Scott Lang è ormai una celebrità, più o meno. Ha scritto un libro sulla sua esperienza con gli Avengers. Sua figlia Cassie è inoltre parte integrante della famiglia composta Hank Pym, Janet Van Dyne e Hope Van Dyne. Il rapporto con Hope non potrebbe andare meglio. Cosa può andare storto? Può accadere che una figlia ribelle decida di intraprendere in autonomia un progetto scientifico che riguarda l’esplorazione del regno quantico. E qui affiorano i segreti mai rivelati da Janet, che ha vissuto trent’anni sospesa in quel limbo dove poi visse anche Scott. Ma prima che un’allarmata Janet riesca ad avvisare tutti del pericolo, i cinque vengono tutti risucchiati all’interno di quella dimensione al di là dello spazio e del tempo.
Se Scott non aveva avuto modo di scoprire nulla di quel mondo, Janet ne aveva conosciuto molti aspetti, tra i quali l’esistenza di numerose creature e civiltà, soggiogate da un misterioso conquistatore di nome Kang, visto nella prima stagione di Loki, un uomo il cui obiettivo è fuggire da lì per conquistare ogni dimensione spazio temporale conosciuta al comando di una agguerrito esercito.
Per sconfiggerlo Scott, Cassie, Hope, Hank e Janet dovranno intanto ritrovarsi dopo aver capito che i non detti possono dividere anche le famiglie più unite, al contempo trovare alleati nella loro lotta, riuscendo anche a trovare un modo per ritornare a casa.
Ant-Man and the Wasp: Quantumania, dopo i toni da commedia dei primi due film, vira questa volta nella direzione della space opera. Anzi una space opera sub-atomica. Non nasconde di essere fortemente influenzato da capisaldi del genere come Star Wars e Dune, tra i tanti, inseguendo nel terreno citazionista i film dei Guardiani della Galassia. Scenografie e fondali sovrastano i personaggi, rendendoli minuscoli anche quando assumono una dimensione gigante.
Le sottotrame di relazione tra i personaggi, quali per esempio la riscoperta dei rapporti Scott-Cassie e Janet-Van Dyne, scompaiono a fronte del quadro in cui vengono immersi.
Il film diretto da Peyton Reed, dal punto di vista del fan Marvel, ha sicuramente il pregio di osare l’inosabile, ovvero di contrapporre Kang, antagonista di livello Avengers o Fantastici Quattro, a un team sulla carta meno potente. Un tentativo che sfida la credibilità, risultando alla fine forzato. D’altra parte è il problema che affligge l’intero progetto Marvel Cinematic Universe che, a furia di film all’insegna del “sempre più grande”, ora ha bisogno di un intero stadio di supercattivi per avere un po’ di sospensione dell’incredulità.
Il film ha dei collegamenti con il resto del MCU che potrebbero rendere ostiche o poco comprensibili le due scene intra e post-crediti. Ma questo fa parte della strategia che ha voluto la Fase 4 serpeggiare tra film e serie su Disney+. Questa Fase 5 comincia con l'intenzione di alzare di molto l’asticella, praticamente presentando da subito quella minaccia di alto livello che ai tempi delle Fasi 1 e 2 fu solo anticipata, per poi arrivare a fine Fase 3.
Lo spettacolo non manca, ma è il minimo sindacale considerato il budget speso. Tecnicamente il film è portato a casa senza grossi sforzi visionari.
Un altro film “di passaggio”, che riesce a intrattenere, pur con qualche momento di stanca, ma emoziona poco, nell’attesa ormai ripetitiva del film “epico” che latita ormai da un po’.
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