- Premessa
- 1. Differenza e ripetizione
- 2. Il Paradosso del sorite
- 3. Continuità e cambiamento
- 4. Un traghetto per gli anni 2000
Premessa
È uscito il 3 ottobre 2022, su Fantasy Magazine, un bell'articolo di Alex Calvi che si intitola Dylan Dog: una rivoluzione/occasione mancata? nel quale l'autore racconta di come la casa editrice Bonelli, con l'assenso di Tiziano Sclavi, abbia affidato nel 2013 a Roberto Recchioni il compito di rilanciare il personaggio e di quali siano stati gli esiti di questa operazione, a distanza di nove anni.
Dylan Dog: una rivoluzione/occasione mancata?
Luci e ombre di quasi dieci anni della gestione di Roberto Recchioni del personaggio ideato da Tiziano Sclavi e pubblicato da Sergio Bonelli Editore.
LeggiLa sostituzione del curatore della collana Dylan Dog, Giovanni Gualdoni, era motivata dal progressivo calo di vendite del fumetto, dovuta a una certa perdita di appeal delle storie, che appariva legata alla perdita di appeal del personaggio. Questa correlazione tra storie e personaggio è un punto che io considero cruciale, perché è alla base, secondo me, dell'andamento non lineare (in senso matematico) della vicenda editoriale. Io credo cioè che identificare il problema delle storie come un problema del personaggio sia stato un errore di lettura della situazione, che ha avuto delle conseguenze sul piano del progetto.
Andiamo con ordine. Per prima cosa è opportuno aver letto l'articolo di Calvi, così da avere in mano i dati e poter capire perché egli sia così stupito di quello che di fatto appare come un passo indietro, se non di Recchioni, certamente di Sclavi e della Bonelli. Nella conclusione del suo lungo articolo, egli cita una frase emblematica detta dal personaggio di John Ghost, che può essere intesa come una spiegazione: Tutti i miei calcoli erano… sbagliati!
Se è così, vuol dire che le novità introdotte da Recchioni non hanno avuto l'esito sperato sulle vendite. Calvi ha ben chiaro il fatto che una parte dei lettori non era d'accordo con le scelte del nuovo curatore, mentre altri (compreso lo stesso Calvi) le condividevano in pieno. Perciò potrebbe sembrare che abbia vinto il partito dei conservatori, ma questa è una conclusione che in realtà non spiega nulla, e anzi si tratta di spiegare proprio il perché di tale risultato.
“Cosa è andato storto?” si chiede Calvi, ma non ha una risposta. Dal suo punto di vista, il dramma è proprio questa assenza di una motivazione evidente. Ciò che mi propongo qui è di fornirne una (con l'avvertenza che l'articolo, inevitabilmente, contiene alcuni SPOILER).
1. Differenza e ripetizione
Il titolo di questa sezione è lo stesso di un libro di Gilles Deleuze(1) di cui però non parleremo. Nel nostro caso ciò che interessa è la questione del cambiamento o, se preferite, della novità. Non potremmo dire che qualcosa cambia, se non mantenesse la sua identità a onta del cambiamento. Si tratta di un noto paradosso filosofico, che riguarda anche la questione della serialità (2). Quest'ultima appare nella narrativa di genere in varie modalità, e consiste nella ripetizione di qualcosa.
Le cose che si possono ripetere sono di tre tipi: gli stilemi e i topoi di un genere o sottogenere, gli schemi narrativi delle storie (strutture narrative) oppure la ripresa di uno stesso personaggio o di più personaggi. I vari tipi di ripetizione servono a mantenere l'identità di ciò che cambia, ed è chiaro che la narrativa seriale ha bisogno di un punto di equilibrio tra ciò che cambia e ciò che invece si ripete: differenza e ripetizione, appunto.
Nel caso di Dylan Dog si ripetono gli stilemi del genere e abbiamo sempre uno stesso protagonista. Tuttavia, se il genere è lo stesso in tutte le storie, i sottogeneri sono diversi, virando dall'horror allo splatter, dalla ghost story al vampirismo, dagli omicidi efferati al dark fantasy, dal realistico al soprannaturale e altro ancora. Quanto alle storie, la variabilità sarebbe garantita (almeno in teoria) dal fatto che gli autori si alternano. Di fatto la maggior parte delle storie di Dylan Dog è costituita, tecnicamente, da apocrifi.
Se dunque i lettori e il creatore del fumetto trovano a un certo punto che le storie appaiono fiacche e ripetitive, la colpa sembra essere del protagonista, che non è più all'altezza della situazione. Da qui la decisione di apportare delle modifiche proprio a lui e al modo in cui è caratterizzato, ma anche al suo mondo e ai personaggi di contorno. Di seguito, cercherò di mostrare perché questa lettura non mi convince.
In una memorabile intervista fatta a Sclavi(3) Umberto Eco sostiene che un'opera diventa di culto se è sgangherata o sgangherabile. Col primo termine intende una forma di coerenza che affiora in qualche modo a posteriori da una trama che non è del tutto predefinita e in proposito cita il film Casablanca(4) mentre Sclavi da parte sua dichiara che sgangherato è il suo modo di procedere quando scrive una sceneggiatura di Dylan Dog. Il secondo termine indica invece la possibilità di estrarre da un'opera anche solo un singolo elemento, il quale mantiene un significato pur se è scollegato dal resto.
Gli esempi sono Shakespeare e la Divina Commedia, ma Eco aggiunge che (in teoria) tutto il seriale è sgangherabile, cioè scomponibile, per il fatto che vi si possono prelevare (ritrovare, cioè) degli elementi ricorrenti (le orchidee nei gialli con Nero Wolfe, ad esempio). Ne deriva che sono alcune specifiche ripetizioni ad aver reso Dylan Dog un fumetto di culto. Supporre che le componenti che si ripetono possano aver soverchiato in un qualche momento gli elementi di novità in una specifica storia non appare credibile. O meglio, non è credibile l'idea che si tratti proprio degli elementi che hanno reso famoso il personaggio di Dylan Dog.
Infatti, Dylan Dog viene accusato non di essere sempre lo stesso, ma di aver perso mordente. Quindi, in realtà, di non essere più quello di prima. Qui c'è la radice dell'equivoco. Nelle parole di Calvi:
Agli occhi del suo creatore, da tempo il personaggio e le storie apparivano ormai svuotate, non più capaci di graffiare come un tempo. Quasi che autori e curatore si limitassero a fare il compitino, riproponendo strutture già collaudate e abusate. Dylan aveva perso quella carica trasgressiva e innovativa che ne aveva decretato lo straordinario successo di pubblico e critica tra gli anni ’80 e ’90.
L'equivoco di cui parlo è quello tra fumetto e personaggio. Ci sono qui tre affermazioni. La prima distribuisce il biasimo su personaggio e storie, mentre nella terza non è chiaro se si parla di Dylan Dog personaggio, o di Dylan Dog fumetto. Magari di entrambi, se ci colleghiamo alla prima affermazione, ma appunto per quale motivo ciò che non va nelle storie dovrebbe corrispondere a ciò che non va nel personaggio?
Nella seconda affermazione si parla della riproposizione di strutture collaudate, ma anche abusate. Le strutture sono però quelle delle storie, non quelle del personaggio. Se le storie appaio svuotate e incapaci di graffiare, certamente ciò si ripercuote sul personaggio, ma sono le storie a produrre questo effetto sul personaggio e non il contrario. Il personaggio infatti agisce in funzione di ciò che accade, non è la storia che prende una piega anziché un'altra per il fatto che il personaggio ha perso il suo appeal.
Detto diversamente, ciascun sceneggiatore e ciascun disegnatore presentano, in funzione delle proprie qualità artistiche, una caratterizzazione del personaggio che è un po' diversa da quella di tutti gli altri, e questo impedisce al personaggio di somigliare troppo a se stesso, fino al punto di apparire noioso. Per l'esattezza ciò è quanto dovrebbe avvenire, ma non è nulla di scontato. Affinché le cose funzionino, occorre che il tandem tra autore e disegnatore sappia interpretare il personaggio in maniera da mantenere un buon equilibrio tra la caratterizzazione canonica e il tocco personale. Si tratta, ancora, del binomio differenza e ripetizione.
2. Il Paradosso del sorite
Se, come dicevo, si accusa il personaggio di non essere più (all'altezza di) se stesso, non sono le modifiche che possono riportarlo ai fasti precedenti, ma è piuttosto il recupero di ciò che è stato perduto per strada. È del tutto evidente che, se le storie appaiono ripetitive, il fulcro della ripresa non può essere rappresentato che dalle sceneggiature. Sono le sceneggiature a dover cambiare, non il personaggio. Le storie che non funzionano non sono quelle in cui Dylan Dog è rappresentato alla solita maniera, ma quelle in cui il personaggio viene rappresentato solo ed esclusivamente grazie alle sue idiosincrasie.
In altre parole, non sono le citazioni a non funzionare, ma il fatto che, al di là delle autocitazioni, non rimane nulla che abbia un certo rilievo. Questo riguarda sia il modo in cui viene presentato il personaggio, sia il modo in cui vengono costruite le storie, ma la costruzione delle storie è il vero punto di caduta. Se costruisco una storia modellandola su uno schema precostituito, il risultato non può che essere mediocre. In una storia mediocre, anche il personaggio sembrerà scimmiottare se stesso.
Il concetto di schema narrativo ripetibile è ovviamente cruciale. Si tratta di ridurre la narrazione a una formula, qualcosa di meccanico che potrebbe essere elaborato anche da un programma. Nessun personaggio potrebbe resistere a un trattamento del genere. Prendiamo come esempio uno scrittore come Montague Rhode James, il quale era specializzato in storie di fantasmi. I suoi racconti sono ancora piacevoli da leggere perché gli elementi ricorrenti vengono elaborati in modo ogni volta diverso. In ciascuna delle storie abbiamo sempre a che fare con un fantasma di qualche tipo che manifesta la sua presenza, ma le situazioni sono sempre variate e ogni volta l'entità soprannaturale di turno mostra delle peculiarità che la rendono dissimile da quelle incontrate in precedenza.
Forse si comincia a capire perché la cura escogitata da Recchioni non poteva funzionare. Mandare Bloch in pensione (per poi trasformarlo in un padre adottivo) o introdurre un poliziotto che non sopporta Dylan Dog (e un'altra che poi sarà la sua ex moglie) sono idee che non possono risolvere il problema, e questo per due motivi. Per prima cosa non si tratta solo di semplici novità, ma anche di interventi sulla genesi del personaggio. Quando si altera in questo modo un passato già fissato, e senza giustificare l'operazione, si rende evidente che si sta lavorando su un personaggio di pura invenzione, facendo inceppare il meccanismo della sospensione dell'incredulità. Non si tratta di una meta-narrazione che mescola più livelli, ma di un intervento in cui il narratore stesso assume la funzione di un deus ex machina, non per risolvere qualcosa ma per cambiare le carte in tavola.
In secondo luogo si tratta di cambiamenti che sono nuovi solo all'inizio, ma poi diventano elementi fissi del quadro. Ecco perciò che Recchioni alza la posta, con la creazione del Ciclo della meteora. Intendiamoci, il Ciclo di per sé va bene e può essere una buona idea, come va bene il fatto che ci siano delle miniserie, nonché il fatto che ciascun autore abbia una certa libertà di interpretare il protagonista in modo personale.
Che cosa non va bene, allora? Ciò che non va bene è l'idea che si debba per forza sconvolgere l'intero mondo di Dylan Dog, che l'universo narrativo originale debba essere letteralmente distrutto, per poi risorgere dalle sue ceneri, come la mitica Fenice. Di più, si pensa che tutto ciò deve essere annunciato ai quattro venti. Ci si convince che si debba far sapere che si vuole buttare all'aria tutto quanto, con l'idea che il risultato sarà tanto più apprezzabile quanto più drastico sarà stato il colpo di spugna che cancella il passato.
Ma perché tutto ciò non va bene? Perché se tu cambi il mondo di Dylan Dog e modifichi lo stesso personaggio, molto semplicemente non hai più quello che avevi prima, ma una cosa diversa. Ma, se volevi fare una cosa diversa, perché non hai creato un personaggio del tutto nuovo? È un po' come qualcuno che adora le donne (o gli uomini) coi capelli biondi, perciò si trova una ragazza bruna e poi le chiede di tingersi i capelli.
Qualche lettore ricorderà un bellissimo fumetto di fantascienza, ideato da Sidney Jordan nel 1954, che si chiamava Jeff Hawke. La serie proseguì per vent'anni. Poi, nel 1976, Jordan inventò un nuovo personaggio, Lance McLane, che nel 1979 venne fatto passare per lo stesso Jeff Hawke, finito in un buco nero e riaffiorato nel futuro. Il motivo del camuffamento era dovuto all'idea, da parte dei distributori statunitensi, di sfruttare il nome del suo già famoso predecessore. Insomma, si cambia il personaggio, ma si mantiene il nome.
A tale proposito viene in mente il paradosso del sorite (ovvero del mucchio). Se da un cumulo di sabbia tolgo un granello per volta, in quale momento il mucchio cesserà di essere un mucchio? Nel caso di Dylan Dog, qual è il punto in cui dovrò fermarmi per evitare che il personaggio smetta di somigliare a se stesso? Il punto non può essere stabilito per ragionamento, perciò occorre procedere per intuizione, sperando che sia quella giusta.
L'intuizione è quella di andare oltre in modo netto e inequivocabile, proprio perché il paradosso non permette di trovare un punto ottimale, ma così facendo diventa inevitabile che il limite venga superato. Non si può dire che a Recchioni manchi il coraggio (e perfino la genialità), ma che una scelta sia coraggiosa non garantisce che sia anche quella ottimale. Che poi questo venga anche presentato come un ritorno alle origini è, rincarando la dose, paradossale. Per tornare alle origini, qualunque cosa si voglia intendere, c'era davvero bisogno di una catastrofe?
3. Continuità e cambiamento
La domanda che conclude la precedente sezione era pertinente e per nulla provocatoria. Qualunque novità si volesse adottare, non era il caso di introdurla come una vera e propria fine del mondo. Semmai, si sarebbe dovuto procedere al contrario. Intendo dire che le modifiche non avrebbero dovuto dare la sensazione di stravolgere le cose, ma di inserirsi in modo naturale nell'universo narrativo. Uno sceneggiatore abile è del tutto in grado di cambiare dei punti anche importanti, ma con l'aria di non voler provocare sconquassi.
Ad esempio, Dylan Dog potrebbe doversi vestire talora in modo diverso, o essere costretto a usare la tecnologia(5). Oppure, dato il motivo ricorrente della sostituzione, oserei dire compulsiva, della fidanzata di turno, basterebbe trovare un personaggio femminile fuori dagli schemi e fare in modo che Dylan Dog ne rimanga agganciato, almeno per un po'. In compenso, Groucho potrebbe avere ogni tanto una relazione con qualche donna, a volte buffa, a volte seria, altre volte drammatica.
Certo, è un'idea molto diversa dall'immaginare che, in concomitanza con la fine del mondo, Groucho si dichiari innamorato del suo capo e quest'ultimo lo conduca all'altare. Ora, qui non si trattava di non scioccare i ben pensanti, ma di non usare il cannone dove poteva bastare una pistola. La sensazione che ho avuto io stesso, come lettore abituale della serie regolare, è stata che il buon Groucho sia stato sacrificato sull'altare del “questa sarà una vera bomba” (tanto più che poi lo si è fatto morire, sia pure per resuscitarlo in seguito).
L'effetto boomerang di adottare novità intese come estreme, per poi essere costretti a ritirarle, è stato, paradossalmente, quello di impedire che si potessero adottare dei cambiamenti capaci davvero non di rinnovare a tutti i costi, ma di fare in modo che il personaggio restasse all'altezza della propria reputazione, per così dire, nel senso appunto di mostrarsi adeguato al ruolo di personaggio fuori dagli schemi che gli era stato assegnato da Sclavi.
L'horror è per sua natura un genere poco allineato alla realtà come prescrizione, e Dylan Dog è a sua volta ancora meno allineato. Non è necessario spingere sull'acceleratore, è sufficiente che le sceneggiature siano all'altezza del personaggio. Dylan Dog, dal canto suo, sarà sempre all'altezza di qualunque sceneggiatura. Chi scrive le storie deve semplicemente sapere che può inserire dei punti di rottura in qualunque momento, ma senza stravolgere tutto il resto.
Perché, ad esempio, a nessuno verrebbe in mente di rendere Dylan Dog zoppo? Se anche lo si facesse, sarebbe bene che fosse un cambiamento destinato a rientrare. Il motivo è che un personaggio zoppo non sarebbe più lo stesso personaggio ideato da Sclavi. Il dottor House è zoppo, perché la zoppia è un elemento che ha contribuito a renderlo ciò che è. Dylan Dog, invece, non è zoppo e, se lo diventasse, somiglierebbe un po' più al dottor House e un po' meno a se stesso.
Continuità e cambiamento sembrano sinonimi del binomio differenza e ripetizione, ma in realtà pongono la questione in modo diverso. La continuità infatti implica una situazione di partenza che si sviluppa in modo conseguenziale. In relazione al fumetto di Dylan Dog significherebbe che almeno alcuni degli albi non presenterebbero dall'uno all'altro delle situazioni ogni volta diverse (serie) ma l'evolversi di una singola, specifica situazione (serial).
È dunque chiaro che l'introduzione di storie che non siano auto-conclusive non produce di per sé una maggiore dose di novità, ma lavora su elementi di novità differenti. Anziché partire ogni volta da una situazione nuova, con un nuovo caso, una nuova ragazza e così via, si mantiene la stessa situazione, che si modifica e si evolve nel corso del tempo narrativo. Si tratta in sostanza di due concetti diversi di novità: in un caso la novità è nella partenza, nell'altro la novità è nello sviluppo. Spostare la novità sulla linea di sviluppo fa sì che non sia necessario inventare situazioni di partenza nuove.
È un po' come la differenza tra il racconto e il romanzo. Durante l'arco narrativo di un ciclo, i singoli albi diventerebbero i capitoli di una singola storia. Dylan Dog è certo in grado di reggere dei cicli narrativi più o meno lunghi, alternati ad albi auto-conclusivi. È anche possibile adottare una forma ibrida, in cui ci siano degli aspetti di continuità tra un albo e l'altro, mantenendo tuttavia la forma auto-conclusiva della singola storia.
A mio modo di vedere, l'introduzione della continuità non è né un problema né la soluzione di un problema, ma semplicemente qualcosa che si può fare oppure no. Decidere è certo una questione di direzione, ma la scelta tra una storia auto-conclusiva e una più lunga rimane legata alla bontà delle sceneggiature, che è il vero problema da risolvere.
Soprattutto, l'idea di introdurre una qualunque forma di continuità non richiede nessuna ripartenza, nessun azzeramento, nessun rimescolamento di carte. Per fare un esempio, trasformare una figura paterna (Bloch) in un vero padre (sia pure adottivo) non può avere alcun effetto apprezzabile sul personaggio di Dylan Dog. Perciò diventa solo una mossa di disturbo.
4. Un traghetto per gli anni 2000
Quando si afferma che Dylan Dog (il personaggio) dovrebbe essere al passo coi tempi, si intende dire in realtà che Dylan Dog (il fumetto) deve esserlo. La sovrapposizione tra le due entità, favorita dall'omonimia, può produrre delle sviste. Così, la necessità di intervenire sul fumetto (che significa intervenire nelle sceneggiature) può trasformarsi nella necessità di intervenire sul personaggio.
Naturalmente il personaggio è in funzione della storia, nella misura in cui non sia la storia a essere in funzione del personaggio. Sia in generale, che nel caso di Dylan Dog, il fatto che la storia sia in funzione del personaggio può causare dei problemi. Tuttavia, anche in questo caso, non si interviene sul personaggio ma sulla storia.
Se un personaggio ha un'evoluzione, ciò è sempre in funzione delle storie che vengono scritte. Ma un'evoluzione riguarda il futuro e non il passato. Il passato si dovrebbe modificare solo in termini di rivelazioni, riguardanti ciò che il personaggio non sa di se stesso, o ciò che credeva di sapere ma scopre non essere vero. Ma qui si parla di reboot, dirà qualcuno. D'accordo, ma un reboot si instaura su una cesura, un taglio, un vuoto tra il prima e il dopo, oppure richiede una parvenza di spiegazione. Un cataclisma non è nessuna delle due cose, perché è un evento che non spiega nulla.
Si dirà che ognuno può inventarsi il reboot che preferisce. D'accordo, ma si dovrebbe essere molto sicuri che un reboot sia davvero necessario, e anche che la nuova linea narrativa sia migliore di quella precedente. Come esempio di reboot, prenderei il caso dei due serial televisivi Sherlock(6) ed Elementary(7) che hanno ripreso il famoso personaggio di Conan Doyle.
In entrambi i casi, Sherlock Holmes viene spostato ai giorni nostri, e nel secondo caso a New York, anziché a Londra. Sempre nel secondo caso, il dottor Watson è una donna e Holmes è più nevrotico dell'originale. Entrambe le serie funzionano molto bene, ma la prima è superiore (quanto meno a mio parere) proprio perché è più fedele al canone.
Questi sono due esempi di reboot che funziona. Lo spostamento delle vicende ai nostri giorni è del tutto giustificato, perché diversamente avremmo avuto dei serial storici. Nel caso di Dylan Dog, traghettarlo dagli anni '80 agli anni 2000 non dovrebbe essere problematico. Non serve un reboot per farlo, basta creare delle storie che siano inserite negli anni 2000. Il tempo narrativo non è come il tempo dei fisici, o come quello della vita normale, perciò non è necessario invecchiare il personaggio, basta lasciargli il suo aspetto di trentacinquenne e nessuno ci farà caso.
Il reboot ideato da Recchioni ha introdotto questi eventi:
a) Bloch va in pensione e compaiono due nuovi sbirri: Carpenter e Raina.
b) Groucho e Dylan si sposano.
c) Groucho muore.
d) La meteora distrugge il mondo.
Questo avviene prima del reboot. Nulla di tutto ciò serve a molto, secondo il mio giudizio. La serie della meteora andava bene, ma la fine doveva essere evitata. Per Recchioni, invece, questi eventi sono funzionali al reboot, dopo il quale:
e) C'è un intervallo onirico, da cui emerge un Dylan Dog con la barba, un soprabito, un carattere un po' da stronzo e un assistente che non parla. Dopodiché:
f) C'è un altro intervallo onirico.
g) Spariscono la barba, il soprabito, il carattere e l'assistente muto.
h) Riappare Groucho.
i) Bloch è di nuovo in servizio (col grado di soprintendente) ed è il padre adottivo di Dylan.
l) Raina è l'ex moglie di Dylan.
Come si vede, con l'eccezione dei due inediti legami familiari (comunque inutili), le modifiche sono state tutte cancellate, presumibilmente perché giudicate dannose. La morale è che il reboot non era una buona idea. La modificabilità di Dylan Dog è attuata nelle oscillazioni che il personaggio subisce da una storia all'altra, perché dopo ogni oscillazione ritorna a essere se stesso. Se lo si cambia in modo tale che la modifica diventi permanente, la sua modificabilità diminuisce, anziché aumentare. Più si cerca di cambiarlo e più si sclerotizza. Io credo sia meglio lasciarlo libero di oscillare.
Note
(1) Gilles Deleuze, Differenza e ripetizione (1968). Il Mulino, Bologna, 1971.
(2) Me ne sono occupato in un articolo, La narrativa di genere nell'epoca della sua riproducibilità parziale, apparso sul n. 2 di Anarres. Delos, Milano, 2014.
(3) L'intervista è in Tiziano Sclavi, Dylan Dog. Indocili sentimenti, arcane paure. Euresis edizioni, Milano, 1998. Il testo è su https://www.tizianosclavi.it/2018/umberto-eco-intervista-tiziano-sclavi/
(4) Michael Curtiz, 1942.
(5) È appunto accaduto nel n. 433: Diego Cajelli & Corrado Roi, Cavalcando il fulmine. Sergio Bonelli Editore, Milano, ottobre 2022.
(6) Steven Moffat & Mark Gatiss, 2010.
(7) Robert Doherty, 2012.
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