Si vive solo due volte, recita il titolo del penultimo film ufficiale di James Bond interpretato da Sean Connery, il celebre attore scozzese morto serenamente nel sonno la scorsa notte. Dalla BBC apprendiamo che lo ha comunicato ufficialmente suo figlio Jason, che ha confermato che il padre era malato da tempo, dichiarando che molti componenti della famiglia sono stati in grado di essergli vicino nella sua casa a Nassau, alle Bahamas.
Jason Connery ha dichiarato inoltre: Stiamo tutti cercando di comprendere questo enorme evento poiché è accaduto solo di recente, anche se mio padre non stava bene da tempo.
È un triste giorno per tutti coloro che conoscevano e amavano mio padre e una triste perdita per tutte le persone in tutto il mondo che hanno apprezzato il meraviglioso dono che aveva come attore.
Ha concluso Jason Connery.
Non credo di esagerare nel dire che Sean Connery era forse uno degli ultimi grandi divi del cinema. Uno di quegli attori capaci di trasformare un piccolo ruolo in un momento epico. La mia memoria va a tanti ruoli, conosciuti e apprezzati in diversi momenti della sua carriera.
Si può dire infatti che come l’iconico Agente 007, come attore Connery visse due volte, forse tre in realtà.
Sono infatti tre i periodi temporali nei quali si può dividere la sua carriera. Il primo iniziò quando fu selezionato per interpretare James Bond, l’agente segreto ideato da Ian Fleming in Dr. No di Terence Young, in Italia Agente 007 – Licenza di Uccidere, che nel 1962 fu il primo film del più lungo e longevo serial cinematografico della storia. Connery era quasi esordiente all'epoca. Se è vero che da quel ruolo ottenne fama e gloria, è per me indubbio che anche la serie di film deve molto del suo successo a come Connery riuscì a calarsi nel personaggio, rendendolo un’icona mitologica moderna. Un periodo nel quale però Connery non mancò di accettare altri ruoli, come quello in Marnie di Alfred Hitchcock nel 1964, propostigli per il grande successo ottenuto come 007.
Essendo di classe ’68 però, nel mio personale percorso cinefilo però non conobbi Connery in quel periodo della sua carriera, recuperato dopo, bensì nel periodo intermedio, dopo che ebbe abbandonato il ruolo di 007 dopo sei film ufficiali. Se vado ai primi ricordi cinefili, penso a film come L’uomo che volle farsi Re di John Huston e Il vento e il Leone di John Milius, entrambi del 1975, oppure a Zardoz di John Boorman (1974) o al crepuscolare Robin Hood di Robin e Marian di Richard Lester (1976) fino a 1855 – La prima grande rapina al treno di Michael Crichton del 1979.
Nella mia memoria Connery giganteggia in quei film, anche nei meno riusciti, riempendoli di carisma. Tutti segnali di una grandezza che doveva essere riscoperta, ma se mai fosse stata dimenticata.
La riscoperta sarebbe arrivata negli anni ’80. Volendo rievocare almeno un paio due film che forse all’epoca furono più culto che grandi successi ricordo I banditi del tempo di Terry Gilliam nel 1981, Atmosfera Zero di Peter Hyams (1981), una specie di remake spaziale di Mezzogiorno di Fuoco. Se dimenticabile, se non per un momento nostalgia, fu il suo ritorno al ruolo di James Bond nel film non ufficiale Mai dire mai di Irvin Kershner nel 1983, c’erano comunque tutti i presupposti per una riconsacrazione.
L’anno chiave fu senz’altro il 1986, quando interpretò l’immortale Ramirez in Highlander – L’ultimo immortale di Russell Mulcahy e Guglielmo da Baskerville ne Il nome della rosa di Jean-Jacques Annaud, tratto dall’omonimo romanzo di Umberto Eco. Con quest’ultimo ruolo vinse un premio BAFTA.
La via della consacrazione si aprì quindi definitivamente nel 1987 con Gli Intoccabili di Brian De Palma, il cui ruolo nei panni del poliziotto irlandese Jimmy Malone gli valse l’Oscar come migliore attore non protagonista. Da lì, Connery rientrò di prepotenza nel mainstream, con altri anni esaltanti, nei quali fu Henry Jones Sr. in Indiana Jones e l’ultima Crociata diretto da Steven Spielberg nel 1988, il comandante Marko Ramius in Caccia a Ottobre Rosso di John McTiernan nel 1990, lo stesso anno in cui tornò nella mitologia di Robin Hood con il brillante cameo di Riccardo Cuor di Leone in Robin Hood – Principe dei ladri, di Kevin Reynolds. E così via, fino all’ultimo dei ruoli veramente significativi in Scoprendo Forrester di Gus Van Sant nel 2000. Noi inoltre lo ricordiamo per aver dato voce, nella versione originale, al drago Draco di Dragonheart di Rob Cohen nel 1996, le cui espressioni erano modellate sul volto dell'attore, con tecniche di motion-capture.
La sua uscita di scena dal cinema purtroppo non fu all’altezza della sua ritrovata grandezza, con il ruolo di Allan Quatermain in La leggenda degli uomini straordinari di Stephen Norrington, nel 2003, ispirato al fumetto La Lega degli Straordinari Gentlemen di Alan Moore. Un film il cui esito disastroso fu determinante nella decisione di Connery, nominato nel frattempo Sir nel 2000, di abbandonare le scene, nella matura consapevolezza che, all’età di 73 anni, avesse dato e ricevuto tutto il possibile dal mondo del cinema.
E con questa stessa consapevolezza, unita alla gratitudine per tutti gli immortali momenti vissuti al cinema, che mi unisco, insieme alla redazione al cordoglio della famiglia e di tutti i fan del mondo.
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