Edhel (Gaia Forte) non è un'adolescente come tante. Quando inizia la sua storia, ha perso il padre da un anno e lei e sua madre (Roberta Mattei) stanno faticosamente cercando di rifarsi una vita. Non si tratta, tuttavia, di un'impresa semplice: Edhel, da quando è nata, ha delle orecchie a punta, simili a quelle di un elfo, che nasconde sotto un cappuccio per evitare lo stigma di "diversa".
L'incontro con un bidello strambo di nome Silvano (Nicolò Ernesto Alaimo) le aprirà gli occhi su nuove possibili verità su se stessa: Silvano, aspirante illustratore e appassionato di giochi di ruolo, convincerà Edhel di essere un elfo. Oltre alle orecchie a punta, infatti, Edhel (parola che nell'elfico di J.R.R. Tolkien significa, appunto, "elfo") è appassionata di equitazione, precisa quando si tratta di tirare frecce/freccette e mostra segni di chiaroveggenza. Pian piano Edhel affronta il trauma della morte del padre e il difficile rapporto con la realtà circostante, dove è vittima di bullismo da parte dei suoi compagni di scuola.
Prodotto a basso budget e girato in soli 18 giorni, il film di Marco Renda si è imposto ai Los Angeles Film Awards nelle categorie Miglior film, Miglior film indipendente, Miglior cast e Miglior regia. Classificatosi inoltre secondo al Giffoni Experience, rappresenta uno dei prodotti più innovativi del fantasy cinematografico indipendente italiano. Edhel per funzionare non ha bisogno di grandi effetti speciali: il film suggerisce più che mostrare e, fino alla fine, lo spettatore non sa a cosa credere, perché Edhel potrebbe davvero essere un elfo, oppure potrebbe essere solo una ragazzina con delle orecchie diverse da quelle di tutti gli altri con un disperato bisogno di sentirsi speciale e accettata.
Sta a noi scegliere a cosa credere e, soprattutto, scegliere dove guardare. Edhel sarà un elfo o no? Cosa avrà trovato nella dimensione alternativa che lei sola può varcare? A noi la scelta di come riempire gli spazi. Buona visione.
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