- Una campagna particolare
- Jeff Easley e Larry Elmore: per un’arte fantasy superiore
- Perché proprio la storia delle illustrazioni di D&D?
- Un format per giocattoli sfigati?
Tra gli incontri in Sala Ingellis a Lucca Comics & Games 2019 non poteva mancare quello con Brian Stillman, consulente per la serie Netflix I giocattoli della nostra infanzia ma soprattutto regista del documentario Eye of the Beholder – The Art of Dungeons & Dragons. Stillman, incalzato dal brillante Dimitri Galli Rohl, ha raccontato interessanti aneddoti sulle sue campagne di gioco e dell’amore che provava da ragazzo, ancora adesso tutt’altro che sopito, per le illustrazioni del gioco di ruolo più famoso al mondo, dalla mitica scatola rossa fino ai giorni nostri.
Una campagna particolare
Brian Stillman era a una convention e stava giocando a una campagna di D&D. Nel castello ogni cosa era un’illusione. I giocatori lo sapevano, così tutti insieme hanno combattuto ogni nemico che hanno incontrato. Finché non arrivano a una porta. La aprono. Nella stanza trovano due cose: un materasso ad acqua… e un Beholder accomodato su di esso.
Stillman naturalmente ha pensato che anche quella fosse un’illusione. Una cosa talmente assurda! E quindi ha caricato il mostro, mentre il resto del gruppo si è defilato, abbandonandolo.
Il mostro lo ha conciato per le feste.
Jeff Easley e Larry Elmore: per un’arte fantasy superiore
Superato il momento in cui è dimostrato perché Stillman abbia scelto proprio la figura del Beholder per identificare il docu-film, sono passati al fulcro della discussione: Rohl ha fatto una domanda universitaria. Come gli insegnanti più severi, ha detto dei nomi e lo studente-Stillman ha dovuto rispondere velocemente per dimostrare di essere preparato sull’argomento. I nomi sono stati: Jeff Easley e Larry Elmore.
Stillman non ha perso tempo e ha subito tessuto le lodi dei due artisti, raccontando qualche aneddoto storico. Nel 1978 Dungeons & Dragons decise che avrebbe dovuto competere sì con i giocattoli, ma soprattutto con i libri. E per questo aveva bisogno di un’arte migliore. Così hanno chiamato Larry Elmore, un pittore, insieme al disegnatore e amico Jeff Easley, che tra parentesi ha disegnato anche la cover del documentario Eye of the Beholder. Il lavoro dei due proseguì fino agli anni Novanta.
Perché proprio la storia delle illustrazioni di D&D?
Da giocatore e successivamente da regista, Stillman ha scelto di riassumere quasi cinquant’anni di storia dell’illustrazione fantastica perché fin da bambino amava gli artwork del gioco. Comprava i manuali certamente per le regole, ma soprattutto perché rimaneva stregato dalle illustrazioni, l’unico modo all’epoca per poterne fruire. Adesso con internet è molto più facile trovarle.
Esistono tanti libri che raccontano la creazione e la storia del gioco, ma ce ne sono molti meno che si concentrano sull’arte e gli artisti, che sono altrettanto importanti quanto i game designer. Realizzando il documentario ha anche avuto l’occasione di incontrare personalmente i propri idoli.
Un format per giocattoli sfigati?
Ricollegandosi al lavoro di Stillman sulla serie I giocattoli della nostra infanzia Rohl ha chiesto se può esistere un programma per i giocattoli brutti. Perché con i giocattoli ben fatti è facile far crescere delle generazioni, ma che ne è di quei pezzi di plastica informi che assomigliano vagamente a dei personaggi, magari pure colorati male?
Stillman ha replicato che naturalmente c’è grande amore per i giocattoli fatti bene, ma per un bambino in realtà non importa veramente quanto siano ben fatti. Conta l’impatto che hanno avuto su di lui.
Il documentario Eye of the Beholder – The Art of Dungeons & Dragons verrà distribuito su Amazon Prime. Intanto ecco un trailer di presentazione:
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