Sal è distrutto dopo aver perso la moglie in un incidente stradale in cui lui stesso guidava. Il dolore, il senso di colpa e la perdita lo stanno annientando tanto da portarlo a tentare il suicidio, per questo sua sorella Ebe lo spinge a provare Another End, una tecnologia che permette di riversare i ricordi di un defunto nel corpo di un ospite. Una serie di incontri concordati permette in tal modo a chi è rimasto di elaborare il lutto e dire letteralmente addio alla persona cara. Dopo un primo momento di incertezza Sal vede nell’estranea che si sveglia ignara di tutto nel letto di casa la moglie Zoe e non riesce più a lasciarla. Prega la sorella che lavora per Aeterna dove viene elaborato il programma Another End di concedergli altro tempo, ma la locatrice comincia ad avere dei ricordi della morte della propria ospite.
È davvero suggestivo il mondo creato da Piero Messina in questo suo secondo lungometraggio, un universo visivo interessato molto alle sensazioni tattili e olfattive, come nella scena in cui Sal approfitta dell’arrivo della metropolitana per annusare i capelli di una sconosciuta, oltre a quelle visive. Non solo per la fotografia livida di Fabrizio La Palombara e la divisione netta tra il giorno e la notte che ha un significato narrativo essenziale, ma anche la rappresentazione di una fantascienza urbana e architettonica identica al nostro mondo. Sembra quasi che i personaggi di Another End non vivano in un futuro prossimo ma in un universo parallelo, in una città che potrebbe essere una qualsiasi del mondo occidentale. Il discorso di Messina sul presente non ha bisogno di trucchi fantascientifici, poiché l’elaborazione del lutto e il dolore per la perdita dovrebbero essere percepiti in modo trasversale in qualsiasi epoca storica.
Tuttavia, sembra raccontare Another End l’epoca in cui viviamo rende ancora più insopportabile la morte. L’idea che i ricordi continuino a sopravvivere e che rimanga una sorta di banca dati infinita rispetto a ciò che è stato riguarda già il presente e i social. Ma il film di Messina ha l’enorme merito di non scivolare mai in un discorso morale, quanto piuttosto permette a chiunque di capire il protagonista senza dover per forza prendere una posizione, mostrando l’impossibilità di una conciliazione vera con la perdita e, allo stesso tempo l’inevitabilità della prosecuzione della vita che non può mai finire in uno stallo.
Another End è una produzione che si fatica ad associare al cinema italiano, sia per il respiro internazionale, i due attori protagonisti sono Gael García Bernal e Renate Reinsve, ma anche per il genere fantascientifico, non certo comune da noi. Messina dimostra di sentirsi a suo agio nei territori della distopia, facendo sua la lezione del cinema americano, consapevole di non poter proporre Blade Runner ma guardando con rispetto al capolavoro. La scelta poi di inserire un colpo di scena finale (la sceneggiatura è stata scritta dal regista insieme a Giacomo Bendotti, Valentina Gaddi, Sebastiano Melloni) dà maggiore respiro a una pellicola che gioca le sue carte non solo affidandosi al messaggio ma anche sulla narrativa tout coeur.
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