Nella città di Fuyuki, dopo dieci anni dalla Guerra del Santo Graal, inizia un nuovo scontro, un ennesimo scontro estremo. L’uomo anche negli anime non impara mai, non impara a desistere alla follia della guerra e d’altro canto il Male deve essere sconfitto, quanto meno combattuto. Con tutto quello che comporta la declinazione dell’argomento nella mentalità giapponese: la chiamata dell’innocente, che riceve il testimone suo malgrado, il senso del dovere, la dedizione fino alla morte, il sacrificio, tutto condito con una bella dose di melassa che non nega il posto alla truculenza e allo splatter in stile samurai.
Shirou Emiya è uno studente delle superiori, tenebroso, serio, schivo, ma sensibile. Un ragazzo che non deve chiedere mai e che porta i suoi dolori serbati nel petto. Comprendiamo subito che deve esserci qualcosa, deve aver vissuto qualcosa di tragico, ma è tutto d’un pezzo e il suo passato riemerge a sprazzi. Scopriamo che ha assistito, casualmente, allo scontro tra due esseri con poteri sovrannaturali e pur non volendo si trova coinvolto nella lotta. Rischierà di morire, ma verrà salvato da Saber, un’eroina leggendaria intraprendente e come tutti i personaggi un po’ monolite. Shirou decide di combattere, superando paure e incertezze in nome di un valore più alto: la protezione delle persone che ama, la difesa della sua città.
Nessun colpo risparmiato. Come nelle migliori storie giapponesi la tragedia è concomitante alla vita, ineluttabile. Il sangue scorre a fiumi e neanche tutte le ipotetiche risorse della Croce Rossa, o Medici senza Frontiere potrebbero far fronte a simili necessità. Ma per fortuna non siamo nella realtà (ci sono realtà ben peggiori purtroppo e queste storie non riescono a esorcizzarle. Purtroppo).
I canoni ci sono tutti e a dir la verità cominciano ad annoiare. E abbiamo il tipo truce tutto d’un pezzo e c’è la fanciullina che decide di votarsi a lui, con quel non so che di Lolita e di pruriginosa ambiguità, non manca il genitore, o maestro, o figura di riferimento, preoccupato, ma consapevole della necessità del sacrificio. C’è la lotta, lo spargimento di sangue, spade anche se invisibili sono presenti. E insomma ci si chiede per quale motivo non criticare anche i luoghi comuni strasfruttati solo perché sono giapponesi.
Tratto dalla visual novel Fate/stay night, pubblicata da Type-Moon, creata da Kinoko Nasu e illustrata da Takashi Takeuchi il film ha avuto un enorme successo in Giappone ed effettivamente è innegabile la maestria tecnica: i paesaggi sono incredibili, la luce è inebriante. Certo ha un alone televisivo e un ritmo un po’ stirato, come un elastico talmente teso da essere slabbrato.
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