Si parla di fantastico nelle università italiane, finalmente. L’interesse che si era già manifestato in Europa e Oltreoceano sul fantastico si rivela anche da noi, concretizzandosi nella meravigliosa cornice dei Monti Albani, a Velletri, grazie all’impegno di Igor Baglioni, direttore del Museo delle Religioni “Raffaele Pettazzoni”.

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Articolo di Chiara Crosignani Giovedì, 6 luglio 2017

Una risposta semiseria ad alcuni recenti articoli contro il fantasy e alla domanda: il fantasy moderno è davvero un genere di pura evasione e disimpegno? Alcuni studiosi di università straniere sembrano avere qualcosa da dire sull’argomento.

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Per quattro giorni, dal 3 al 6 luglio, studiosi provenienti da Europa e America hanno dibattuto di religioni, miti, divinità nel fantasy e nella fantascienza, in un convegno dall’evocativo nome di Religioni Fantastiche e Dove trovarle.

Un tema nuovo

Fin dalle prime battute, è proprio la novità del tema a tenere banco: come osservato dall’organizzatore, l’idea del convegno è di aprire un filone di ricerca in Italia, visto che si tratta di un tema non codificato in nessun ambito disciplinare noto. In poche parole, a convergere su Velletri sono stati studiosi di materie diverse, tutti interessati a portare il loro diverso metodo di analisi e le loro tematiche di studio: in quattro giorni, si sono avvicendati nelle sale autori (di fumetto, rappresentati dagli autori Bonelli Giovanni Masi, Emiliano e Matteo Mammucari e dall’autrice indipendente Marika Michelazzi), storici, filologi (classici, moderni e contemporanei), antropologi e sociologi, accompagnati dalla piacevolissima (e molto preparata) partecipazione di un gruppo di studenti del liceo Nolfi di Fano.

Il Fantastico e l’Italia: un rapporto controverso

Le cosmicomiche di Italo Calvino
Le cosmicomiche di Italo Calvino

Il fantastico, ci siamo abituati, non è un tema semplice in Italia: tendenzialmente poco considerato dalla critica e normalmente relegato nella letteratura per ragazzi, non fa spesso parlare di sé. Sorprende, quindi, trovare due interventi dedicati a due tra i massimi autori della letteratura italiana del Novecento, Italo Calvino e Primo Levi. La presenza di Calvino è, nel confronto tra i due autori, la più prevedibile: noto per i suoi testi fantastici, è anche presente in alcuni manuali di letteratura fantascientifica come autore, certo sui generis, di questo genere. La sua può essere considerata una fantascienza al rovescio, in cui il mito delle origini viene interpretato in chiave astrofisica, su ispirazione di alcune antiche cosmogonie, cui si aggiunge l’aspetto comico, cioè da fumetto, in quanto legato alla rappresentazione di immagini.[1] Eppure, l’intervento su Calvino regala un’interessantissima apertura verso la riflessione estera sul fantastico: nelle Cosmicomiche, il protagonista, dall’impronunciabile nome di Qfwfq, viene rappresentato come un essere proteiforme (simile, quindi, all’antico dio greco Proteo, capace di trasformarsi in qualunque cosa). Ed è proprio Proteo a essere il dio, primitivo, multiforme, che rappresenta l’anima del fantastico, secondo un intero filone dello studio statunitense sul genere.[2]

Se il legame di Calvino con il fantastico è comunque noto, più strana può apparire la presenza in un contesto fantastico di Primo Levi, le cui opere maggiori sono legate al drammatico contesto dei campi di concentramento. A partire dal 1966, però, Primo Levi, anche per influenza delle stesse Cosmicomiche di Calvino, inizia una seconda fase della sua produzione, talmente diversa dalla prima da essere pubblicata con uno pseudonimo: e, in questa fase, è Levi stesso a definirsi un autore di fantascienza.

La sua saga di Natca, una serie di racconti in cui un’azienda offre diverse tentazioni tecnologiche a ignari acquirenti, è incentrata sul personaggio dello spudorato agente commerciale Simpson, un novello Frankenstein, che diventa un Prometeo scatenato (secondo le parole dell’autore stesso, con richiamo al sottotitolo originale dell’opera di Mary Shelley), sperimentando la scienza senza limiti, violando leggi umane e divine. Levi, quindi, nelle raccolte di racconti che si occupano di questo tema, mette in scena delle trappole morali, generate dalla ragione, per far riflettere il lettore.[3]

Testo e contesto

Primo Levi, dicevamo, si avvicina alla fantascienza anche su ispirazione delle Cosmicomiche di Calvino. È affascinato dalla tecnologia e allo stesso tempo teme il suo effetto sull’uomo, ha un rapporto di odio-amore per il suo primo computer. I suoi racconti derivano direttamente dalla sua relazione con il mondo in cui vive. E questo sembra essere il filo conduttore del convegno: il contesto storico dell’autore con il mondo che lo circonda, con le esperienze che ha vissuto, emergono in tutte le discussioni, dal più noto (Tolkien e la sua esperienza nella Prima Guerra Mondiale)[4] al meno noto (l’ispirazione di Pitch Black al Crislam, una religione sincretistica tra Cristianesimo e Islam, di cui aveva parlato Arthur C. Clarke).[5]

Dune
Dune

Gli autori costruiscono le loro opere anche su influenza di quello che li circonda e questo è particolarmente evidente nel caso della religione: in molte delle opere di cui si è parlato, per esempio, la religione viene vista come uno strumento di controllo della popolazione. Così in Dune di Herbert,[6] nel Signore della Luce di Roger Zelazny,[7] in Orfani del Cielo di Robert Heinlein,[8] nel Racconto dell’Ancella della Margaret Atwood[9] o nei racconti di Philip K. Dick (il convegno è stato full of spoilers, ma qui non ne troverete! Se siete curiosi, vi consigliamo la lettura dei testi!).[10]

In altri casi, l’ispirazione, anche nella creazione di una religione o di un mito, può derivare da una riflessione dell’autore su temi fondamentali, come la morte e l’oltretomba: da qui, per esempio, il tema centrale del Ciclo di Ayesha di Henry Rider Haggard, che immagina una società in cui la morte non esiste, ma esiste solo il Cambiamento. Aldilà, reincarnazione, risurrezione, sono solo alcuni dei temi che si srotolano attorno ad Ayesha, la donna immortale, una mummia sui generis, resa immortale dalla fiamma della vita: una figura liminale, in bilico tra il mondo dei vivi e dei morti, che sarebbe stata ispirata, secondo un biografo di Haggard, dall’amore perduto del suo autore, ma anche dalla riflessione su tematiche difficili, come l’accettazione della morte e la Seconda Guerra Mondiale.[11]

Perché delle religioni fantastiche?

La religione è proprio una delle tematiche difficili su cui gli autori si trovano a riflettere e non a caso proprio nel ventesimo secolo, in cui il rapporto tra religioso e secolare diventa poroso, in cui quindi ciò che è religioso e ciò che non lo è si mischiano, rendendosi a volte poco riconoscibili.[12]

Le nuove edizioni dei primi volumi di La Ruota del Tempo
Le nuove edizioni dei primi volumi di La Ruota del Tempo

La religione può diventare un banco di prova per suggerire al lettore di riflettere sulla differenza tra Bene e Male (come nella Ruota del Tempo di Robert Jordan) o sulla misera nullità del genere umano rispetto all’immensità del cosmo (gli dèi antichi di Lovecraft). Alcune riflessioni hanno avuto così tanto impatto sui lettori da portare alla creazione di nuove religioni, anche oltre la volontà dell’autore (il Bokonismo di Ghiaccio-Nove di Kurt Vonnegut).[13]

Molto spesso, le religioni narrative servono a trasmettere potenti messaggi: in Dune come in alcuni racconti di H.P. Lovecraft (si pensi in particolare a The Dunwich Horror) gli autori sottolineano la pericolosità dell’attesa di un Messia, che potrebbe non corrispondere alle attese dei suoi fedeli, un’attesa che, tra l’altro, potrebbe non avere fine, come nel racconto di Dick The story to end all stories, in cui il Dio tanto atteso viene divorato dalla sua stessa madre.[14] (Sì, qui vi abbiamo spoilerato il finale. Ma per un racconto di 117 parole forse ci perdonerete?).

In Lovecraft, il pantheon delle divinità completamente indifferenti alla sorte dell’uomo apre la strada alla riflessione sulla casualità dell’universo: creato per caso, il mondo non ha alcuno scopo. Gli dèi non sono spirituali o metafisici, ma reali, solo appartenenti a un piano di realtà che l’essere umano non può riuscire a concepire, morti in eterno, in uno stato di decomposizione eterna.[15]

Lord Darcy
Lord Darcy

Le nuove forme di religione dei pantheon inventati, che prendono le mosse da Lord Dunsany, ne Gli dei di Pegana) non vedono necessariamente le religioni come un elemento negativo: al contrario, tra le varie ipotesi di nuove forme di culto, si ipotizza che le strutture organizzate possano avere un ruolo di autorità morale, oltre che di fede. È questo il ruolo che la Chiesa riveste nella realtà alternativa in cui è ambientato Lord Darcy di Randall Garrett, un’Europa in cui la Chiesa cattolica, mai riformata, è depositaria del bene come ogni altra fede religiosa.[16] Gli altri culti, diversi dal Cattolicesimo, sono stati approvati, senza che ci sia una gerarchia di veridicità: ogni religione rappresenta il bene, o la verità, e ha il compito di vigilare sul corretto uso della magia.

Il fantastico e il mito

Signore della Luce di Roger Zelazny
Signore della Luce di Roger Zelazny

Se la religione può quindi essere un modo per esprimere un punto di vista sulla nostra società, o su quello che potrebbe diventare, il mito, e specialmente il mito antico, può essere un espediente narrativo per catalizzare l’interesse dei lettori in modo immediato.[17] Il rapporto tra la letteratura fantastica e il mito, come è noto, è una lunga storia (d’amore?): il mito, come risposta alle fondamentali domande dell’uomo, permette di ridurre argomenti estremamente complessi in una forma semplice e comprensibile, adatta a un determinato contesto. Ma il passaggio a nuovi tempi e a nuovi luoghi porta a un cambiamento nella società, che crea delle nuove richieste, dei nuovi bisogni e delle nuove paure. Ecco quindi che, in queste condizioni, nascono nuovi miti e quelli vecchi perdono il loro valore sacrale, riducendo il loro valore a quello di fiaba.[18] Alcuni topoi (argomenti quasi onnipresenti) del fantasy sono echi di miti, perché mantengono lo scopo del mito, quello di ridurre a una forma più comprensibile i grandi problemi del nostro mondo.

E uno di questi grandi problemi potrebbe essere legato alla diffusione di una delle (poche) sottocategorie del fantasy di cui si è parlato durante il convegno, il low fantasy, in cui il nostro mondo, noto, riconoscibile, è attraversato da vicende misteriose, spesso connotate in senso religioso. È questo il caso di due serie tv targate Lindelof, Lost e Leftovers, in cui l’elemento religioso e l’elemento secolare (cioè laico) sono costantemente interconnessi: in conflitto, in contrasto, ma entrambi presenti e intrecciati tra di loro, tanto da non riuscire, talvolta, a distinguerne i confini.[19]

Nuovi miti vengono dunque creati per venire incontro a nuovi bisogni: così Wonder Woman aiuta a creare un ideale di supereroe al femminile, utilizzando, come ponte per la creazione del nuovo mito, il ricordo di uno antico (le dee al femminile, Diana e Artemide, ma anche le Amazzoni).[20]

Black Panther - Poster italiano
Black Panther - Poster italiano

Indubbiamente più complessa l’interpretazione della creazione del mondo di Wakanda in Black Panther, in cui l’intento degli autori, la creazione di un’utopia africana, di costruzione di un mondo ideale (con una religiosità ideale) risponde a una domanda esistenziale della comunità afroamericana, la ricerca di un’identità dopo la fine della segregazione. La fusione dell’afrofuturismo (nato già nel 1993) e della spiritualità africana intende fornire qualcosa in cui credere, e in cui identificarsi, alla ricerca di nuove possibilità, su cui per ora possiamo solo interrogarci, anche in attesa del prossimo film che vedrà il Wakanda, e il suo re, come protagonisti.[21]

La religione e il mito, quindi, possono e devono essere interpretati come elementi che permettono una riflessione e una critica sulla società e le forme di narrazione che ne parlano finiscono per non essere mai teologicamente inerti.[22] In Dylan Dog, è la rappresentazione di demoni e di inferno a prospettare diversi tipi di male.[23] Nelle ucronie a tema bizantino, la teocrazia di Costantinopoli permette di parlare di religione, anche prendendola in giro.[24] George R.R. Martin dissemina elementi che provengono da un’unione di mitologie diverse nella sua opera, al punto che risulta difficile definirne un’origine precisa, in quello che potremmo chiamare un sincretismo di religioni, mitologie e simboli.

Insomma, lo studio delle religioni e dei miti nel fantasy e nella fantascienza permette di dare uno sguardo alla pratica contemporanea della religiosità, considerato che queste opere possono contribuire alla formazione di una religiosità propria per le nuove generazioni.[25]

Un banco di prova per il futuro

Considerato che il convegno si apre e si chiude con Tolkien, sembra giusto concludere con un riferimento al professore di Oxford. Gli interventi convergono tutti in una direzione ben precisa: in questo genere c’è più di quanto non colpisca la vista. Parlo di genere al singolare, di fantastico, senza distinguere tra fantasy e fantascienza, perché nel convegno non si è fatta distinzione tra i generi: sono state considerate opere che normalmente non rientrano nei canoni né dell’una né dell’altra (penso alla She di Haggard) e non si arriva mai nemmeno a discutere di una possibile definizione di fantasy o di fantascienza.

Il racconto dell'ancella
Il racconto dell'ancella

Il filo conduttore della religione, del mito, si snoda attraverso fumetti, film, serie tv e libri, senza distinguere tra media, generi e sottogeneri, considerando il fantastico come un’unica grande famiglia. In alcune occasioni, in particolare nella tavola rotonda con gli autori di fumetti, si arriva a parlare della differenza tra fiction storica e fiction fantastica (pur con base storica).

Gli elementi messi sul piatto della discussione sono numerosi, gustosi, e hanno fornito un menu ricco e adatto a tutti i palati. Ora, si può solo auspicare che la digestione di tutti i temi suggeriti porti a un rinnovato interesse per l’argomento e alla creazione di nuovi momenti per la condivisione di idee su un tema così ampio come il fantastico.