Christopher Robin (Ewan McGregor) non è più un bambino. Durate la crescita non gli sono mancate inevitabili tragedie, incombenze e necessità della vita. Il presente potrebbe essere sereno, ma la moglie Evelyn (Hayley Hatwell) e la figlia Madeline (Bronte Carmichael) gli rimproverano di trascurarle per il lavoro. Christopher è infatti vessato da un tirannico superiore (Mark Gatiss) che proprio nel fine settimana nel quale Christopher dovrebbe portare moglie e figlia nella tenuta di campagna della sua infanzia, gli impone di lavorare a un piano di ristrutturazione aziendale che prevede tagli al personale.
La tenuta è quella nella quale Christopher ha vissuto le sue avventure insieme all’orsetto Winnie the Pooh e agli altri animali della banda. Lì da qualche parte, l’orsetto è triste perché percepisce a distanza la sofferenza emotiva del suo amico. Lo stesso bosco dei 100 acri è diventato un luogo grigio e triste. Pertanto Winnie intraprenderà una missione che lo porterà a Londra, in soccorso dell’angosciato Christopher.
Ritorno al bosco dei 100 acri è un ideale seguito della avventure di Winnie the Pooh. Ricorda molto come concetto Hook di Steven Spielberg del 1991. Lì il compianto Robin Williams tornava sull’Isola che non c’è per riaffrontare la sua antica nemesi. In questo film è inizialmente Winnie che invece entra nel mondo reale, allo scopo di fare ritrovare all’amico il bambino interiore seppellito in lui. Riscoperto questo aspetto della sua personalità, Christopher riuscira a risolvere i conflitti del mondo reale?
In originale il film si chiama Christopher Robin, pertanto è palese che fulcro della vicenda sia il percorso del protagonista. Trattandosi di un’avventura per famiglie il lieto fine sarà d’obbligo. In questo caso conterà come ci si arriverà, attraverso quali peripezie e passaggi Christoher riuscirà, con l’aiuto degli amici d’infanzia, a ritrovare se stesso, salvare gli impiegati della sua azienda dal licenziamento, ricucire il rapporto molto teso con moglie e figlia.
Nel passaggio da cartone animato a live action le vicende non perdono di credibilità. Merito di una messa in scena credibile del regista Marc Forster, del cast di attori (dal vivo e in voce) estremamente convincente.
Il fatto stesso che i personaggi del bosco abbiano l’apparenza di peluche e non abbiano l’apparenza realistica restituisce il senso stesso della vicenda: è riuscendo a osservare il mondo con un po’ dello stesso sguardo dell’infanzia che si può trovare il giusto approccio per andare avanti nella vita. Se riusciamo a credere che un orsetto di peluche sia vivo, allora tutto è possibile.
Un patto forte con lo spettatore di tutte le età, che il film rispetta in pieno senza mai tradirlo, con il risultato di un film ben allestito, curato e garbato, che fa uscire dal cinema sorridenti e soddisfatti.
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