Connected è una docufiction prodotta da Bip, multinazionale di consulenze informatiche, il cui scopo è divulgare i concetti relativi all'Intelligenza Artificiale, ai cambiamenti che sta apportando nelle nostre vite, agli strumenti, anche legislativi, per regolarne gli impatti.
La regista Simona Calo, co-sceneggiatrice insieme a Simon Poggi, ha scelto di mescolare le interviste a chi le AI le usa o se ne interessa per lavoro a un vicenda di finzione.
Nella parte di finzione, che potremmo senza dubbio definire fantascientifica, a un musicista, che si professa analogico e sconnesso, viene imposto dal suo agente di avvalersi di una AI, un vero e proprio androide, che gli funga da assistente per la gestione della casa e delle comunicazioni con il mondo, in modo che il musicista possa dedicarsi alla composizione vera e propria e rispettare le scadenze.
Le interviste non entrano nei dettagli scientifici ovviamente, ma portano avanti, in vario modo alcune tesi. La prima, ed è la più forte, ricordandosi di cosa si occupa Bip, è che, come molte innovazioni, quella delle AI è probabilmente destinata a restare. D'altra parte, è quanto accaduto con tutti gli ausili tecnologici di cui l'uomo si è avvalso nei secoli, dalla scoperta degli attrezzi, al fuoco, all'aratro, via via nei secoli, passando per il vapore, fino alla scissione dell'atomo e all'informatica del XX secolo. Siamo sempre stati creature che si avvalgono di tecnologia per superare i propri limiti.
Non manca però la tesi che possano esserci dei problemi, per i quali la Comunità Europea sta approntando una legislazione che possa garantirci ora e nei futuri sviluppi da eventuali storture. In breve, problemi legati al diritto di autore quando le AI sono utilizzate per la generazione di contenuti, per i quali attingono alla rete.
Da questo punto di vista, la parte di finzione nella quale l'AI, da alcune note messe insieme dal musicista, appronta una canzone e la pubblica in maniera autonoma sul canale youtube dell'autore, mi sembra un po' inquietante.
Da un lato si dice chiaramente che è stata programmata per farlo, lasciando intendere che un software fa ciò che gli si chiede di fare, ma dall'altro la tesi che sembra trasparire è che se ci affidiamo con fiducia a questi strumenti la nostra vita non potrà che migliorare, tout court.
Non credo, detto sinceramente, che sia così semplice. Rick Deckard, cacciatore di replicanti nel celebre Blade Runner, afferma I replicanti sono come ogni altra macchina: possono essere un vantaggio o un rischio. Se sono un vantaggio non sono un problema mio.
La drammatizzazione del film di Ridley Scott, e del romanzo di Philip K. Dick dal quale è tratto, era sbilanciata per ragioni narrative sulle estreme conseguenze dei rischi, con poco o nulla interesse a parlare di opportunità, per ragioni narrative.
Connected, per ragioni di comunicazione aziendale, è altresì ottimisticamente sbilanciato verso la direzione delle opportunità, lambendo poco il fronte dei rischi.
Va detto che, la parte di finzione di Connected potrebbe essere considerata come afferente alla fantascienza più ottimistica degli albori, o all'odierno solarpunk. Il conflitto c'è nella parte iniziale, con il protagonista riluttante, ma viene risolto in modo soft, con l'AI che conquista la fiducia dell'uomo sul campo, mostrando le sue doti. Inoltre, con la scelta di una narrazione che mescola musica e immagini, viene alleggerito il relativo peso della parte documentaria, che pure mantiene un tono colloquiale e non cattedratico.
Volendo parlare a un pubblico più ampio possibile, la parte documentaristica non entra molto nei dettagli tecnologici, neanche da parte dei più tecnici tra gli intervistati. È una scelta condivisibile.
Risulta pertanto una docufiction che cerca di illustrare l'oggi, con uno sguardo positivo, dichiaramente e onestamente di parte.
Alcune tappe dello sviluppo delle AI
Se è vero che gli ultimi due anni hanno visto l'arrivo di versioni più evolute delle AI generative, è anche vero che esse sono l'applicazione di una tecnologia che fonda le sue basi negli anni '40.
Il primo articolo che illustra il primo modello matematico di rete neurale, il "Neurone di McCulloch – Pitts”, è del 1943, illustrato nell'articolo di W.S. McCulloch e Walter Pitts, A Logical Calculus of the Ideas Immanent in Nervous Activity. Nel 1950 partecipò alla questione anche Alan Turing, con l'articolo Computing Machinery and Intelligence (Macchine calcolatrici e intelligenza (aka) Può una macchina pensare?).
I primi tentativi, falliti, di implementare tecnologicamente un'AI, sono del 1958, con il percettrone di Frank Rosenblatt, ma i limiti del modello matematico dell'epoca erano già stati evidenziati da Jon Von Neumann, uno dei padri dell'informatica, nel libro pubblicato postumo Computer e Cervello (The Computer and the Brain). Limiti al cui superamento fu fondamentale l'apporto, dieci anni dopo, di Marvin Minsky e Seymour A. Papert, illustrato nel volume Perceptrons. An Introduction to Computational Geometry, del 1969.
Un lavoro che ha sbloccato alcune empasse e ha consentito a Paul Werbos, nella sua tesi di dottorato del 1974, di unire il concetto di il concetto di percettrone multistrato (Multi-Layers Perceptron) all'algoritmo di backpropagation, ovvero di retropropagazione degli errori. Ma un passo successivo è arrivato nel 1986, con l'articolo Learning representations by back-propagating errors, di David E. Rumelhart, G. Hinton e R. J. Williams, che illustra come il concetto di retropropagazione possa consentire alle reti neurali di imparare. Un articolo che ho studiato da studente.
Mi scuso se non sono stato rigoroso, ma non è questa la sede per andare nei dettagli matematici formali.
Ho voluto solo evidenziare solo alcuni passaggi, non gli unici, ma alcuni dei quali fondamentali, che mostrano quanto lunga sia stata la storia delle AI nel mondo reale. Passaggi che hanno consentito al sottoscritto, nel percorso di studente universitario e ricercatore, di usare le reti neurali, e di vederne nella vita professionale, sottotraccia, come siano state implementate in svariati modi, fino a quelle applicazioni generative che hanno fatto tanto parlare in questi ultimi due anni.
Personalmente, più di AI, termine di grande impatto, io parlerei di algoritimi e strutture dati generative, termine forse troppo neutro per gli scopi di chi vuole attirare lettori.
Più volte di paragonano le AI, e gli ultimi sviluppi, alla tecnologia atomica e alla bomba nucleare. A tal proposito osservo come dagli articoli di Albert Einsten sulla Teoria della Relatività, nell'Annus Mirabilis 1905, all'esplosione delle prima bomba nel 1945, sia passato meno tempo che dalla pubblicazione del primo articolo sulle reti neurali, del 1943, al rilascio di ChatGPT nel 2022. Se poi pensiamo che l'articolo del 1943 si basava su concetti matematici espressi da Alan Turing nell'articolo On Computable Numbers del 1936, possiamo capire come il cammino tecnologico sia stato lungo per arrivare oggi, a sviluppi che si presentano invece con grande velocità.
Un cammino che ha avuto anche vicoli ciechi, momenti di dubbio e tensioni, che varrebbe la pena divulgare e raccontare in futuro.
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