Tecnicamente sorprendente, questo è ciò che subito cattura l’attenzione. Si resta estasiati davanti allo schermo in cui sfavillano colori che si possono ammirare solo in natura e che difficilmente sono riproducibili su capi di vestiario, per esempio. La Disney sfoggia, come sempre, le competenze tecniche superlative, a cui però, spesso, non fa da contraltare la storia.
Strange World – Un mondo misterioso di Don Hall e Qui Nguyen, ha tutte le carte in regola per essere una grande storia educativa, che mette in scena tanti argomenti fondamentali per il mondo contemporaneo: la convivenza pacifica di tutti gli esseri umani, indipendentemente dalla religione, dalla etnia, dal sesso (cose alla base della nostra costituzione, dovremmo essere abituati a pensarla così, almeno noi italiani); il rispetto della natura (arrivati a questo punto, cercare di salvare il salvabile è l’unica cosa per sperare di sopravvivere); la conciliazione di generazioni diverse, con diversi punti di vista e prospettive diversi, quindi anche l’influenza delle aspettative familiari, che spesso pesano come macigni e che spesso ingombrano la vita dei figli, o nipoti.
Inoltre, c’è il discorso – altrettanto fondamentale – dell’accettazione di qualsiasi orientamento sessuale (e se siamo qui a parlarne nel 2022, vuol dire che il problema è ancora pregnante, purtroppo), c’è il discorso dell’immagine dilagante dei genitori, non solo di come i figli li vivono, ma anche di come li vive la società, c’è ovviamente la ricerca di sé. Insomma, c’è tutto ed è tutto giustissimo, ma è anche troppo.
La Disney sembra talmente preoccupata dal politically correct, che butta dentro nel calderone tutto, facendo perdere importanza a ogni singolo elemento e siccome purtroppo sono argomenti prioritari, vanno affrontati seriamente, pena potrebbe essere ridurli al periodo della visione, senza lasciare un segno reale in nessuno spettatore. Ed è un peccato, perché le potenzialità ci sono tutte, al netto dei luoghi comuni di questo periodo (la rivalsa del girl power, la bellezza della fragilità, il rifiuto dei genitori, ma la somiglianza a loro volenti, o nolenti). Alla fine del film si esce con un po’ di asfissia.
Troppo, troppo di tutto, anche il cane a tre zampe soave e felice. Sembra quasi la premiazione della rivalutazione della sfiga, un po’ troppo Peline. Nonostante ciò, il film ha dei meriti indubbi, come ho scritto: mettere in scena una storia familiare, inventando di sana pianta un mondo così particolare, richiede una notevole dose di creatività (che non manca mai in Disney) e un lavoro impari per rendere credibili quelle creature inventate.
Onore al merito della musica di Henry Jackman. Una composizione orchestrale che fa da accompagnamento a tutta la durata del film in maniera egregia, ispirandosi alle vecchie partiture, capaci di sottolineare le azioni, senza coprirle. Salta in mente la capacità della musica di Indiana Jones e i Predatori dell’Arca Perduta di aumentare la percezione di quelle imprese, che John Williams magistralmente compose.
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