La giovane Kate (Emilia Clarke), non sembra combinarne una giusta. Di giorno lavora in un negozio di articoli natalizi a Londra, gestito dall'esuberante Natalia (Michelle Yeoh), rincorrendo una carriera di cantante, provino fallito dopo provino fallito, ispirata dal suo mito George Michael. Nei rapporti umani è un disastro, tra incontri occasionali di soggetti del tutto improbabili e amiche ben disposte a ospitarla, ma alle quali fa passare la voglia realizzando disastri per distrazione e superficialità.
Anche con la famiglia i rapporti sono tumultuosi, con una madre (Emma Thompson) e una sorella con le quali non parla volentieri, e un padre che forse le perdona troppo.
In questa vita nella quale lo squilibrio sembra dominare, a portare equilibrio e pacatezza è un ragazzo gentile, Tom (Henry Golding) che sembra guardare oltre la superficie, come fosse una parte della sua vita da sempre. Ma anche Tom ha dei lati oscuri, forse. Sparisce per giorni, inspiegabilmente. Sulle sue tracce Kate incontrerà persone in difficoltà, scoprendo che c'è chi può stare peggio di lei, trovando anche il modo di dare inizio a un percorso che la maturerà e le porterà equilibri. Scoprendo anche il "mistero" di Tom, ovviamente.
Last Christmas di Paul Feig è una commedia con ambizioni. Ambisce a essere inclusiva, con uno spaccato di una Londra multietnica che viene in aiuto di chi resta indietro. Vuole essere un film sull'amore e un film sulla magia del Natale, ispirandosi a classici come La vita è meravigliosa di Frank Capra. Nonostante l'ispirazione diretta sia la canzone Last Christmas degli Wham, il cui testo è quasi uno spoiler della storia, in senso molto lato, non siamo davanti a un musicarello anni 2000.
La gente non canta e balla per le strade, le canzoni non interrompono la narrazione, ma ne sono sottofondo.
I temi sono parecchi, la famiglia di Kate proviene dalla Ex Jugoslavia, l'opulenza delle decorazioni natalizie fa contrasto con le file di barboni ai centri d'assistenza, la xenofobia e l'omofobia, e altri temi che sono parte del narrare della società odierna. Quello che manca è la coesione del tutto. Ogni tema è lambito, lasciato appena accennato. Manca il collante che possa dare universalità e rappresentatività al film, che ambisce a essere una pietra miliare e prendere posto tra i "classici del Natale", come il già citato film di Capra o Una poltrona per due di John Landis, o Il Miracolo della 34ª strada di George Seaton.
A quel punto meglio lasciarsi incantare da una Londra che forse non torneremo ad ammirare facilmente, dalle luci del Natale, dalle visioni da cartolina e godersi i il messaggio di superficiale speranza che il film vuole darci.
Peccato, l'incipit lasciava pensare che ci fosse di più, un approccio meno patinato. L'ottimismo va bene, ma non può derivare dalla superficialità.
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