The Lord of The Rings: Gollum era un titolo molto atteso. C'è sempre un certo scetticismo sulle proprietà intellettuali adattate in altro media, specialmente dalle comunità dei fan pronte a crocifiggere il prodotto per partito preso. Pur avendo una certa passione per Il Signore degli Anelli di J.R.R. Tolkien, non mi sento di appartenere ai "severi difensori della purezza tolkieniana", perché francamente non ritengo che sia questo il punto, ma che si debba valutare il risultato finale prima di esprimersi.
Dopo tante ore passate su questo gioco, posso dire che a deludere è la giocabilità del prodotto.
Il giocatore ovviamente è nei panni di Gollum/Smeagol, e deve districarsi in labirinti, caverne, foreste, prigioni etc. etc., saltando, accovacciandosi, correndo, in un misto di parkour e survival.
A rendere frustrante l'esperienza è la difficoltà di una grafica molto spesso imprecisa, con scatti e blocchi poco piacevoli se sì in un passaggio difficoltoso, con la morte sempre in agguato.
Dal punto di vista narrativo, lo sforzo di Daedalic è stato quello di rendere al meglio il dualismo della figura di Gollum/Smeagol, nonché la sua frustrazione dell'aver perso il suo "tessoro". Siamo infatti nel periodo che intercorre da Lo Hobbit, dove l'Unico Anello gli fu trafugato con l'inganno di Bilbo Baggins, e Il Signore degli Anelli, dove Gollum torna in scena cercando di reimpossessarsene, mettendosi sulle tracce di Frodo, nipote di Bilbo.
Ma la mitologia tolkieniana in questo gioco, è veramente sullo sfondo, il che forse può tranquillizzare i puristi. Quello che non si tocca non si può "danneggiare".
I passaggi più interessanti sono proprio quelli in cui dobbiamo decidere se agire da Gollum o da Smeagol, anche se non è chiaro quanto influenzino la trama, che in realtà sembra molto direzionata. Non c'è la sensazione di libertà o di esplorazione nel gioco e del tutto assenti sembrano essere gli obiettivi secondari.
La durata del gameplay, dichiarata in circa 8 ore, si moltiplica solo per effetto delle artificiose difficoltà che per vera profondità.
Ci ritrova quindi a saltellare come una rana tra una locazione e l'altra, giusto per ascoltare qualche dialogo, fingere di interagire con personaggi che hanno un percorso scritto e fissato, per guardare poi le sequenze cinematiche tra un capitolo e l'altro.
Divertimento dato dalla narrazione sottesa, ovvero quella che scaturisce dalle dinamiche del gioco, vicino allo zero.
Un vero peccato, perché l'occasione era ghiotta, inoltre uno dei pochi pregi del gioco è quello di proporre una rappresentazione visiva leggermente diversa da quanto visto prima (non troppo però, altrimenti chi li sente i sopracitati puristi), ma quello che è mancato è proprio il gusto di una vera interazione appassionante.
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