È difficile oggi riuscire a raccontare un’epoca in cui diventare popolare fosse veramente difficile. Nella nostra epoca, i social media possono fare diventare famosi quando famigerati nello spazio di pochi secondi, per ragioni indipendenti dalla volontà del soggetto a volte.

Elvis di Baz Luhrmann cerca di raccontare la storia di una delle più grandi icone pop del XX secolo. Elvis Aaron Presley, cantante la cui fama è sopravvisuta oltre la morte, avvenuta nel 1977, sulla quale sono sorte improbabili leggende metropolitane.

Elvis, come lo chiamano ancora i suoi fan, fu veramente di tutto. Fu un monarca in una terra nella quale i re veri li avevano cacciati.

Austin Butler in Elvis
Austin Butler in Elvis

Fu un cantante e autore, ma non solo, un vero e proprio animale da palcoscenico che osò fare sul palco quello che all’epoca, primi anni ’50 dello scorso secolo, non era lecito, usando le sue movenze e il suo corpo. Fu attore, mal sfruttato da Hollywood nonostante un discreto talento, e fu un “cantattore”, ovvero protagonista del genere cinematografico del “musicarello”, film basati pretestuosamente su una canzone, con trama da commedia del tutto pretestuosa, il cui unico scopo era promuovere i dischi. Un “maestro” del cattivo gusto, con il suo stile pacchiano, fatto di borchie e abiti sgargianti, ben adatto a quella Las Vegas, ancora piena di suoi sosia, in cui fu non solo un protagonista di spettacoli di successo, contribuendo a fondare lo “stile Vegas”.

Elvis
Elvis

Fu virale quando al termine non era associato il concetto di immediata, e a volte immeritata, fama. Quando ancora il passa parola faceva la differenza.

Ma fu anche, con la sua commistione tra musica nera e country che fu tra le fonti del Rock ‘n Roll, un vero ponte culturale negli Stati Uniti del segregazionismo razziale. Un'icona dell’integrazione, di quel meticciato che rafforza i legami dei popoli anche, e soprattutto, tramite le espressioni della cultura popolare.

Austin Butler e Tom Hanks in Elvis
Austin Butler e Tom Hanks in Elvis

Per raccontare Elvis, Luhrmann sceglie il punto di vista di Tom Parker, noto anche come Colonnello Parker, che fu suo manager, e passò alla storia come appartenente alla genia degli imbroglioni.

Parker, intepretato da un superbo e prostetico Tom Hanks, non ci sta a passare per il “cattivo” e racconta la sua versione della storia, nella quale è un socio alla pari, senza il quale Elvis non sarebbe diventato il mito che è stato.

Baz Luhrmann e Austin Butler sul set di Elvis
Baz Luhrmann e Austin Butler sul set di Elvis

Ovviamente non sapremo mai cosa sarebbe stato. Alcuni fatti sono certi: fatta eccezione per il servizio militare in Germania, Elvis non è mai uscito dal continente nordamericano. Oltre alle tante tournee negli Stati Uniti e gli spettacoli di Las Vegas, ha tenuto qualche concerto solo in Canada. Questo non gli impedì di diventare una icona assoluta in tutto il mondo, in un’epoca che non conosceva la velocità di diffusione dei fenomeni della nostra epoca. Fu una dirompenza inaudita, probabilmente comparabile in termini assoluti con i fenomeni della rete di oggi. Probabilmente qualcosa di irripetibile per come è diventato il mondo musicale musicale oggi.

Austin Butler in Elvis
Austin Butler in Elvis

Luhrmann ricostruisce quell’epoca in maniera sontuosa e spettacolare. Con momenti cinematografici immersivi e totalizzanti, con una camera che si muove avanti e indietro, in ogni direzione, dritta nel cuore all’azione. Siamo sul palco, dietro le quinte, tra i pubblico. Vediamo il sudore, il magnetismo animale, la carica erotica di Elvis, ottimamente resa dalla recitazione di Austin Butler (The Shannara Chronicles), la cui prestazione eccelle sia vocalmente, cantando molti dei brani, che nel linguaggio del corpo.

Non sono da meno i momenti intistici dell'uomo Elvis. Il rapporto controverso ma di profondo affetto con il suo clan, con alla testa l'adorata madre, il padre e vari cugini e, non ultima la moglie Priscilla (Olivia DeJonge).

Austin Butler ed Helen Thomson in Elvis
Austin Butler ed Helen Thomson in Elvis

Elvis era un effetto speciale umano, pertanto l’estetica cinematografica tipica di Luhrmann non solo ben si accorda agli eccessi del personaggio, ma ne diventa una rappresentazione forse addiritura misurata e sottrattiva rispetto alla sua reale dirompenza.

Elvis voleva essere un supereroe. Da bambino, ci racconta il film, amava Shazam, all’epoca chiamato Captain Marvel. I suoi abiti di scena, versione espansa dello stile country western, miravano a presentarlo come tale. In tal senso il lavoro dei costumisti è un’altra colonna sulla quale si basa il film, insieme al lavoro di scenografi e cacciatori di location, che sono riusciti a fare “interpretare” alla regione australiana del Queensland dei credibilissimi paesaggi statunitensi.

Austin Butler in Elvis
Austin Butler in Elvis

Ovviamente la colonna sonora e il montaggio e il missaggio sonoro sono l’altra pietra angolare. I passaggi che in una sola inquadratura mostrano il collegamento tra il blues e la musica di Elvis valgono da soli quanto un trattato di storia della musica.

Elvis di Baz Luhrmann è inoltre un film da godersi a pieno in sala, che emoziona e commuove, una festa per occhi e orecchie, per fan e non. Un film che scorre con intensità per tutti i suoi 159 minuti, alla fine dei quali tributare un commosso e scrosciante applauso.