La volpe bianca Speedy è ha un sogno: diventare un cane da slitta, come gli ammirati cani dell’ufficio postale di Taigasville, versione artica di Topolinia, Paperopoli e, in generale, di tutte le città della fantasia popolate di animali antropomorfi. Una volta cresciuto però, non avendo la stazza giusta per tirare le pesanti slitte, pur lavorando all’ufficio postale, il massimo a cui può aspirare è contrassegnare i pacchi che la muta di cani dovrà consegnare. Fino al giorno in cui, per farsi bello con la volpina rossa Jade, prende abusivamente l’incarico di consegnare un pacco urgente per conto suo, al misterioso Dott. Walrus, un tricheco che vive ai margini della calotta artica.
Quella che inizierà sarà per Speedy un’avventura che lo porterà ad affrontare i piani di Walrus per accelerare il riscaldamento globale e sciogliere il circolo polare artico. Speedy, Jade e un improvvisato gruppo di animali, tra cui due lontre complottiste, un orso polare pastccione, un albatros riluttante e altri ancora, dovranno impegnarsi al massimo per la salvezza di Taigasville e dell’intero ecosistema in pericolo.
Arctic – Una commedia glaciale di Aaron Woodley, è un film che non vuole sorprendere più di tanto il pubblico. Ci sono tutti gli elementi dell’avventura animata per famiglie, secondo una ricetta più consolidata. L’intento di intrattenere si mescola con quello didattico, con la questione del riscaldamento globale che entra nella storia al preciso scopo di sensibilizzare al tema il pubblico. L’animazione non raggiunge i vertici della categoria, non perseguendo l’iperrealismo del pelo degli animali, per esempio, forse anche per problemi di budget. C’è il chiaro tentativo di inserire tutti quegli elementi che possano costituire futuro merchandising o spin off, come i pappagalli di mare così simili ai Minions e in generale, a tanta altra manovalanza criminale simile.
Il film non annoia di certo, con una trama lineare che procede senza sorprese, ma anche senza momenti di stanca. Forse lo scopo non era creare qualcosa di veramente nuovo, ma il senso di déjà vu è così presente che alla fine oscura qualsiasi altro intento di comunicazione, lasciando allo spettatore poco o nulla della visione.
È un peccato che un tema così importante non riesca a essere accompagnato da un guizzo di creatività che consenta al film di distinguersi da una massa di prodotti simili, destinati a essere consumati e dimenticati subito.
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