Brandon Breyer (Jackson A. Dunn) sembra un adolescente problematico come tanti. Invece è molto diverso. Quasi invocato dai genitori, che non riuscivano ad avere figli, è letteralmente caduto dal cielo, in una navicella spaziale, a Brightburn, Kansas.
I problemi di un adolescente introverso, che cerca la sua strada nel mondo, sono però amplificati dal fatto che Brandon è praticamente invulnerabile, e dotato di poteri che sta imparando a conoscere, con conseguenze che avranno terribili ripercussioni su coloro che gli stanno intorno.
La sintesi estrema di L’angelo del male – Brightburn è che si tratta della versione horror di Superman. È tutto palese sin dalla lettura della sinossi. Le citazioni durante il film ovviamente sono tante e diffuse. Dalla scelta del Kansas per la immaginaria località di Brightburn, alla presenza di un mantello rosso a suggello dell’identità segreta del personaggio, giusto per dirne un paio.
L’idea del ribaltamento completo poteva avere degli sviluppi interessanti.
Intanto perché il messaggio che è sempre passato per Superman è che sia diventato un eroe essenzialmente perché adottato dai Kent, famiglia americana di sani principi.
Nella miniserie Man of Steel di John Byrne, che nel 1986 riscrisse e attualizzò le origini del personaggio, quando Clark Kent scopre definitivamente di essere un alieno, capace anche di dominare l’intero pianeta, decide di diventare un eroe in virtù dei principi con i quali i Kent lo hanno cresciuto.
Anche in alcune recenti versioni alternative il destino di Superman è diretta conseguenza dell’ambiente in cui l’alieno cresce: nella miniserie Superman: Red Son, una miniserie del 2003 scritta da Mark Millar e disegnata da Dave Johnson e Kilian Plunkett, caduto nell’Unione Sovietica del comunismo, Kal El diventa l’alfiere del socialismo reale; nel romanzo Übermensch di Davide del Popolo Riolo, l'alieno precipitato nella Baviera del 1919, diventa il campione del Nazifascismo. In entrambi questi casi vengono generate due ucronie distopiche.
In L'angelo del male – Brightburn, scritto da Brian Gunn & Mark Gunn e diretto da David Yarovesky, l'idea interessante è non ci sono conseguenze dell’ambiente. L’amore di cui è circondato e con il quale è cresciuto l'alieno, non è sufficiente a vincere una sorta di programmazione ancestrale, risvegliata da un richiamo emesso dall’astronave. Brandon cessa di essere il figlio dei Breyer e diventa una macchina assassina, che uccide chi scopre il suo segreto.
Ma dopo tali premesse, poco o nulla alla fine però traspare dei suoi scopi finali. È l’avanguardia di una invasione aliena? Ce ne sono altri come lui?
Il grosso limite del film è pertanto la mancanza di una qualsiasi contestualizzazione, di una vera e propria ambientazione a supporto dell'idea di base.
Ne risulta quindi un horror mediocre che non sfrutta lo spunto iniziale, di basso respiro, ridondante dopo il primo omicidio.
Le scene che dovrebbero dare suspense diventano quindi totalmente prevedibili, e il film diventa piatto e veramente noioso.
Persino la durata, prudenzialmente attestata sull’ora e mezza, diventa eccessiva, per un prodotto che esaurisce tutto quanto ha da dire dopo mezz’ora.
Se l’ambizione era addirittura quella di creare “un nuovo genere”, il prodotto risultante risulta ben al di sotto di tali obiettivi, rappresentando un’occasione persa.
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