Dopo i trionfi, per il guerriero Adonis Creed è arrivato il momento di appendere i guantoni al chiodo. Le sue giornate passano tra l'organizzazione dei match dei suoi pupilli e il godersi una pensione dorata con moglie e figlia. Il richiamo del ring perà sarà irrestibile quando dovrà affrontare la sfida che gli porrà una sua vecchia conoscenza: un amico d'infanzia che ha trascorso gli ultimi due decenni in galera e che lo accusa di essersi goduto la vita di trionfi che invece spettava a lui.
Come già fu per i film di Rocky, dei quali Creed III è il terzo del nuovo ciclo con protagonista il figlio di Apollo Creed, è arrivato il momento in cui il campione rammollito dall'età e dal benessere dovrà ritrovare l'antica grinta per combattere contro uno sfidante arrabbiato. Lo schema che fu proprio di Rocky III, qui riproposto con alcune variazioni sul tema, giusto per non ricalcare lo stesso film. Una variazione introduce l'elemento del senso di colpa di chi ce l'ha fatta rispetto all'amico caduto in disgrazia.
Per il resto poco o altro varia in un modulo che dalla linea del solido sfruttamento di elementi consolidati scivola verso l'abuso dello stereotipo.
Micheal B. Jordan debutta alla regia con qualche idea che, almeno visivamente, propone una diversa visione del combattimento tra i due pugili. Si tratta di un breve barlume in una concezione visuale che fa assomigliare il film più a un reality sul dietro le quinte del pugilato che a un film di finzione.
Il pur ottimo Jonathan Majors, del quale scopriamo anche la prestanza fisica, resta sottoutilizzato, rimanendo confinato al ruolo di "carattere" anziché a quello di personaggio a tutto tondo.
Un film destinato per lo più agli orfani di Rocky Balboa, che ne rimpiangeranno l'assenza in un film che potrebbe essere una mesta fine per il franchise.
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