Impressionisti segreti: un’ennesimo regalo di Nexo digital in collaborazione con Arthemisia
Ci sono opere che non vedremo mai, alcune purtroppo distrutte, altre chiuse nei sotterranei dei musei, altre ancora nelle gallerie private di enti, associazioni, se non nelle case di privati collezionisti. Arthemisia ha il grande merito di aver organizzato e promosso una mostra di cinquanta opere impressioniste finora nascoste, esposte per la prima volta a Roma a Palazzo Bonaparte. Impressionisti segreti è il docufilm, diretto da Daniele Pini e prodotto da Ballandi e Nexo Digital, due garanzie per qualità e interesse, che riesce a far emergere il significato profondo, o quanto meno un notevole avvicinamento al significato profondo di un movimento che ha segnato inevitabilmente l’Arte. E per Arte non mi riferisco solo alla pittura. Non possono non intravedersi i segni prodromici di avanguardie successive: dai Fauves, con i colori non realistici e accostati in modo sensoriale, alla scomposizione cubistica delle immagini, all’astrattismo, a tutta la rivoluzione del concetto di arte e di opera d’arte, operata dagli Impressionisti stessi e portata avanti da Tolouse Lautrec, per arrivare a Warhol e alla serialità e alla creazione del mercato d’arte -a cui contribuì proprio l’intervento di Durand-Ruel-, al coinvolgimento dello spettatore che diventa attivo nella fruizione dell’opera, alla distruzione e ricomposizione dell’opera d’arte, all’oggetto comune come opera d’arte, l’ultima è la banana. Quando scrivo l’Arte mi riferisco anche alla fotografia e quindi al cinema, ma anche alla pubblicità, alla creazione di scene, o immagini che esaltino la luce per suscitare un’emozione e questo (qualora si possa mai arrivare al nous di un oggetto, o concetto che sia) è ciò che sottende l’Impressionismo: la ricerca, lo studio delle immagini per suscitare emozioni non mediate.
L’impressionismo, nome affibbiato in modo dispregiativo da un critico d’arte davanti a un’opera, non ebbe successo all’inizio. Fu criticato, osteggiato, considerato oltraggioso e offensivo, beffa all’arte seria, accademica, bandito dalle gallerie e dalle mostre. Pian piano, grazie a mecenati illuminati e lungimiranti che dedicarono tutta la loro vita e, non secondario, il loro denaro per sostenere questi artisti, come Paul Durand-Ruel, ma anche Caillebotte, pittore anch’egli, la nuova onda artistica si impone e si svela e nessuno potrà mai tornare indietro, nonostante l’influenza indubbia del classicismo permanga.
Come sempre riusciamo, grazie a questi docufilm, ad avere una visione così dettagliata che solo con un permesso speciale, fingendoci restauratori, potremmo avere. Finalmente con Impressionisti segreti si capisce cosa intendono molti critici quando parlano di pastosità, o corpo, o matericità della pennellata. Comprendiamo cosa voglia dire la fisicità della pittura e soprattutto ci confrontiamo e ascoltiamo critici stranieri, per fortuna liberi dall’enfasi intellettuale della critica italica, che impone paroloni per darsi un’importanza aulica. Purtroppo, rimane il doppiaggio che distrugge l’essenzialità e la pulizia dei discorsi, in particolare quelli delle due curatrici della mostra: Claire Durand-Ruel, storica dell’arte esperta di Camille Pissarro (il cognome non è un’omonimia, è proprio la pronipote del già citato celebre mercante d’arte Durand-Ruel) e Marianne Mathieu, esperta di Berthe Morisot e direttrice scientifica delle collezioni del Musée Marmottan Monet di Parigi.
Le cinquanta opere segrete sono di pietre miliari della Storia dell’arte: Manet, Caillebotte, Monet, Berthe Morisot, Cézanne, Sisley, Signac, personaggi diversissimi che hanno declinato uno stesso intento in modi totalmente diversi, facendo emergere la propria personalità, il proprio interesse, il proprio gusto. La luce di Monet, gli sguardi di Manet, la verità della vita di Caillebotte, la figura femminile e il fascino in Berthe-Morisot, gli squarci di Cezanne, la rarefazione di Sisley, lo studio della luce di Signac (proprio il futuro puntinista). Ma tutti avevano come unica finalità le emozioni.
Interessante è la parte, forse più tecnica, di come è stata concepita la mostra, di quanto studio ci vuole e di quanta ratio per sistemare le singole opere nell’ordine definitivo in rapporto allo spazio, alla mostra in toto e alle altre opere. Nulla è fatto a caso. Non può essere un caso la posizione, né l’illuminazione, né il colore delle pareti, né la divisione in stanze o la creazione di nicchie per isolare ed esaltare. Gli interventi di specialisti come i critici dell’arte Alain Tapié e Sergio Gaddi aiutano lo spettatore a comprendere meglio la società e le istanze di quel periodo; la scrittrice e saggista Melania Mazzucco ci offre una spiegazione più sensoriale della mostra e delle singole opere; il collezionista Scott Black mostra a cosa può arrivare la passione per l’arte e con quanta sincerità si possa vivere; interessante anche l’intervento dell’artista Giuliano Giuman; ma francamente non si comprende cosa regalino in più le parole di Fabio Lovino, fotografo e regista. Ma si sa, non di sola arte vive l’Arte.
Il docufilm Gli Impressionisti segreti ha un ulteriore merito: un finale meraviglioso, la carrellata di immagini di dettagli o di opere d’arte su cui l’influenza dell’Impressionismo si rileva. Una valanga che arriva ai giorni nostri e che ci lega indissolubilmente a quel periodo, anche storico, ricchissimo. Un’occasione da non perdere per appassionati, ma anche curiosi, in sala purtroppo solo per 3 giorni, il 10-11-12 febbraio 2020.
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