Non è abituata alla fama, Christelle Dabos, ospite lettereraria d'onore di Lucca Comics & Games 2023: nel paesino del Belgio in cui vive, tutti sanno che è una scrittrice, ma è solo quando lascia la tranquillità della campagna per immergersi nella città (e città vuol dire, per lei, Parigi) che si rende conto di essere diventata effettivamente famosa. Il suo primo libro, I Fidanzati dell’Inverno, un libro iniziato a scrivere per sé stessa, non per un pubblico, l’ha portata alla fama lentamente; eppure, attualmente, Dabos è l’autrice più rappresentativa del fantastico francese. Fantastico, però, più che fantasy: Dabos stessa ci confessa che, nella lunghissima gestazione del primo romanzo dell’Attraversaspecchi, non aveva in mente il genere fantasy, che non conosceva ancora. Soltanto più tardi, in corso d’opera, il romanzo sarebbe stato accostato al genere, in particolare allo steampunk fantasy.
È più alla tradizione di Philip Pullman che Dabos si richiama, citandolo come uno dei suoi modelli. Non ci sono, quindi, i grandi autori del fantasy tra le sue fonti di ispirazione. Se vogliamo trovarle, dobbiamo guardare altrove: agli anime registrati sulle vecchie VHS dei suoi genitori, a Miyazaki, a Le roi et l’Oiseau di Paul Grimault (capolavoro dell’animazione francese del 1980); al realismo magico, da Cent’Anni di Solitudine di Gabriel Garcia Marquez a La Casa degli Spiriti di Isabel Allende. Ed è al realismo magico che finisce per riferirsi Dabos con il suo nuovo romanzo, Qui, solo qui. Una storia progettata per essere qualcosa di completamente diverso dall’Attraversaspecchi, una storia improntata al realismo, che finisce inevitabilmente per convergere comunque al fantastico, nella forma proprio del realismo magico che Dabos ha studiato all’Università di Nizza.
Tiene molto a sottolineare le differenze tra le due opere, Christelle Dabos: non c’è niente come denominatore comune che avvicini l’Attraversaspecchi e Qui, solo Qui se non il fatto che lei sia l’autrice di entrambi. È proprio la necessità di sperimentare, di cambiare la propria voce che l’ha spinta a lavorare su questo testo. È stato un vero lutto separarsi dai protagonisti della prima serie, un momento di difficoltà anche fisica, che l’ha accompagnata per tutta la seconda metà di Echi in Tempesta, quando ha sofferto di crisi di ipocondria, che non erano altro che un segnale del suo corpo alla comprensione che un capitolo della sua vita, durato quasi vent’anni, stava per terminare.
E quindi, spazio a qualcosa di completamente nuovo. La serie su Ofelia e Thorn è ambientata in un mondo straordinario in cui l’elemento chiaro è il rimescolamento, la deformazione di elementi del nostro mondo, realizzato attraverso ricerche storiche e mitologiche: l’Arca del Polo, per esempio, mischia l’universo nordico, l’esperienza del primo freddo in Belgio per una nativa della Costa Azzurra a elementi della corte di Luigi XIV. Qui, solo Qui è ambientato in un collège francese, l’equivalente di una nostra scuola media.
La composizione dei quattro volumi dell’Attraversaspecchi è costata a Dabos lacrime e sangue, mentre il nuovo romanzo è sembrato scorrerle tra le dita, come se non fosse davvero lei a raccontare la storia, ma i personaggi stessi, desiderosi di mostrarsi. E anche qui troviamo un’altra differenza sostanziale: nella prima serie il punto di vista è quasi esclusivamente quello di Ofelia, una sorta di riflesso inverso di Dabos stessa (minuta fuori, forte dentro, laddove Christelle si vede forte fuori e debole dentro). Qui, solo Qui è popolato da una pluralità di personaggi, adolescenti soprattutto, con quattro punti di vista principali. E si percepisce quanto sia importante, per Dabos, la voce di questi ragazzi, maschi e femmine, strumenti per guardare la vita da angolazioni diverse, ragazzi che forse fanno da cassa di risonanza per la Christelle del passato, che riesce a dialogare con la sé adulta, ora che la distanza ha reso possibile ricordare, forse analizzare, l’esperienza della scuola.
Certo, parti della vita di Dabos sono già entrate nell’Attraversaspecchi, anche in modo non cosciente: suo fratello si è riversato nel fratello di Ofelia, ed entrambi non hanno smesso di chiedere i loro perché al mondo. La madre e il padre di Ofelia hanno tanto in comune con i genitori di Christelle. Il suo compagno sembra essere il solo a non aver preso particolarmente bene l’accostamento al suo alter ego letterario, Thorn. In Qui, solo Qui i personaggi vengono, almeno in parte, dall’esperienza stessa della Dabos alla scuola media.
È più maturo questo libro, secondo Dabos, per i temi difficili che tratta, come il bullismo. La scuola è uno dei mondi più pericolosi, per i ragazzi, la scuola media in particolare, oltre ad essere un momento in cui il pensiero magico acquista particolare importanza. Se già prima dell’Attraversaspecchi l’autrice aveva cercato di trattare di scuola, pur abbandonando l’idea molto presto, la composizione della serie, in cui pure c’è un riferimento alla frequentazione di un corso, l’ha messa in condizione di affrontare le difficili dinamiche dell’adolescenza. Dopotutto, ci confida l’autrice, lei non si sente affatto adulta, e se non le è difficile entrare nei panni dei personaggi adolescenti, le è stato a volte rimproverato di essere troppo dura nei confronti degli adulti, e in particolare dei professori, proprio nel nuovo libro. Una prospettiva soggettiva, comunque, e non condivisa da tutti i lettori.
E ora? Ora l’aspetta un’altra avventura letteraria: è in cantiere un nuovo romanzo, composto in realtà già prima di Qui, solo Qui, dopo la conclusione di Echi in Tempesta. Un romanzo piacevole da scrivere, lo definisce Dabos, che avrà un protagonista che parlerà con una voce, a sua volta, nuova. Un esperimento, per passare dalla scrittura molto razionale della serie di Ofelia all’istintualità di Qui, solo Qui (la trascrizione del libro che le veniva in mente, come l’ha definito l’autrice).
Intanto, la possiamo trovare su Instagram, almeno nei periodi in cui non si allontana dal mondo dei social. Di sicuro non su TikTok, social che pure ha avuto un ruolo non indifferente nel darle fama, social che, in realtà, Dabos ha a lungo ignorato, al punto di confessarci, con estremo candore, di aver a lungo ritenuto quel nome quello di una nuova marca di cioccolato. E ce la immaginiamo, ora, rientrata nel suo paesino belga, a gustarsi una cioccolata (elemento immancabile della sua scrittura) assieme a una delle innumerevoli sciarpe di mille colori che i fan le hanno donato, senza saper rispondere, lei come noi, alla grande domanda che in tanti ci siamo posti: di che colore è la sciarpa di Ofelia?
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