Il reparto corse della Lancia ha chiuso i battenti nel lontano 1993, ma detiene un record tuttora imbattuto: è la casa automobilistica che ha vinto più titoli nei campionati di Rally nella storia di questo sport. Sono tante le imprese e le auto che hanno reso leggendario questo marchio, dalla storica Fulvia alla velocissima Stratos all’invincibile Delta. Ma un anno in particolare è rimasto impresso nella memoria di tutti gli appassionati di motori: il 1983, noto come “l’anno in cui Davide ha sconfitto Golia”, ossia l’anno in cui la sfavorita Lancia batté il colosso Audi, raccontato in Race for Glory: Audi vs Lancia.
Un po' di storia
Dalla loro i tedeschi avevano l’enorme budget del gruppo Volkswagen, la prima auto da rally a trazione integrale, ossia l’Audi Quattro che da due anni dominava i campionati, e un team di tecnici all’avanguardia. Dalla loro gli italiani avevano i fondi limitati della FIAT che stava seriamente decidendo di non investire più nelle competizioni, nessuna auto nuova pronta per le gare, la sfiducia crescente degli sponsor. Ma c’era un uomo che non accettava di perdere e uno a cui non interessava più vincere: il primo era Cesare Fiorio, direttore sportivo Lancia e Fiat che nei precedenti 10 anni aveva conquistato 7 mondiali nei rally; il secondo era Walter Röhrl, un 35enne con alle spalle 2 mondiali vinti e 31 podi, il che lo rendeva uno dei migliori piloti di rally al mondo, famoso per la sua guida pulita e precisa. Uno che non aveva più nulla da dimostrare e voleva solo stare lontano dai riflettori, ma che Fiorio volle a tutti i costi con sé per il mondiale di quell’anno. A convincere il pilota fu la 037, il nuovissimo prototipo da corsa Lancia che andava ancora testato, messo in produzione e omologato: trazione posteriore, meno potente dell’Audi Quattro, ma più leggera e velocissima su asfalto. Röhrl disse che gli “calzava come una scarpa”. Accettò a patto di gareggiare solo nelle gare che avrebbe scelto lui, ossia quelle col fondo più favorevole a quel tipo di vettura. Neve, ghiaccio e ghiaia erano quindi esclusi, il che significava escludere praticamente metà dei rally del campionato…
Un'impresa epica
Con premesse simili, prima o poi qualcuno doveva farci un film. L’impresa fu davvero avventurosa ed epica, gli eventi e le persone coinvolte si prestano molto alla drammatizzazione, e la gare di rally, che si svolgono non su circuiti appositi, come per la Formula 1, ma su strade di città, campagna e montagna, su qualunque terreno e sotto gli occhi di tutti, sono parecchio accattivanti cinematograficamente parlando.
Il regista Stefano Mordini e Riccardo Scamarcio, che interpreta Cesare Fiorio, hanno scritto insieme la sceneggiatura attenendosi molto fedelmente ai fatti di quel glorioso anno, romanzando solo dove necessario ai fini della trama. Mordini dirige con piglio sicuro le scene delle competizioni, che non sono poche, rinunciando alla spettacolarizzazione fine a se stessa e optando per il realismo più puro, senza pesanti interventi in post produzione, riprendendo il tutto da angolazioni verosimili (camera car, riprese dall’elicottero della squadra, punto di vista degli spettatori a bordo strada…) regalando il giusto mix di adrenalina e pathos. Riesce anche a rendere credibile e abbastanza umana la rivalità tra Fiorio e Gumpert, team manager dell’Audi interpretato dal sempre ottimo Daniel Brühl, e in generale dona il giusto ritmo alla vicenda, con rari momenti fuori posto o poco ispirati (uno su tutti, la scena della festa di gala la sera della prima vittoria della Lancia a Monte Carlo). Molto azzeccato, tra l’altro, Volker Bruch nel ruolo di Walter Röhrl, sia per la mimesi che per l’intensità della recitazione. Come attore Scamarcio ha il carisma giusto per il ruolo, peccato però quando si doppia nelle scene in cui ha dovuto recitare in inglese: sono poche, per carità, ma non è decisamente il suo lavoro. Una nota decisamente a favore dell’operazione è poi lo sfoggio di tecnicismi automobilistici in più occasioni, sicuramente criptici per chi non se ne intende, ma decisamente apprezzabili per gli appassionati di motori. Raramente in film destinati al grande pubblico questo aspetto viene affrontato in modo così tecnico e poco divulgativo.
Il risultato, quindi, è un film tendenzialmente only for fans, nel senso più allargato della definizione, che comprende cioè sia gli appassionati di rally che tutti gli appassionati di sport a motori, per il suo senso dell’epica su quattro ruote, la fedeltà ai fatti reali e gli approfondimenti tecnici, ma che proprio per questo potrebbe deludere lo spettatore comune. Se vi aspettate un film action con le auto, non farà per voi. Se volete la versione cinematografica della cronaca sportiva del mondiale di Rally del 1983, andate al cinema.
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