La favorita, il nuovo film di Yorgos Lanthimos è un’appassionante discesa negli inferi della degradazione umana non solo fisicamente per la malattia, che non può essere definita, o considerata mai una colpa, ma soprattutto psicologicamente, spiritualmente. Quando niente ha più importanza, quando il dolore diventa talmente straziante che tutto il resto è un futile passatempo, quando l’onere e la responsabilità della guida di una nazione, motivo di vita e dirittura morale per I regnanti, almeno quelli inglesi da ciò che si dice e ciò che vogliono far credere, diventano un peso quasi ingestibile, quando I consiglieri e I sodali diventano carcerieri e al contempo carcerati, perché fra vittima e carnefice c’è sempre uno scambio inquietante di ruoli e di bisogni ecco che l’essere umano raggiunge livelli così infimi da farci quasi vergognare di appartenere allo stesso genere, per paura del rischio che ciascuno corre. Nessuno è esente e nessuno può considerarsi indenne.
La favorita, senza pudori, senza veli, presenta una società quella della corte della Regina Anna, siamo nel XVIII secolo, due donne: l'amica intima, nonché amante, Lady Sarah Churchill (Rachel Weisz), duchessa di Marlborough e Abigail Hill (Emma Stone), una servetta di nobili origini, cugina di Lady Sarah, presa a servizio alla corte della regina, decisa a farsi strada si contendono I favori della sovrana, utilizzando tutte le armi possibili: compiacimenti, bugie, intrighi, ricatti, tutto pur di detenere potere per sicurezza futura, quindi per costruirsi un ruolo sociale perduto, o in nome di un amore patriottistico non necessariamente efficace e opportuno.
La Francia e l’Inghilterra sono in guerra, la regina donna di animo tendenzialmente indolente e pacifico non si rende conto di ciò che accade e di ciò di cui necessitano I sudditi, ridotti, come in ogni guerra a pane e miseria. Forse neanche a pane. Lady Sarah, con la scusa di sollevare la regina dagli oneri e dalle responsabilità del comando gestisce le risorse militari ed economiche in modo avventato, mossa da un desiderio di riscatto, il cui unico fine, sembra la rivalsa personale. Gli oppositori, I Tory, a cui la regina Anna era più vicina, invece spingevano per una pace che fermasse la terribile tassazione imposta ai sudditi, che evitasse un’eventuale violenta ribellione.
A corte invece la vita era un po’ quella che spesso ci hanno descritto della corte francese di Luigi XVI e Maria Antonietta, grandi feste, grandi balli, vacuità, capricci. Differenti erano le due protagoniste: Anna Stuart era malata, non particolarmente belloccia, afflitta da numerose gravidanze non andate a buon fine, o da morti premature dei figli, sola, manipolata e manipolatrice, come può esserlo una persona cosciente di avere potere, di poterlo esercitare, ma allo stesso tempo così fragile, da temere quel potere perché unico motivo della vicinanza altrui. In questo logorio interiore c’è una modernità incredibile. Lanthimos non lascia spazio alla compassione, solo l’orrore della visione e dell’identificazione in quella fragilità così devastante e perversa. Poco importano le incoerenze storiche, non sono così fastidiose e compiaciute come quelle di Sofia Coppola, anzi, finalmente svelano delle verità mai ammesse: la nobiltà era spesso di una grettezza e di una truzzaggine che tutti gli ori e gli argenti non sarebbero bastati a elevarla a ciò che consideriamo essere umano. Spesso grevi, volgari, prepotenti, I nobili di candido non avevano neanche I vestiti, figuriamoci la purezza d’animo, che restava solo una descrizione posticcia dei biografi su commissione. E non era una caratteristica precipua dei reali inglesi, anche quelli italiani avevano scheletri nell’armadio che farebbero perdere I conti a un contabile dell’antica Cina.
Chiaro il riferimento a Kubrick con la scelta dell’illuminazione naturale e delle candele, ma non c’è anche qui compiacimento, non c’è emulazione. E questo rende ancor più affascinante il film, le cui immagini sono elegantissime, aiutate dalla bellissima location: Hatfield House, nell'Hertfordshire dimora e attualmente residenza di Robert Gascoyne-Cecil, VII marchese di Salisbury, utilizzata in tanti altri film: Tomb Raider, Batman, Orlando, The New World.
Eccezionali le attrici, soprattutto Olivia Colman, che interpreta la regina Anna, candidata all’Oscar come miglior attrice, che a parte la curiosità di essere ingrassata per interpretare la parte (cosa che non necessariamente è un merito), riesce a non cadere nel grottesco finto e stantio da commedia dell’arte, riesce a mantenersi in equilibrio suscitando sempre lo sdegno dello spettatore, senza intaccare mai la sospensione dell’incredulità.
Bravissima Rachel Weisz che non perde mai dignità, neanche quando è mortificata, molto brava e credibile Emma Stone, che riesce a dare mille sfaccettature al personaggio complesso e ambiguo.
Forse l’unica nota stonata, ma è un’inezia, è la scena del ballo, purtroppo moderno, in cui la credibilità traballa, ripresa subito però dalla bravura di Olivia Colman che con l’inquadratura del suo sguardo riesce a comunicare la mutazione dei suoi sentimenti.
Assolutamente da vedere.
Aggiungi un commento
Fai login per commentare
Login DelosID