Chariza e lo Si-hai-pai, sua terra natale, nacquero nell’agosto del 2004, anche se forse li portavo con me già da molto tempo. Sono nati sotto l’influsso di diversi elementi e di certo devono molto ad alcune mie passioni.
Il primo racconto che scrissi con Chariza come protagonista fu “Il Drago Rosso”. Avevo in mente da diverso tempo la storia di una mercenaria a cui viene affidato un incarico che poi si rivela “sbagliato”, e che quindi cerca di porre rimedio al suo errore. In realtà questa idea era nata per un altro dei miei personaggi, Valeria Drusilla, protagonista del romanzo “Valaeria” (GDS, 2014). Fu però un documentario sulla Cina a decretare il percorso che questa idea avrebbe preso. Il servizio riguardava, infatti, alcuni luoghi che erano stati scelti come location per il film wu-xia “La tigre e il dragone”, che ho sempre amato molto, e la suggestione di quegli scenari fece crescere in me il desiderio di scrivere una storia ambientata in un mondo che fosse simile ai paesi dell’Estremo Oriente.
Quando scrissi “Il Drago Rosso”, quindi, non avevo ancora idea che sarei riuscita a dar vita a un intero mondo, e fu solo dopo qualche tempo, quando cominciai a mettere per iscritto altre idee relative alla storia di Chariza, che mi resi conto che quel progetto richiedeva un lavoro ben più accurato. Fu in quel momento che lo Si-hai-pai divenne qualcosa di più complesso e profondo e, sostenuta sempre dalla passione per il cinema wu-xia e la letteratura classica nipponica, mi misi al lavoro per dare forma a quel mondo che, intuivo, poteva essere ricco di avventure.
Nel frattempo anche la vita di Chariza si spiegava di fronte a me, proprio come un antico rotolo. Avevo già abbastanza chiaro ciò che poteva esserle accaduto tra il momento in cui era stata colpita dalla maledizione e il suo ritorno nello Si-hai-pai, tuttavia preferii concentrarmi sulle avventure nel suo paese natale. E, infatti, scrissi “Da ogni dove”. L’idea per questo, come per altri racconti di Chariza, venne da un haiku (tipica poesia giapponese) di Bashō (Bashō Matsuo, 1644 – 1694), il mio poeta giapponese preferito, e dal ricordo che avevo della visita alla mostra Ukiyoe, il mondo fluttuante, che avevo visitato al Palazzo Reale di Milano il 25 febbraio di quell’anno (2004), e che in seguito avrebbe fornito alla mia immaginazione spunti necessari per dar forma ad alcuni luoghi dello Si-hai-pai.
Lo Si-hai-pai mi affascinava, mi divertivo a fare giochi di parole con i nomi, derivati dal giapponese, di alcuni personaggi, e mi lasciavo guidare da Chariza alla scoperta dell’Impero. Fu così che scrissi “Suono di mezzanotte”, e cominciai a intravedere le possibilità datemi dalle caratteristiche culturali del mondo nel quale mi stavo addentrando.
Nel frattempo cominciai a rileggere “Demoni e mostri del Giappone”, una raccolta di fiabe e racconti antichi, e provai a lavorare su delle “varianti”, ponendo Chariza al centro di storie che prendevano spunto proprio dalla tradizione nipponica. Così nacquero “Il ponte stregato”, “Il palazzo nel folto del bosco”, “Lo spirito dei ciliegi” e molti altri racconti. In particolare “Lo spirito dei ciliegi” deve molto a un altro caposaldo della cultura nipponica che ha influito molto sulla mia scrittura, ovvero l’opera del pittore Hokusai, del quale avevo osservato alcune opere a Palazzo Reale e di cui avevo una cartolina raffigurante il suo dipinto “Il Monte Fuji tra gli alberi di ciliegio” (1806 circa).
Nello stesso periodo, accanto ai testi della letteratura classica come “Genji Monogatari” e a “Demoni e mostri del Giappone”, cominciavo la lettura del libro “101 storie zen”, da cui presi ispirazione per il racconto “Il tempio silenzioso”.
Ben diversa fu la genesi dell’idea del racconto “L’esattore”, che si ispira invece ad alcuni testi di denuncia del malgoverno e della burocrazia tipici della Russia ottocentesca. In un Paese come lo Si-hai-pai, così simile alla Cina e al Giappone antichi, non potevano mancare problemi con i funzionari, ma in questo racconto subentra anche l’elemento magico tipico di una cultura profondamente animista.
Avevo ormai scritto molto su Chariza e non tutto ciò che avevo prodotto raggiungeva i livelli de “Il Drago Rosso” o “Da ogni dove”, così, mentre ero immersa nella lettura del “Genji Monogatari” di Shikibu Murasaki, mi concessi una lunga vacanza dallo Si-hai-pai. Vacanza che non durò più del necessario. Il “Genji Monogatari”, infatti, fornì l’ispirazione per altri racconti di Chariza e per quello che sarebbe stato l’embrione del romanzo “Il soffio del vento” (poi pubblicato in due volumi: “Chariza. Il soffio del vento” e “Chariza. Il Drago Bianco”, Runde Taarn, 2007). Scrissi allora “Il Maestro dei fiumi e delle cascate”, un racconto che, attraverso i ricordi di Chariza, ruota attorno alla sua misteriosa spada. Ma la prima stesura de “Il Maestro dei fiumi e delle cascate” fu pessima. Partendo dall’haiku di Bashō, che poi avrebbe segnato l’intera vicenda umana di Chariza (Giorno d’inverno – Sul cavallo – Un’ombra di gelo), descrissi il modo in cui Chariza venne in possesso della sua spada, ma fu solo dopo diversi mesi che mi resi conto che quel racconto era incomprensibile e troppo incentrato su elementi filosofici tipici delle culture orientali. Iniziai quindi una pesante opera di revisione sul racconto, aggiungendo le note e rendendo il testo più chiaro, battezzando in quell’occasione la spada di Chariza col nome di Kageboshi e affrontando la sistemazione dell’intero materiale riguardante Chariza e lo Si-hai-pai.
Fu allora che scrissi “Banditi” e “Il granaio abbandonato”. “Il granaio abbandonato”, ispirato dall’omonimo racconto presente nella raccolta di racconti “Demoni e mostri del Giappone”, voleva essere un omaggio alla letteratura classica nipponica, riprendendo, infatti, il nome, le vicende e alcuni testi poetici riguardanti Ariwara no Narihira, personaggio protagonista e forse autore dell’“Ise Monogatari”.
Un racconto che per molto tempo è stato in bilico è “Sul fondale scorrono le nuvole” (anch’esso ispirato da un haiku, di Onitsura, 1661 – 1738), in cui Chariza visita per la prima volta le regioni meridionali del paese, e che voleva essere un raccordo ideale tra le Avventure e il romanzo. Questo racconto ha trovato poi una sua collocazione nella raccolta, anche grazie ad altri due episodi della vita di Chariza che vanno a costituire in modo più deciso quel legame tra le Avventure e “Il soffio del vento”.
“Una notte noiosa”, racconto ancora una volta ispirato da “Demoni e mostri del Giappone”, mi ha fornito l’occasione perfetta per introdurre nella vita di Chariza uno dei personaggi che più la segneranno: il cavaliere Ryokin, Yukai Kurashi. Personaggio che riappare in “Un incontro sfortunato”, vero trait d’union tra la raccolta e il romanzo.
Romanzo che, nel frattempo, non si era solo formato, ma era quasi giunto alla sua conclusione con il titolo “Il soffio del vento”, ancora una volta tratto da un haiku di Bashō.
Appare evidente, quindi, che questo mondo e queste storie sono debitrici verso molte delle mie passioni: per il cinema wu-xia, per la letteratura classica giapponese di cui non ho citato molte opere non solo letterarie, ma anche saggistiche, per la cultura nipponica in generale, per l’universo manga, ma anche per la storia antica dell’Asia orientale. Non c’è, infatti, solo il Giappone alla base dello Si-hai-pai, ma anche tanto di tutti quei Paesi e quelle culture dell’Estremo Oriente che appaiono così distanti dall’occidente e che pure hanno tanto da offrire.
Per coloro i quali hanno già avuto modo di scoprire Chariza e lo Si-hai-pai, quindi, un “ben tornati” in questo universo che mi è tanto caro; per coloro che invece si affacciano per la prima volta in questo mondo… niente paura, Chariza saprà guidare voi così come fece a suo tempo con me.
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