Priscilla Beaulieu ha appena quattordici anni quando incontra per la prima volta Elvis Presley, la più grande star planetaria del rock'n'roll, finito in Germania a causa del servizio civile. Tra i due sembra nascere subito un’intesa, lui ha da poco perso la madre ed è alla ricerca di una spalla su cui piangere, lei sogna il principe azzurro e a entrambi manca l’America. Elvis teme che una volta tornato a casa nessuno si ricorderà di lui ma la sua carriera riparte da dove l’ha lasciata tornato a casa, mentre Priscilla riprende una vita da ragazzina qualunque. Nonostante la fama e le molte donne che lo circondano il cantante non si è dimenticato di lei e con il benestare dei genitori la fa tornare negli Stati Uniti. Tra i due inizia una convivenza che dopo qualche anno sfocia in un matrimonio e in una figlia.
Raccontare una vita come quella di Elvis Presley può risultare un’impresa titanica e persino un autore come Baz Luhrmann, se pure con un’opera con tante qualità come il suo Elvis, si è un po’ perso nelle insidie del biopic. Allora perché non osservare il mito da lontano, cambiando prospettiva? In parte è questo l’obiettivo di Priscilla, il nuovo film di Sofia Coppola tratto dall’autobiografia di Priscilla Presley, moglie del re del rock dal 1967 al ’73. Non si tratta quindi della rappresentazione dell’ascesa e della caduta di Elvis ma di come una ragazzina appena adolescente abbia vissuto accanto ad un uomo innamorato ma pur sempre preso dai propri eccessi e dalle manie di controllo.
In un’epoca di Metoo ciò che è evidente interessi a Sofia Coppola è rappresentare Priscilla come una delle tante donne vittime degli abusi da parte di un uomo egocentrico e infantile. Elvis fa sesso con tutte ma pur dormendo con Priscilla non la vuole toccare perché è sempre lui a decidere come e quando. Sono sempre i suoi bisogni che contano e la protagonista, che per la maggior parte del film sembra una bambina, accetta incapace di ribellarsi all’egoismo maschile. Parla poco questa Priscilla e la Coppola lascia che il contrasto tra i corpi degli attori, lei interpretata dalla minuta Cailee Spaeny, lui dall’alto Jacob Elordi, valgano più delle parole. Elvis giganteggia sulla ragazza sia moralmente che fisicamente, ma entrambi sono abbacinati dal solito look glamour dei film della regista, che qui appare più del solito interessata all’estetica più che all’etica. La scelta poi di concludere Priscilla con l’abbandono della protagonista di Elvis è chiarificatore su quanto poco quadrino i conti. Se l’intento del film è femminista la storia però si sviluppa nella parentesi tra l’incontro tra i due e la loro rottura, quasi che da lì in poi la vita della donna non valga più la pena di essere raccontata.
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