Lady Bird alias Christine, diciassettenne come tante nata e cresciuta nella parte sbagliata della California, sogna l'Università nell'East Coast, anche se le finanze familiari non permettono che un college cattolico a mezz'ora da casa (guidando piano). Seguiamo Lady Bird nel suo ultimo anno scolastico, tra rappresentazioni teatrali, fidanzati improbabili, drammi familiari e amiche che vengono, vanno e a volte, per fortuna, ritornano.
Scritto e diretto da Greta Gerwig, candidato a cinque premi Oscar – Miglior film, Miglior regia, Miglior attrice protagonista, Miglior attrice non protagonista, Miglior sceneggiatura originale – e vincitore di due Golden Globe – Miglior film e Miglior attrice – Lady Bird è una storia "di formazione" al femminile.
Scritto e diretto da una donna, il film segue con costanza e senza pudori il punto di vista della tardo adolescente Lady Bird, interpretata da un'ottima Saoirse Ronan (Amabili resti). Lady Bird parla apertamente di masturbazione con la sua amica Julie (Beanie Feldstein), non ha paura di approcciare i ragazzi ed esce tutto sommato indenne da ben due storie adolescenziali (spoiler: come spesso accade nella vita vera, nessuno dei due ragazzi per cui prende una cotta si rivelerà un principe azzurro o l'uomo della sua vita).
Molto approfondito il rapporto tra Lady Bird e sua madre Marion (Laurie Metcalf): due caratteri forti, che non possono fare a meno di scontrarsi e non sempre riescono a parlarsi, tra cui è il padre Lester (Tracy Letts) a dover fare da paciere. Da una parte abbiamo un'adolescente che, nonostante le difficoltà, rifiuta di scendere a compromessi e mettere in secondo piano le sue esigenze. Dall'altra una madre che chiede alla figlia di non vedersi come il centro del mondo: quando Lady Bird scopre che suo padre, che ha da poco perso il lavoro, combatte da anni una quotidiana battaglia contro la depressione, casca letteralmente dalle nuvole. Eppure è proprio questo lato di Lady Bird a renderla un personaggio vero e moderno, molto più di una conversazione sulla masturbazione: se è vero che parlare di piacere femminile è ancora in parte considerato tabù, è ancora più tabù parlare di una donna che non accetta di fare un passo indietro.
Lady Bird non pensa alle conseguenze delle sue azioni su chi le sta intorno. Ha i suoi obiettivi: abbandonare l'odiata Sacramento, vivere fuori dall'atmosfera retrograda in cui è cresciuta, fare qualcosa di importante. E non rinuncia a tutte queste cose perché non ci sono abbastanza soldi o l'università non garantisce un lavoro o perché i suoi genitori sono anziani e suo padre è disoccupato e depresso. Lady Bird, semplicemente, rifiuta di abdicare il diritto a inseguire i suoi desideri fino alla fine, costi quello che costi, un qualcosa che la società ancora chiama qualità negli uomini ed egoismo nelle donne.
Il cuore del film è proprio questo. Non a caso Gerwig è la prima donna in nomination agli Oscar per la Miglior regia dopo Kathryn Bigelow, prima donna – nel 2010 – a vincere effettivamente l'Oscar per la Miglior regia. Si potrebbe obiettare che nominare Gerwig al tempo di MeToo e Time's Up è una scelta "politica". Ma da tempo immemore gli Oscar lo sono, non è una tendenza degli ultimi anni. E se il cinema è chiamato a raccontare la società a maggior ragione è necessario raccontare un punto di vista femminile. Non perché si odino gli uomini, ma perché storicamente gli uomini non hanno avuto questi problemi di "spazio".
Potrei raccontarvi anche della bella colonna sonora, della scelta di ambientare il film nel 2002 – solo un anno dopo l'11 settembre – della città di Sacramento che diventa quasi un'entità viva. Ma a questo punto mi sembrerebbe superfluo. Consiglio – ovviamente – la visione di Lady Bird a tutti, soprattutto a chi dubita che un film su un anno della vita di un'adolescente possa dirgli qualcosa di utile. Buona visione.
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