha reso famosi diversi autori, e anche in questo caso Sullivan non ne fa sentire la mancanza. I morti ci sono, più nel secondo romanzo che nel primo, anche se pure in La cospirazione della corona ve ne sono diversi, ma l’autore evita di soffermarsi su dettagli non necessari alla trama. Mostra quel che serve e passa oltre, i personaggi non sono meno morti per il fatto che la loro scomparsa è stata narrata con poche parole. Il realismo è dato dalla solida impressione donata da tutto l’insieme.
La caratterizzazione è sviluppata maggiormente in alcuni personaggi secondari piuttosto che nei due protagonisti, anche se con il passare delle pagine anche loro acquistano una buona consistenza. Buona, soprattutto, è la capacità dell’autore di tenere nascoste a lungo le motivazioni di un paio di membri della famiglia reale, lasciando il lettore nel dubbio circa la reale identità del mandante dell’omicidio.
Il secondo romanzo è ambientato diverso tempo dopo rispetto al primo e l’incarico assegnato a Royce e Hadrian sembra non avere nulla a che vedere con l’avventura precedente. Il problema, quando meno quello che necessita di un abile guerriero, è totalmente autonomo, ma il motivo per cui i due accettano di svolgere un compito pericolosissimo affonda le sue radici nel passato dei regni di Avryn e nei progetti di alcuni personaggi già conosciuti ne La cospirazione della corona. Cappa e spada si mescolano ancor di più a magia e intrighi politici, in un percorso di approfondimento del mondo che promette bene per gli sviluppi futuri.
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