Nell’ambito della fantascienza esiste un film che è entrato nell’immaginario degli appassionati di fantascienza, pur avendo il grande difetto di non essere mai stato realizzato: questo film è il Dune di Alejandro Jodorowsky.
Quest’opera poteva essere la prima trasposizione cinematografica del romanzo di Frank Herbert uscito nel 1965, che fu invece portato al cinema, per la prima volta da David Lynch, nel 1984.
Dopo anni di racconti parziali, il regista cileno ha deciso finalmente di narrare tutta la storia di questo progetto.
Istrionico, ironico e geniale Jodorowsky è la voce principale di questo documentario, supportato dalle numerose testimonianze dei collaboratori che furono allora coinvolti nella realizzazione del film.
Il documentario inizia raccontando agli spettatori chi è il regista, che oggi giorno forse non è del tutto scontato.
Alejandro Jodorowsky nacque nel 1929 in Cile, da una famiglia di origini ebraico-ucraine. Dimostrò sin dai suoi esordi uno spirito artistico libero ed originale, in particolare abbracciò il movimento surrealista. Le sue prime opere cinematografiche come Fando y Lis del 1968, sono piene di elementi simbolici, esoterici e psicanalitici. Tutti motivi stilistici che si ritrovano in El Topo del 1971, dove lui stesso è attore protagonista, insieme al figlio Brontis, che al tempo aveva solo sette anni. Successivamente realizzò nel 1973 La Montagna Sacra che ebbe un grande successo di pubblico; a questa epoca risale l’incontro con il produttore francese Michel Seydoux, che portò il film in Europa. La Montagna Sacra in Italia fu quasi campione d’incassi dell’anno.
Dopo il successo di questo film, Michel Seydoux diede carta bianca al regista per realizzare un nuovo film. Alla domanda quale storia avesse in mente, Alejandro Jodorowsky rispose, quasi a sorpresa, che voleva realizzare un film di fantascienza; voleva trasporre un libro che già allora era considerato un capolavoro: Dune. È curioso il fatto che in realtà non avesse ancora letto il romanzo di Frank Herbert, ma che si fidò del consiglio di un amico.
In questo documentario racconta tutte le sue idee, le persone coinvolte, i luoghi visitati, in oltre due anni. Grazie al suo carisma, oltre che al supporto economico di Seydoux, fece una vera propria campagna di acquisti scegliendo tra i migliori tecnici nel campo degli effetti speciali, i migliori artisti e i musicisti di allora. Il primo reclutato fu il fumettista Jean Giraud, che nel campo fantascientifico era ben noto con il nome di Moebius. Andò negli Stati Uniti a parlare con Douglas Trumbull, creatore degli effetti speciali di 2001 Odissea nello Spazio; salvo poi detestare il suo approccio troppo tecnico e ripiegare sul quasi esordiente (ma molto promettente) Dan O’Bannon, che era stato il responsabile degli effetti speciali di Dark Star, quel piccolo capolavoro che fu anche l’esordio cinematografico di John Carpenter. Si portò in Francia Chriss Foss, allora famoso copertinista britannico di libri di fantascienza, per realizzare i disegni delle navi spaziali.
Voleva Salvador Dalì nel ruolo dell’imperatore (è incredibile), che accettò per una cifra esorbitante. Dalì gli suggerì un artista svizzero allora misconosciuto per le scenografie degli Harkonnen: Hans Ruedi Giger. Per la colonna sonora reclutò i Pink Floyd; Mick Jagger doveva essere Feyd Rautha (curiosamente nel film di David Lynch fu scelta un’altra rockstar Sting per lo stesso ruolo). Paul Muad'Dib sarebbe stato interpretato da suo figlio.
Insomma Jodorowsky fu una particella elementare impazzita, che a metà degli anni ‘70 viaggiò negli Stati Uniti e per mezza Europa, per collegare il mondo artistico con quello cinematografico e quello della fantascienza. Come lui stesso dice aveva “un’ambizione smisurata” era conscio di poter fare l’opera più grande della sua vita. Con il produttore francese stimò che il budget necessario per il film doveva essere di almeno 15 milioni di dollari, che per allora era una cifra esagerata, ritornò quindi ad Hollywood per cercare i soldi che gli mancavano. Per tale motivo preparò con Moebius un volume dettagliatissimo a supporto della sceneggiatura, in cui era disegnata ogni scena del film, una vera opera nell’opera.
Nonostante tutto questo, Hollywood non diede mai fiducia ad un regista così fuori dai suoi schemi.
Comunque sia la fama di questo film, mai realizzato, continuò a crescere fino ai giorni nostri, proprio grazie ai disegni di Moebius. Successivamente l’artista cileno ha collaborato con Moebius per l’Incal, fumetto in cui ha portato molte delle idee sviluppate per Dune.
Il documentario è da vedere perché presenta la figura di Alejandro Jodorowsky, ma soprattutto la sua visione dell’arte o meglio della settima arte, così diversa dagli schemi dei nostri tempi, lontana da logiche puramente commerciali.
La sua odissea, per cercare di realizzare il film, è una parabola umana fatta non solo di rimpianti ma soprattutto di aneddoti da ricordare. Ci racconta come era considerata la fantascienza degli anni ’70, Jodo è stato sicuramente un precursore dei tempi, dando il giusto valore al genere.
L’ultima parte del documentario racconta come il suo lavoro ha influenzato l’industria cinematografica dei primi anni ’80. A cominciare dalla ricomposizione della coppia O’Bannon – Giger che portò alla realizzazione del primo Alien del 1979, che vinse anche l’Oscar per i migliori effetti speciali; fino al recente Prometheus dove “ricompare” il misterioso palazzo degli Harkonnen disegnato da Giger per Dune.
Cosa sarebbe stato questo Dune rimane comunque un interrogativo, ma Alejandro Jodorowsky si dimostra generoso e ci racconta il finale, che non avrebbe rispettato il romanzo. Sicuramente il suo film sarebbe stato originale e differente rispetto a quello che abbiamo visto finora sugli schermi.
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