La saga dei Tzimbar

E' ancora oggi avvolta nel mistero, l'origine del popolo dei Cimbri. L'ipotesi più romantica afferma che tutto cominciò nel 101 a. C., quando i Romani, dopo numerose battaglie, riuscirono infine a fermare l'avanzata di una tribù di guerrieri provenienti dalla regione danese di Kimberland. Uno sparuto numero di Cimbri (Tzimbar - nome che è stato dato a queste popolazioni solo nei secoli successivi), tuttavia, sarebbe sopravvissuto all'ultimo grande scontro, trovando rifugio sulle montagne del Veneto e costruendo degli insediamenti. Nel corso degli anni si sarebbero così formati quelli che oggi sono chiamati i Sette Comuni della provincia di Vicenza e i Tredici Comuni delle montagne veronesi, gli abitanti dei quali hanno continuato a parlare per secoli la lingua degli avi. La parlata, simile al tedesco antico, sopravvive ancora oggi nei paesi di Giazza nei Tredici Comuni, a Roana nei Sette Comuni e a Luserna nel Trentino.

Ljetzan/Giazza

Dopo il comune di Selva di Progno, superata la salita detta uz èikala, si incontra un pugno di casette, molte delle quali presentano i tipici affreschi sulla facciata, com'è tradizione in molti altri paesi della Lessinia. Le abitazioni sono disposte in semicerchio attorno alla piccola pliatz, che a sua volta è poco lontana dal torrente d'Illasi, dai Cimbri chiamato semplicemente Pach, Progno. Il villaggio, aggrappato alla roccia, è un suggestivo dedalo di strette viuzze, dai doppi nomi italiano e cimbro. Tutt'attorno, le montagne e i fitti boschi, i quali, secondo le leggende, prima del Concilio di Trento erano abitati da fade, folletti, anguane, orchi e le Sealagan Laute, Beate Genti, creature vestite di corteccia d'abete che rischiaravano il loro cammino con un braccio umano infuocato.

Ljetzan, ufficialmente una frazione di Selva di Progno, conta poco più di centocinquanta abitanti (qualche centinaio di più in estate). Ultimo luogo in tutta la provincia dove si parla ancora la lingua tauc' e dove secolari tradizioni e leggende di ceppo celtico continuano a essere ricordate.

La Festa del Fuoco

"Il giorno in cui il sole si volge", dicevano i vecchi Cimbri. Una festa da secoli particolarmente sentita e durante la quale un tempo era abitudine, per i rituali magici germanici, accendere fuochi. Era il mattino successivo che le streghe raccoglievano le erbe per governare il tempo, mentre gli uomini si bagnavano la pelle e gli occhi con la rugiada per guarire dalle malattie. La ricorrenza fu per molto tempo ostacolata dalla Chiesa, che proibì di accendere fuochi nel giorno dedicato a san Giovanni e diede ordine ai religiosi di suonare le campane dalla notte del 23 al mattino del 24 giugno, onde scoraggiare malsane idee pagane. E' solo da qualche anno che a Ljetzan si è ricominciato a festeggiare la Festa del Fuoco. Nella suggestiva pliatz, l'edizione del 2003 è stata celebrata con antichi canti (in italiano e in tauc'), balli tradizionali dei monti Lessini e del Triveneto, rievocazione di leggende e superstizioni del popolo delle montagne. Il tutto, attorno a un cerchio di tredici bracieri, come tredici sono i Dreizehn Gemeinden, i Comuni Cimbri.

Il prossimo appuntamento è il 5 luglio nel vicino paese di Velo, per l'apertura della XII edizione della Festa dei Cimbri, con mostre fotografiche, dibattiti, proiezioni di film e incontri con le altre minoranze etnico-linguistiche d'Europa. Il 6 luglio, sempre a Velo, il tradizionale sparo dei trombini o s-ciòpi, i possenti archibugi che possono in certi casi raggiungere gli 80 chilogrammi, utilizzati nei secoli scorsi dalle milizie cimbre per difendere i confini settentrionali della Repubblica di Venezia.