La piccola Cady (Violet McGraw) perde i genitori in un incidente d'auto. Viene presa in affidamento dalla zia Gemma (Allison Williams), una sviluppatrice di giocattoli robotici. La giovane donna, single e in carriera, è in difficoltà sia con la nipote che con lo sviluppo di una sua rivoluzionaria idea, la bambola a dimensioni di bambina dotata di intelligenza artificiale M3GAN (sigla di Model 3 Generative Android, Amie Donald). Gemma cerca quindi di risolvere in sol colpo i due problemi mettendo insieme la bambina e la bambola, delegando a quest'ultima il compito di seguire la prima. Inoltre sviluppa gli algoritmi della AI perché siano il più efficienti possibili nel compito di proteggere la piccola umana. Cosa può andare storto? Che la AI, priva di qualsiasi limitazione nell'esecuzione del suo compito, fa quello che gli è stato imposto per programma, ovvero protegge Cady costi quel che costi.
M3GAN di Gerard Johnstone è una variazione sul tema della bambole assassine possedute, come Chucky di La bambola assassina o Annabelle della stessa Blumhouse. Qui si vira nel campo della fantascienza, e si tirano in ballo temi legati allo sviluppo di un'autocoscienza delle intelligenze artificiali.
La zia non è altro che una moderna mad doctor che, pur lavorando in un contesto di una multinazionale, è comunque una persona sola, così ossessionata dal suo progetto da non vederne i pericoli.
Il film riprende il concetto che già espresse a suo tempo il matematico inglese Alan Turing, ovvero: Invece di elaborare un programma per la simulazione di una mente adulta, perché non proviamo piuttosto a realizzarne uno che simuli quella di un bambino?
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M3GAN è una bambina lasciata libera, alla quale sono stati dato un corpo e un programma super efficienti, e nessun insegnamento sulle implicazioni morali dei suoi gesti.
Lo scrittore Isaac Asimov, mescolando nei suoi robot positronici concetti di robotica e intelligenza artificiale, introdusse le tre leggi della robotica, come fattore limitante per le azioni del robot, del tutto ignorate dalla scienziata del film, così convinta della qualità dei suoi algoritmi da pensare che, dando come esempio da seguire per M3GAN la piccola Cady, la bambola si svilupperà in autonomia.
Ma M3GAN ha come unico suo riferimento una bambina ferita e sola. Se già i bambini sono accentratori per natura, ancora di più lo possono diventare nel caso di un trauma come la perdita dei genitori. La bambola robot diventa quindi un riflesso distorto della fame di affetto e di attenzione di Cady.
Già nel mondo reale l'esperienza fallimentare del bot Tay di Microsoft ci ha ricordato che un programma difficilmente distingue la sintassi dalla semantica dei concetti. La sceneggiatura di Akela Cooper sembra quindi chiedersi, in modo drammatizzato e iperbolico, cosa potrebbe accadere se questi bot avessero un corpo fisico, e fossero in grado di effettuare azioni nel mondo fisico solo immaginabili o minacciabili nel mondo virtuale.
Ne risulta un thriller tecnologico dotato di buon ritmo, che intrattiene lo spettatore dandogli il giusto livello di tensione richiesto a questo genere di film.
Se l'esito finale è abbastanza scontato, non è improbabile che M3GAN, anche in forme diverse, possa tornare in azione, come le bambole assassine che l'hanno preceduta.
(1) Alan Turing, "Macchine che apprendono" in La filosofia degli Automi, a cura di V. Somenzi, R. Cordeschi, Torino 1986, ed. Bollati Boringhieri
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