- Una fabbrica che trasforma gli uomini in animali – La trama
- La gente dà il meglio di sé in prigione – Comparto tecnico
- Un posto dove conoscere un vero amico – Attori
- In carcere si studia male – Conclusioni
Cosa succede quando una persona comune, per colpa di una tragedia, si trova a dover affrontare il carcere duro assieme ai delinquenti della peggiore risma? Questo è stato il dubbio che ha fatto scattare la scintilla creativa a Ric Roman Waugh (Snitch – L’infiltrato, Felon – Il colpevole) che, per scoprirlo, ha intrapreso una vita da secondino per due anni, in modo da poter assistere in prima persona alla quotidianità dietro alle sbarre. Il tempo dedicato all’indagine sarà stato ben tradotto in pellicola?
Una fabbrica che trasforma gli uomini in animali – La trama
Jacob Harlon (Nikolaj Coster-Waldau) è un colletto bianco d’alto profilo; passa le giornate a fare sport e a parlare di quotazioni di borsa, il suo look è impeccabile e ha un figlio e una moglie (Lake Bell) bellissimi. Jacob è l’incarnazione del sogno americano, un affermato businessman di Pasadena con una vita perfetta. Una sera, però, il suo mondo si sbriciola. In ritorno da una cena con amici, inebriato dai fumi dell’alcol, si trova coinvolto in un disastroso incidente stradale che costa la vita al suo migliore amico.
Accusato di omicidio colposo, Jacob accetta il patteggiamento a due anni di reclusione, pur sapendo che il reato per cui è stato giudicato lo costringerà a vivere a stretto contatto con gli individui più pericolosi e violenti che la società abbia da offrire. Dietro consiglio del proprio avvocato, Jacob, scatena una rissa con un corpulento galeotto di colore dal carattere provocatorio, facendosi notare dalla gang neonazista “La Fratellanza”, entrando tacitamente nei loro ranghi.
La protezione della Fratellanza però ha un costo e “Money Man” Harlon inizia a discendere in una spirale decadente che lo intrappola in carcere per sette anni, annichilendo la sua vita e allontanandolo dalla famiglia. Terminata di scontare la propria pena Jacob si prepara a ricominciare da capo, ma abbandonare la Fratellanza non è così semplice e La Bestia (Holt McCallany), uomo a capo dell’organizzazione, gli fa ben capire che l’influenza della gang si estenda ben oltre le mura del carcere.
La gente dà il meglio di sé in prigione – Comparto tecnico
Sorprende il fatto che Ric Roman Waugh abbia ben più esperienza come stuntman che come regista. L’ottima gestione della camera da presa che, rinunciando ai carrelli, si affida alla manualità umana crea la giusta alchimia di veracità e violenza alla quale la pellicola mira. Stupefacente ancor di più se si considera che, in relative ristrettezze economiche (10 milioni), l’intero film sia stato girato in soli 25 giorni e quasi unicamente in New Mexico, stato generoso negli incentivi alle produzioni cinematografiche.
Waugh, affiancato dal produttore Jonathan King (Snitch – L’infiltrato, Starstruck), si è occupato anche del copione e qui iniziano le note dolenti. La Fratellanza, semplicemente, non vanta un testo forte. L’intuizione di base, la ricerca effettuata sul campo, la critica al sistema carcerario statunitense parevano indirizzarsi verso un orizzonte virtuoso, ma il tutto sfocia nel nulla nel momento in cui l’autore abbandona il territorio studiato per improvvisare un thriller. Dal momento in cui Jacob mette piede fuori dalle celle la pellicola abbandona l’idea di voler sondare la decadenza di un uomo e si converte a contenuti più banali e cinematografici; contenuti peraltro altamente preannunciati da trailer infantili che hanno preferito bruciare l’eventuale svolta in favore di un facile slogan che si ricolleghi a un noto telefilm fantasy.
Un posto dove conoscere un vero amico – Attori
Nikolaj Coster-Waldau, noto appunto per la sua partecipazione a Game of Thrones, traina l’intero film. La sua interpretazione convince e il personaggio è grandemente reminiscente (e forse debitore) del Rustin Chole di Matthew McConaughey in True Detective. Determinato seppur fragile, fa quello che serve per portare avanti il proprio obiettivo senza perdere umanità. Ogni altro attore finisce con l’essere irrimediabilmente relegato a una posizione di supporto.
Tra i vari personaggi minori vale la pena ricordare l’inquietante Bestia di Holt McCallany (Vantage Point, Fight Club), spaventosamente persuasivo nei panni dell’energumeno della “destra alternativa” statunitense, il “Bottles” di Jeffrey Donovan (Hitch, Blair Witch 2), un boss minore dal retaggio accademico che riesce tuttavia a farsi rispettare dai maneschi scagnozzi, e Phil Cole, il secondino corrotto a cui si è prestato Matt Gerald (G.I. Joe: Retaliation, Avatar).
In carcere si studia male – Conclusioni
L’impegno riposto nella pellicola è evidente, ma le tematiche toccate avrebbero necessitato di una delicatezza che Waugh non è stato in grado di garantire. I riferimenti, più o meno espliciti, sono chiari: la strepitosa serie Oz mescolata con una punta di Breaking Bad, il tutto allungato con i risultati di un’indagine etnografica. Il fatto è che i telefilm qui menzionati sono pubblicamente riconosciuti come capolavori di genere e il naturale paragone non gioca affatto a favore de La Fratellanza.
A parte qualche iperbole forzata e dettagli che mettono alla prova la sospensione dell’incredulità (Jacob è assistito dall’avvocato più incompetente della storia), la pellicola risulta digeribile, ma è evidente sia narrativamente inferiore a molti dei prodotti televisivi e cinematografici già in circolazione. Se pensate che l’argomento possa stimolare il vostro interesse e confidavate ne La Fratellanza, riscoprite piuttosto l’esistenza di Cella 211, capolavoro spagnolo del 2010.
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