Prologo – Castello di Caccamo. 26 dicembre 1193

 

La luce accecante che seguì il tuono inondò di un bianco e latteo candore le pareti granitiche della sala da letto della Regina.

Un temporale imperversava in una notte di luna oscura. Solo il vagare tempestoso dei fulmini sembrava rischiarare l’orizzonte dove il mare, ancor più tempestoso, produceva ampi gorghi di schiuma bianca.

Costanza da Hauteville dormiva inquieta in un enorme letto a baldacchino, in quello che era stato il castello di uno dei più acerrimi nemici di suo zio, il re Guglielmo che aveva regnato qualche decennio prima. Quel Matteo Bonello che invano aveva tentato di spodestare la casa reale di Sicilia e ne era rimasto ucciso dopo i più indicibili tormenti.

Il suo sonno era turbato dal suono incessante della tempesta, ma anche da un uragano molto più grande e profondo che scuoteva la sua anima. Quel matrimonio impostole da suo padre con il figlio del Barbarossa. Enrico era un amante crudele e un marito schivo e disinteressato. Non le aveva mai mostrato un atto di gentilezza ed era giaciuto con lei nella furia e nell’odio, ritenendola un’amante troppo vecchia per le sue bramosie indegne. Lei, donna fedele alla casata e figlia fin troppo ubbidiente, si era sottomessa e aveva accolto, se non nel suo cuore, almeno nella sua vita quel tedesco villano e miscredente che non le aveva mai mostrato un atto di genuina gentilezza.

Costanza vide balenare un altro fulmine e si coprì istintivamente gli occhi mentre tuoni roboanti scuotevano il cielo. In quella fitta penombra aleggiava il tremulo fuoco di un candeliere che lottava a fatica con il vento che spirava fischiando da una crepa in una delle finestre.

In quell’atmosfera la Regina fu vinta dallo sconforto e si decise a chiamare la sua fedele dama che dormiva nella stanza accanto. Proprio mentre la sua bocca si stava per schiudere ed emettere un suono, innanzi a lei, similmente a un lampo, apparve una luce e come per incanto il vento si azzittì e si fermò anche la tempesta.

Un lamento dal suono vagamente ancestrale si sostituì al fragore della tempesta. Erano parole, suoni simili a parole, di una lingua sconosciuta che però insinuava nella mente della donna un timore crescente.

– Chi è che parla? Chi sussurra? O anime dei morti abbiate pietà di me! O Signore Iddio proteggi la mia anima!

Il lamento si infittì e si estese turbinando da un lato all’altro della grande stanza, rimbalzando fino all’alto soffitto. Si concentrò in una serie di grida disperate, come di gente che soffriva pene indicibili. Urla di pietà e di sconforto si fecero distinte. Le mura della stanza presero vita come d’incanto. I lamenti lugubri e sibilanti uscirono dalle pareti e lentamente, quasi goccia dopo goccia, un liquido oscuro, rosso che dava sul nero, iniziò a scorrere fino al pavimento.

La donna rimase impietrita. Afferrò la croce di ferro che aveva appesa al collo e iniziò a pregare, segnandosi più volte come in preda al delirio. I lamenti divennero urla e il liquame, che lentamente si accumulava sul pavimento, iniziò a bollire emettendo sibili acuti e stridenti.

Costanza rimpianse la tempesta. Rimpianse il rombare del mare. Rimpianse la violenza del fulmine. Le sue mani si strinsero attorno al segno della sua fede e le sue parole divennero incerte.

– Réquiem aetérnam dona eis, Dómine, et lux perpétua lúceat eis. Requiéscant in pace.

Ripeteva con convinzione e senza paura. Chiunque o qualunque cosa fosse innanzi a lei doveva, voleva affrontarlo senza paura. Un filo di nebbia emerse dal liquido ribollente che copriva il pavimento. Il candido fumo si attorcigliò e prese forma vagamente umana.

Apparve, dinoccolato e ciondolante, il corpo smagrito e corrotto di quello che aveva tutta l’aria di essere uno spettro. Digrignò i denti, o almeno cercò di farlo, con quella che era una mandibola scarnificata e debole. Infine, come un sussurro, un sibilo, uno squillo uscì dalla sua diafana bocca:

– Questa è la luce della Gran Costanza da Hauteville che del secondo vento di Soave generò ‘l terzo e l’ultima possanza.

– Chi sei tu o anima inquieta? – Chiese la Hauteville.

– Tu che mi parli senza agitazione, o tu donna di lontana stirpe che a me servì dolosa morte, io ti saluto col nome mio obliato. Matteo Bonello a servirvi io sono.

Costanza si alzò dal letto, accorgendosi che, quasi per incanto, sul pavimento non vi era più traccia del liquido che fino a pochi istanti prima ne aveva invaso le assi.

La donna non aveva nessuna paura di quel corrotto ectoplasma che la fissava, della carne scomposta che copriva il suo corpo diafano e informe, delle deformità frutto forse delle orrende torture a cui il suo antenato l’aveva sottoposto. Quell’essere era la spaventosa visione di un delitto infame, ma anche l’emblema di un delitto infame per un deprecabile tradimento.

– Il Coraggio! – Disse Bonello parlando tra sé.

– Soffri ancora le pene del tuo tradimento? – Chiese la Regina allungando pietosamente una mano.

– Senza un attimo di sosta, – lamentò lo spettro.

– Ti sono vicina nella sofferenza, pregherò Iddio che ti dia tregua, – lo consolò Costanza sinceramente pietosa.

– La Pietà e il Rispetto del diverso! – Commentò lo spettro con voce appena percettibile.

– Qual è il significato delle parole con cui mi hai salutata?

– La genuina Curiosità! – Continuò Matteo senza farsi udire.

– Perché non rispondi alla tua Regina?

– La Fiera Appartenenza a una stirpe di re e conquistatori ti sono di pregio. Che la mia anima possa patire una sola oncia in meno di dolore, come da tuo comando mi appresto a rispondere a ogni tuo quesito.

– E dimmi, tu che conosci la crudeltà degli uomini e la giustizia di Dio, dimmi quale futuro mi aspetta?

L’ectoplasma si dimenò e le sue ossa scricchiolarono, mentre la carne cadeva a brandelli. Vermi viscidi gli divoravano le carni, che sembravano non consumarsi mai.

– Tra un anno esatto, non qui, non in Sicilia, genererai la terza Possanza, lo stupore del mondo. Coraggio, Pietà, Rispetto e Curiosità, oltre che la Fiera Appartenenza, saranno i suoi compagni fedeli e una Intelligenza senza pari farà apparire la giovinezza età adulta e l’età adulta eternità.

– Un figlio, avrò un figlio? – Costanza portò le sue mani al viso.

– Lo avrai, ma né tu né il padre avrete la ricchezza di vederlo crescere.

– Perché mi dici tutto questo? – La voce della nobildonna era turbata, non impaurita.

– Io porterò a lui nel futuro un tuo messaggio, cosa vuoi che gli dica?

Costanza da Hauteville guardò verso il suo letto e vide il drappo che fino a qualche ora prima stava ricamando per fare onore al suo imperiale consorte. Un’Aquila Nera su sfondo dorato.

– Lo completerò e lo nasconderò in seno a questa nicchia.

La donna indicò un pannello intarsiato che, una volta rimosso, svelò un piccolo incavo sul muro.

– Questo è lo stemma imperiale che lui adotterà. Sancisce il legame tra la Roma Antica e quella Moderna, di cui lui sarà erede. Digli che sua madre lo ama.

Lo spettro scosse la testa in senso affermativo.

– Ti ringrazio Mia Signora.

– Di cosa?

– Di non aver avuto paura di me. E… delle preghiere che dirai per la mia povera anima quando uno dei cieli lassù, – e indicò il manto stellato con il dito scarnificato della sua mano destra, – quando uno dei cieli lassù ti accoglierà.

Scomparve e in un attimo la tempesta riprese. Forte e vigorosa, come se non si fosse mai spenta. La Regina rimase per un attimo in piedi, poi cadde in ginocchio e si abbatté di fianco, piangendo. Era sola con il suo presagio e stringeva tra le mani l’Aquila Nera sullo sfondo dorato che aveva designato come unica eredità per un figlio che avrebbe conosciuto appena.

L'Aquila Nera

Il libro

Sicilia, primi anni del XIII secolo. In una terra scossa dai venti di un feroce conflitto di successione all’ambito trono imperiale, il giovane Federico Hohenstaufen intraprende un pericoloso viaggio insieme a un gruppo di mentori e amici. Percorrendo una terra antica, piena di magia e misteri, di creature fantastiche, crocevia di culture e di civiltà, il giovane aspirante monarca dovrà affrontare nemici nascosti e a viso aperto, distinguendo la lealtà dal tradimento, per dimostrare, soprattutto a se stesso, di essere degno del suo nome e del fardello della corona.

L'autore

Claudio Chillemi,  nato a Catania nel 1964, insegnante, ha pubblicato numerosi racconti, romanzi e opere teatrali per ragazzi. Ha vinto due volte il Concorso Nazionale Teatro e Natura e nel 2000 il premio per il teatro scolastico Arte Per La Pace, e diverse volte il Premio Italia per il miglior racconto di fantascienza. Ha fondato, insieme a Enrico Di Stefano, la rivista amatoriale Fondazione. Tra le sue opere più importanti i romanzi Federico piccolo grande Re (2005) e Kronos (2009). Nel 2014 ha pubblicato sulla prestigiosa rivista Fantasy and Science Fiction il racconto scritto con Paul Di Filippo The Panisperna Boys in Operation Harmony, una ucronia dedicata alla figura di Ettore Majorana.

Claudio Chillemi, L'Aquila Nera , Delos Digital, Odissea Fantasy 36, isbn: 9788825416589, ebook formato kindle (su Amazon.it) o epub (sugli altri store) con social drm (watermark) dove disponibile , Euro 4,99 iva inclusa

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