Torna nel suo media originale, il formato televisivo, Star Trek, il franchise ideato oltre 50 anni fa da Gene Roddenberry. Magari in senso lato, se parliamo di TV via internet, ma comunque piccolo schermo.
La nuova serie, Star Trek: Discovery, è ambientata circa una decina di anni prima della serie classica.
Nell'incipit facciamo la conoscenza del Capitano della nave stellare USS Shenzhou Philippa Georgiou (Michelle Yeoh) e del suo primo ufficiale Michael Burnham (Sonequa Martin-Green), impegnate in un pianeta desertico, iconograficamente simile a Marte, Arrakis e Tatooine (giusto per dare meglio l'idea), in una missione per conto della Flotta Stellare.
Il mondo ordinario dei personaggi è quindi presentato in un teaser ad alta tensione, con un fan service studiato ad arte per provocare la pelle d'oca e farci sperare che Star Trek sia tornato.
La sigla iniziale che cita le note di Alexander Courage contribuisce ad amplificare il messaggio: se non lo aveste capito questo è Star Trek, non una sua imitazione.
La timeline è quella ufficiale, da qualche parte in questo universo ci sono già i componenti dell'equipaggio dell'Enterprise, anche se la missione quinquennale partirà tra un bel po'.
Se missione della flotta stellare è l'esplorazione, allargando i confini dei viaggi è inevitabile incontrare, nella galassia ideata da Roddenberry, altre civiltà aliene. A questo stadio della storia, la Federazione ha già aggregato alcune razze notissime agli appassionati: vulcaniani, tellariti, andoriani. I Klingon erano il "nemico" della serie classica, metafora del blocco sovietico. Dei romulani per ora non sappiamo, perché oggetto di questo inizio di stagione sono proprio i Klingon, il cui impero scopriamo subito essere ancora diviso tra le sfere d'influenza delle 24 grandi famiglie. Un klingon intraprendente di nome T'Kuvma (Chris Obi), capo di una queste famiglie, ha deciso che vuole ridestare nella sua razza il sopito senso della guerra, emulando le gesta del mitico Kahless. Individua quindi nella Federazione il nemico che potrebbe unire l'impero e organizza una sorta di imboscata ai Federali.
La Federazione verrà pure in pace, ma con una razza guerriera questa parola può essere peggiore di un insulto ed è molto probabile che una guerra scoppierà.
Star Trek è un franchise vastissimo. Cinque serie ufficiali (TOS, TNG, Deep Space 9, Voyager, Enteprise), 13 film (anche se gli ultimi tre fanno parte ufficiale dell'Universo, ma in una linea temporale divergente) sono un corpus narrativo notevole a cui attingere, e anche una insidia da cui una persona assennata dovrebbe fuggire a gambe levate. Affrontare in modo fresco e nuovo qualcosa di così radicato e strutturato è complicato.
La produzione della nuova serie non prosegue l'esplorazione del futuro dell'universo narrativo, bensì sceglie di collocarsi dopo l'ultima serie TV prodotta (ma cronologicamente anteriore alle altre, Enterprise) e prima della serie Classica, da cui partì tutto.
Visivamente la serie viene pensata come se fosse nata oggi, per cui compie delle scelte di rottura rispetto a un passato in cui le cose erano semplici perché di meglio non si poteva fare. Possiamo pensare, con un esercizio di immaginazione, che era così che, se avessero potuto, l'avrebbero realizzata nel 1966. I tempi cambiano, la concettualizzazione visiva pure.
Crearla con un aspetto anni '60 sarebbe stata un'operazione filologica da fan movie, non da produzione che vuole parlare al pubblico di oggi.
Narrativamente ci sono dei vincoli che scaturiscono dalla scelta della linea temporale. E il pilota sembra rispettarli. Tra i tanti topoi narrativi di Star Trek, guerra ed esplorazione sono stati esplorati parecchie volte.
In una storia compressa vengono sacrificati i momenti technobabble e le tutine rosse, tanto per fare un paio di esempi. Anche l'astronave, USS Shenzhou, non sembra essere uno dei personaggi della storia, il motivo lo scoprirete guardando l'episodio, ma non manca il dilemma morale che diventa il fulcro narrativo sul tema di come rapportarsi alle razze aliene.
Il dialogo più emblematico dell'episodio è quello tra Sarek (si quel Sarek, il padre di Spock, qui interpretato da James Frain) e Michael, nel quale il vulcaniano consiglia alla giovane ufficiale federale una maniera di approcciare klingon che è poco consona al pacifismo della Federazione. Secondo la logica vulcaniana la guerra è uno strumento logico di comunicazione con un popolo che non accetta altro linguaggio. Una logica che gli umani, più orientati all'ottimismo e meno al pragmatismo, non accettano. Le conseguenze di questo scontro di visioni le scopriremo durante il doppio episodio.
In conclusione Star Trek: Discovery comincia il suo percorso inserendosi in uno dei tanti solchi narrativi del franchise senza brillare per originalità, ma sviluppando comunque idee che sono nel DNA della serie. Non è un pilota che fa gridare al capolavoro, ma forse è paradossalmente uno dei migliori esordi, se si pensa a quanto avessero poco entusiasmato le puntate pilota di serie che adesso sono nel cuore dei fan. Sarà compito del prosieguo della serie svelare le sue carte. Solo così scopriremo se i nuovi produttori hanno carte in mano che renderanno la serie amata tanto quanto le altre.
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