Abbiamo imparato ad amare e ammirare Jean Dujardin, beneamato attore di The Artist. Ma non si può certo limitare a quello, nonostante in quel ruolo sia stato sfavillante. Ha dato prova varie volte di essere un validissimo attore in film leggeri come Gli infedeli, o apparentemente leggeri come Un amore all’altezza, o come Monuments men, o L’ufficiale e la spia.
Stavolta lo vediamo nei panni di un agente, pietra miliare, nonostante tutto, del servizio segreto francese. L’agente speciale 117 (il numero non è un caso) incarna tutti i parametri degli anni ’60, dai basettoni, agli occhiali a goccia, ai completi a zampa, influenzati dalla moda anni ’70. Peccato che la vicenda sia ambientata nel 1981. Già questo sottolinea lo scollamento dalla realtà circostante. L’agente 117 ha necessità dei suoi gadget, crede tutto sia un gadget, perfino la penna, che in realtà è… solo una penna. L’agente 117 spara con l’altra manina alzata, come in un passo di danza, per darsi un tono e illuminare la propria eleganza. L’agente 117 è ben rasato e impomatato e con le donne ci sa fare, tranne poi fare cilecca nel rapporto intimo, perché l’agente 117 non è 007, a lui non riescono i tiri a primo colpo, non sconfigge l’avversario con l’astuzia, ma con la fortuna, con le volgarmente dette botte di…
Nell’agenzia tutti si rendono conto che ha fatto il suo tempo e che nuovi agenti stanno surclassando la vecchia guardia, legata a modi di investigazione antiquati, lontani dalla tecnologia e dall’elaborazione di dati in tempi ristretti. Il capo lo destina all’inserimento dati nell’archivio, ma quando si presenta un caso importante, ecco che il savoir faire degli anni ’60 è necessario e compensa l’atteggiamento fricchettone e scanzonato del nuovo agente 1001, Pierre Niney, decisamente meno bello, ma ugualmente fascinoso. Inevitabile il confronto: l’agente 1001 ha gadget informatici. L’agente 1001 spara con due mani sulla pistola, come nei film americani. L’agente 1001 è spettinato, arruffato, ha vestiti vintage, sembra indifferente al mondo circostante e preferisce passare sottotono, non avere un confronto diretto, se non in ultima istanza, cose che mai sarebbero state accettabili per l’agente 117. Una cosa li lega: il successo con le donne e quello dell’agente 1001 è portato a termine con dovizia di particolari appaganti.
Agente Speciale 117 Al servizio della Repubblica. Allerta rossa in Africa nera è una parodia molto divertente, gioca con i luoghi comuni e con il classico scontro fra generazioni. Non mancano i colpi di scena e gli scazzottamenti a metà fra Magnum P.I., Chips e 007.
La sceneggiatura è coerente e si diverte a rielaborare i temi cari ai film di spionaggio. In effetti Jean Dujardin sarebbe un ottimo 007. Se solo fosse inglese!
La regia è efficace, è evidente che il regista Nicolas Bedos non solo conosca, ma si diverta a mescolare gli stilemi di una figura imprescindibile della cinematografia mondiale.
Piacerà moltissimo agli appassionati della figura mitologica di 007, a patto che abbiano la capacità di ironizzare e ammettere il superamento di quei cliché. Con buona pace di Daniel Craig.
Sinossi
Il tempo passa, ma non per l’Agente Speciale 117. Siamo nel 1981 e la (peggior) miglior spia di Francia deve sventare un nuovo complotto internazionale. Il palcoscenico della crisi è il Continente Nero e il Presidente della Repubblica non può che affidare a lui una missione in cui ogni parola deve essere pesata e ogni gesto ponderato. Per aiutarlo a portare a termine il compito gli viene affiancato un giovane e promettente collega, l’agente speciale 1001.
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