Vers (Brie Larson) è una donna con molte domande e poche certezze. Fa parte della Starforce, un corpo di elite inquadrato nei ranghi dell’Impero Kree, con un comandante/mentore Yon-Rogg (Jude Law) che la sprona in continuazione affinché lei diventi “una versione migliore di se stessa”. Sa pure che l’impero combatte contro i malvagi mutaforma Skrull per la sua stessa sopravvivenza. Ma per il resto, è tabula rasa. Il suo mondo onirico è costellato di sogni ricorrenti confusi, che sembrano raccontare storie di un altro mondo, un’altra epoca.
Ed è così che, in seguito alle conseguenze di una missione, Vers si ritroverà sul pianeta Terra, un mondo che le è appare sconosciuto tanto quanto istintivamente familiare.
Un mondo in cui si troverà inseguita dalla squadra di skrull comandata da Talos (Ben Mendelsohn), un condottiero che sembra cercare, pur con obiettivi e metodi diversi, la soluzione dello stesso mistero: il passato misterioso di Vers.
Vers non sarà sola. Il colonnello Nick Fury (Samuel L. Jackson) e il neo-agente Phil Coulson della SHIELD (Clark Gregg) saranno suoi insperati alleati. Siamo a metà anni ‘90 del ventesimo secolo sul pianeta Terra, e i due dovranno prima vincere l’iniziale l’incredulità iniziale verso l’esistenza di un universo sconosciuto, fatto di alieni e di persone con super-poteri.
In Captain Marvel, diretto da Anna Boden e Ryan Fleck, gli spettatori sono inizialmente convinti di avere una marcia in più. Sanno qual è l’obiettivo di Vers: scoprire se stessa e il suo vero retaggio umana. Sanno che il film è una storia di origini, necessaria per introdurre un nuovo personaggio nel gigantesco mosaico del Marvel Cinematic Universe.
In realtà però, arrivato al 21° film, l’universo cinematografico basato sui fumetti Marvel riesce ancora a non essere prevedibile.
In primo ordine perché la vicenda non è narrata in modo lineare, ma come una ricostruzione a ritroso di un mosaico che all’inizio sembra molto semplice, ma poi si rivela più complesso di quanto non apparisse nelle premesse.
La mitologia di Carol Danvers, dei Kree e degli Skrull viene rimescolata e ribaltata, in un film che contiene in sé, come sempre accade nei film Marvel, una esplorazione ragionata di generi.
Si va dalla space opera classica all thriller fantascientifico ad alta tensione, concettualmente ispirato L’invasione degli ultracorpi, con momenti in cui è la paranoia a rischiare di prendere il sopravvento.
Il risultato è un film che pur puntando verso un obiettivo e un finale conosciuto e atteso, ha dei passaggi e delle svolte narrative che invece sono del tutto inaspettate. Degli autentici ribaltamenti di prospettiva.
Captain Marvel, oltre a intrattenere oggi con una storia d’azione e d’avventura messa ottimamente in scena, continua l’opera di costruzione della cronologia del MCU. Risponde ad alcune domande e furbamente apre altre questioni e, seppur ambientato nel passato, si lancia decisamente verso il futuro, collegandosi, con le due scene finali, ad Avengers: Endgame.
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