Undici eteronegei personaggi, una mescolanza di killer e faccendieri, una ragazzina fin troppo svelta, un padre disperato, si ritroveranno in una corsa forsennata attraverso il Giappone sulla Shinkansen, la ferrovia ad alta velocità percorsa dai famosi treni proiettile (da cui il titolo Bullet Train).
Tra questi spiccano inizialmente lo sfortunato Coccinella (o Ladybug) interpretato da Brad Pitt, i due fratelli Agrumi ovvero, Lemon e Tangerine (rispettivamente Brian Tyree Henry e Aaron Taylor-Johnson), una ragazzina tanto altezzosa da farsi chiamare Prince (Joey King), Kimura (Andrew Koji), un padre in cerca di vendetta.
Ma altri ancora si intersecheranno alle loro vicende, sulle quali aleggia l'ombra di Morte Bianca, il capo di una delle più efferate cosche mafiose giapponesi.
Il McGuffin della vicenda è infatti il rapimento del figlio di Morte Bianca, il cui riscatto è in una valigetta che Coccinella deve recuperare. Una missione che sembra facile, ma quando si ha "meno fortuna che anima" è possibile che un incarico semplice diventi molto complicato.
In realtà capiremo presto che c'è molto di più in gioco, e che rapimento e valigetta sono solo un innesco, quasi pretestuoso, di una catena di eventi che travolgerà tutti i personaggi.
Bullet Train è l'adattamento cinematografico di I sette killer dello Shinkansen, romanzo di Isaka Kōtarō che in giapponese si chiama Maria Bitoru. Bitoru è la parola giapponese per coccinella, translistterata dall'inglese beetle.
Questo indica che già nel romanzo il fuoco è sulle alterne fortune e sfortune di Coccinella, un killer e faccendiere dotato di molta buona volontà, ma che riesce sempre a trovarsi in casini più grossi di lui.
La vicenda prosegue, con la stessa velocità del treno che dà il titolo al film, per mero conflitto di intenzioni dei personaggi, i quali si scontrano tra loro per il semplice fatto di voler ciascuno raggiungere il proprio obiettivo.
Traspare quindi il lavoro di costruzione della loro storia pregressa, e di tutto quello che li ha portati al momento in cui raggiungere questo obiettivo si rivelerà complicato, e non tutti ci riusciranno.
Come già il romanzo, Bullet Train si inserisce a pieno titolo nella commedia nera, con tanta azione, ironia e autoironia, enigmi a incastro multiplo e scontri all'ultimo sangue, che si susseguono senza soluzione di continuità fino a un parossistico finale.
La regia di David Leitch non ha particolari finezze o originalità, ma sfrutta al meglio elementi visivi noti e consolidati nel genere, rifacendosi a capisaldi come Sergio Leone e Quentin Tarantino, fino a John Woo e alla sorelle Wachowski e, omaggio dovuto, Takeshi Kitano.
Merita una menzione il treno, coprotagonista della vicenda, non solo sfondo. Con i suoi ambienti eterogenei, tutti bene caratterizzati e parte della narrazione, dall'austera della classe economica, alla più sofisticata classe di lusso, fino al kawaii del vagone Momomon.
Gli interpreti reggono bene il gioco, mostrando agli spettatori quanto siano divertiti nel gioco a "guardie e ladri" in cui però nessuno ha davvero la palma dell'essere il "buono" della vicenda, come nel vero noir. Danno sostegno alla credibilità di una vicenda che in alcuni punti dimentica la coerenza narrativa in nome del divertimento.
Avendo letto e apprezzato il romanzo, ritengo doveroso dire che la sceneggiatura di Zak Olkewicz riesce nell'intento di essere infedelmente fedele alla matrice originale, riprendendone lo spirito ma riuscendo ad aggiungere elementi la cui validità non fa rimpiangere ai lettori quanto invece è stato tolto per esigenze di racconto cinematografico.
Bullet Train è un prodotto piacevole, non perfetto ma ideale per tornare al cinema alla fine di una torrida estate, per godersi sia il divertimento che il fresco di una sala cinematografica
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