Come hai cominciato la carriera di artista?
In un certo senso si può dire sia iniziata che ero piccolissima, si è costruita passetto dopo passetto attorno alla mia passione: immaginare e disegnare mondi fantastici.
Supportata fortunatamente dalla comprensione e dall’affetto di una famiglia che mi ha incoraggiato e concesso di essere libera nelle mie scelte, ho indirizzato la mia formazione all’ambito artistico.
Si può dire che il mio percorso non sia stato del tutto lineare; sono passata dall’illustrazione alla decorazione, dalla fotografia all’industrial design con una capatina a filosofia guidata da un’inesauribile voglia di imparare, rinnovare la mia creatività e arricchire il mio bagaglio culturale con tutte le conoscenze che potevo acquisire.
Sono approdata al mondo del lavoro dapprima come illustratrice editoriale e poi art director in ambito pubblicitario ma la vera svolta è arrivata 8 anni fa quando ebbi modo di capire che la Concept Art era l’ambito in cui potevo far confluire tutte le mie più grandi passioni: arte, illustrazione, design, storytelling, l’amore per il cinema e i video games, tutte cose di cui mi sono incessantemente nutrita per crescere. Non ci ho pensato su un secondo; mi sono licenziata dall’agenzia in cui lavoravo, ho salutato parenti e amici e sono partita alla volta di Los Angeles, dove ho avuto modo di specializzarmi in questo ambito frequentando la Gnomon School of Visual Effects e successivamente fare i primi passi come artista presso uno studio di Production Design ad Hollywood. Da quel momento la mia vita non è più stata la stessa.
Quali sono i tuoi eroi, professionalmente parlando? Quali maestri ti hanno ispirata quando hai iniziato e a chi ti ispiri ora, se ce ne sono?
I viaggi migliori credo di essermeli fatta con le opere visionarie di Moebius al secolo Jean Giraud. Sopra ogni altro per me.
L’ho sempre visto come uno dei più grandi talenti visionari donati all’illustrazione e all’arte in generale, semplicemente l’artista che ha cambiato la percezione fantastica dell’immaginario collettivo creando archetipi completamente nuovi, specie per il genere fantascientifico che e’ al mia passione.
Creatore di mondi onirici, lisergici e fantascientifici in cui si mescolano metafisica, misticismo e psichedelia.
Guardo ai lavori di Moebius conscia di un livello e di una capacità immaginativa a cui è impossibile arrivare e a cui non si arriverà mai più e che incarna perfettamente lo spirito degli anni 70 e i valori di libertà e sperimentazione promossi dai movimenti di controcultura che si andavano affermando in quegli anni.
I fumetti disegnati da Moebius sono odissee fisiche e metafisiche, viaggi che esplorano i territori dell’inconscio e della fantasia.
Tutto il mondo dell’immaginario e pressoché ogni artista operante oggi nel mondo del fantastico deve qualcosa a Moebius.
Quali sono le tue tecniche preferite?
Ho avuto una formazione artistica di tipo tradizionale quindi ho avuto modo di studiare e sperimentare a lungo tecniche che oggi definiremmo “analogiche” quali matite, acquerelli, acrilici, olio e aerografo ma ormai da una decina anni o forse più sono devota al digitale. Ne amo la versatilità, la velocità, le potenzialità creative che è in grado di regalare a un artista. Credo sia semplicemente il toolset che meglio si addice alle mie esigenze espressive e al mio workflow oggi.
È stato un passo che ho fatto naturalmente, non senza difficoltà, ma che ho vissuto come semplice evoluzione dei medium di espressione.
Del resto è proprio l’evoluzione dei media a influenzare da sempre la creazione artistica stabilendo nuove possibilità di espressione per gli artisti e determinando il passaggio a funzioni diverse dell’arte cambiandone anche le modalità di fruizione.
Così è stato. Il digitale mi ha aperto nuovi orizzonti espressivi e un campo nuovo ove operare come artista.
Rimango tuttavia convinta che tutto quello che di artistico sono in grado di creare oggi e sarò in grado di creare in futuro si basi su conoscenze del passato, conoscenze che sono radicate nella storia dell’arte e delle tecniche attraverso cui l’arte si e’ espressa lungo i secoli. Tutto ciò che ispira le potenziali innovazioni ha del resto radici nella storia e nel passato.
Per la seconda volta, sei stata chiamata a dar vita al mondo di Tolkien. Come è stata questa nuova esperienza per il Calendario Lords for the Ring 2018? Puoi parlarci delle due tavole che hai rappresentato?
Lavorare sui testi di Tolkien è sempre un enorme piacere per me, sono dotati di una tale ricchezza di contenuti, di dettagli, di dialoghi e di situazioni che mi fanno sprofondare letteralmente in una realtà’ assolutamente viva e seducente ad ogni lettura.
Lo stile elegante e ricercato del sapiente professore di Oxford rievoca tutta la poesia dell’epica antica ed è capace di regalare alle menti più immaginative meravigliosi viaggi nonché grandi ispirazioni.
Così è stato anche per questa seconda edizione del Calendario Lords for the Ring, edizione tutta dedicata al Silmarillion, una creazione che sta al di fuori fuori del comune per me.
La prima volta che lo lessi avevo circa 16 anni, anzi, per essere sinceri lessi solo pochi capitoli prima di riporlo accuratamente nel dimenticatoio; troppi nomi, tutti impronunciabili, troppe casate, troppe razze, troppa complessità, non avevo né testa né voglia di comprenderlo. Il libro è rimasto nella mia libreria per anni fino al giorno in cui venni chiamata da Aist a lavorare su alcuni degli eventi narrati nell’opera e nello specifico i momenti in cui Tolkien racconta della caduta di Gondolin e del momento in cui Ar-Pharazon decide di muovere guerra ai Valar.
Grazie a questo progetto ho potuto tornare ad apprezzare tutta la bellezza e la solennità dell’opera ed approfondirne i contenuti veicolati per scelta in forma di allegoria attraverso le mie due illustrazioni.
Ecco che quindi la caduta di Gondolin è una vera e propria caduta verso l’abisso di due grandi protagonisti della vicenda; l’elfo guerriero Echtelion contro Gothmog, Signore dei Balrog, mentre al centro della seconda illustrazione troviamo Nimloth il bello, l’albero bianco che per millenni era stato simbolo del legame tra Numenoreani e Valar e che a seguito della corruzione di Ar-Pharazon ad opera di Sauron, venne fatto abbattere sancendo la rovinosa caduta di Numenor.
Tolkien e’ un genio di rara sensibilità, lavorare sui suoi testi è sempre un grande piacere.
L'artista fantasy in italia e l'artista fantasy all'estero: come differiscono i due mondi?
Nonostante il genere fantasy o fantastico vanti in questo paese una tradizione portentosa che affonda le sue radici nelle opere di autori immortali come Dante e Ariosto, ha sempre faticato per essere avvalorato tra i generi letterari più colti e di più vasto consumo. Forse perché a differenza di quello che succede nel resto d’Europa per esempio, è sempre mancato un lavoro serio di critica sul genere che ne esaltasse lo spessore culturale/filosofico e le potenzialità divulgative. Ebbene credo che lo stessa sorte sia toccata anche all’arte fantasy e ai suoi autori fatta eccezione che per pochissimi nomi.
Fortunatamente oggi, grazie alla fama mainstream di autori come Tolkien, Martin e più recentemente la Rowling, il genere è lanciato verso un recupero pieno della sua dignità e lo sdoganamento anche in campo artistico. Gli artisti fantasy di oggi, italiani e non, sono impegnati su progetti di diversa natura: editoriali, cinematografici, ludici e videoludici, progetti che presentano strumenti narrativi e dinamiche di fruizione diverse ma che consentono finalmente agli appassionati del genere l’immersione totale negli amati mondi del fantastico.
Hai dato il tuo contributo artistico a film come Maleficent, Jupiter Ascending, Dawn of the Planet of the Apes, Edge of tomorrow e Sin City. Qual è il compito dell'artista e del disegno in ambito Holliwoodiano? E quali sono le difficoltà maggiori che può incontrare?
Nella complessa macchina produttiva del cinema le figure professionali come la mia sono generalmente chiamate a tradurre in forma di rappresentazione visiva idee, concetti e visioni espressi da registi e sceneggiatori negli script che costituiscono l’ossatura del film.
Il mio compito, nello specifico, è di creare digitalmente immagini che, oltre ad avere un valore artistico/estetico, siano funzionali alla realizzazione del prodotto per cui vengono impiegate sia esso un film, un cortometraggio o uno spot pubblicitario.
I concept creati quindi devono necessariamente avere la capacità di suggerire il design di scenari, personaggi, veicoli e creature ma soprattutto fungere da chiave per focalizzare e coordinare, attorno ad una singola visione artistica, tutti gli sforzi e le maestranze coinvolte ed impiegate nella produzione.
È importante specificare che il mio lavoro si inserisce all’interno della fase di pre-produzione, la fase più immaginativa ed esplorativa dell’intero processo produttivo di un film, fase embrionale a tutti gli effetti in cui generalmente l’artista viene lasciato libero di sperimentare e proporre soluzioni che però siano in grado di rispondere alle esigenze di produzione e in questo senso, per rispondere alla tua domanda, una delle difficoltà che si possono incontrare ha a che fare, per esempio, con le tempistiche frenetiche con cui ormai compagnie ed aziende cercano di massimizzare i risultati dei propri sistemi produttivi.
L’artista deve essere in grado di far fronte a tutta una serie di richieste con grande velocità’ esecutiva, oltre che qualità’ estetica.
L’industria cinematografica corre e lo fa evolvendosi insieme alla tecnologia quindi altre difficoltà possono nascere per l’artista che non è in grado di adattarsi a questa crescita e ai cambiamenti che essa determina. Essere costantemente aggiornati sui software in utilizzo e sulle loro potenzialità oltre che sui nuovi approcci al design, spingendosi a migliorare e ad imparare costantemente credo sia essenziale per chiunque voglia tentare la carriera in questo settore.
Qual è stato il tuo ruolo nello sviluppo di videogiochi come Final Fantasy XV e Assassin's Creed Unity?
Ho preso parte ad entrambi i progetti in qualità di Concept Artist specializzata in Environment Design quindi come responsabile della progettazione di ambientazioni/scenari di gioco ma, come spesso succede lungo il lavoro di pre-produzione, quindi di definizione del look del videogioco, sono stata chiamata a risolvere anche il design di characters, effetti e scene di azione potendo così misurarmi con diversi aspetti dello sviluppo visuale di entrambi i games.
Hai un'"opera", cioè un dipinto, un film, un gioco, a cui sei legata in modo particolare e perché? Oppure un romanzo o una storia che vorresti da sempre rappresentare?
Sempre difficile scegliere un solo film, una sola opera o un solo libro tra tutti quelli che ho amato e sono stati importanti per me.
Ho sempre subito il grande fascinino che hanno le storie che narrano di imprese solitarie e grandiose, quelle che guidato l’uomo verso la presa di coscienza dei propri limiti o il superamento degli stessi, verso l’incontro/scontro con la potenza della natura e il mistero dell’esistenza. In questo senso le storie di mare hanno sempre esercitato su di me forte fascino.
Il mare è un crogiolo di simboli e tra le storie più potenti e immortali ambientate in questo elemento c’è Moby Dick di Herman Melville. Libro di grande valenza simbolica e metafisica, già oggetto di un paio di trasposizioni cinematografiche; una del '56, eccitante colossal degno del romanzo con un cast superbo: Gregory Peck nel ruolo di Akab e Orson Wells e poi il più recente “Heart of Sea” di Ron Howard che però narra delle vicende di Thomas Nickerson giovane marinaio della Essex, baleniera attaccata in mare da un mostruoso cetaceo. Nickerson racconterà a Melville le avventure che ispireranno allo scrittore la stesura del romanzo.
Insomma sarebbe un sogno poter lavorare sul romanzo e cercare di condensarne l’essenza attraverso una serie di immagini accurate.
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