Il sesto appuntamento con la Magnitudo film in collaborazione con CHILI è il documentario Canova (nelle sale cinematografiche dal 18 al 20 marzo 2019). È uno dei tanti appuntamenti per i festeggiamenti dei duecento anni della posa della prima pietra del tempio di Possagno, paese natale di Antonio Canova.
Ideato da Francesco Invernizzi, con la collaborazione di Mario Guderzo, direttore della Gypsotheca e Museo Antonio Canova, presentato da Vittorio Sgarbi, Presidente dalla Fondazione Canova di Possagno, il quale non ha mancato con la solita verve di sottolineare la grandezza di Canova, non solo in quanto scultore, ma in quanto fondatore di un nuovo concetto di arte: quello della replicabilità delle opere d’arte, non più unicum nelle mani del proprietario. È un concetto di grande modernità, tanto che Argan lo definì modernissimo. Si può dire che con lui nasca il design, non solo per l’essenzialità delle sue forme, appunto replicabili all’infinito, ma anche per le sue capacità imprenditoriali. Le sue opere arrivarono in Baviera, in Russia alla corte degli zar e perfino negli Stati Uniti. Fu infatti incaricato da Jefferson di fare il busto di Washington. La capacità di Canova più straordinaria è quella di prendere spunto dal passato, inserendo il presente in quel passato classico che definisce l’immortalità dei ritratti commissionati. Ecco quindi Paolina Bonaparte ritratta come Venere e Washington come Cincinnato, con tutto il portato mitico e mitologico dei personaggi a cui si ispirava l’artista e che dovevano condurre anche inconsciamente l’interpretazione degli spettatori.
Ma Canova non fu solo un artista, nonostante non fece studi considerati canonici per un intellettuale, le idee che ebbe sulla tutela delle opere d’arte furono così fondamentali che divenne il presidente della commissione arte del Papato, il che vuol dire che doveva curare non solo eventuali acquisti e vendite, ma anche tutta la tutela e la conservazione di tali opere. E fu lui, cosa affatto secondaria, a curare e a promuovere la redazione di leggi che imponessero il rientro in patria delle opere sequestrate da Napoleone. Canova si oppose, purtroppo senza successo, all’acquisto del Fauno Barberini da parte del re di Baviera. Pensava che le opere d’arte dovessero restare nel luogo in cui erano state pensate e costruite. Spostarle equivaleva a uno stravolgimento gravissimo.
Grazie a una sceneggiatura accurata e a immagini 8K HDR riusciamo ad apprezzare la delicatezza delle forme e la comunicatività delle espressioni. Le musiche all’inizio un po’ invasive, lasciano il posto alla narrazione, purtroppo spesso troppo enfatica dello speaker Vittorio Bestoso. L’asciuttezza sarebbe stata la migliore arma per far apprezzare le belle immagini curate dal direttore della fotografia Massimiliano Gatti.
Aggiungi un commento
Fai login per commentare
Login DelosID