Bobby fa il lottatore per un circuito di scommesse clandestine. Ogni sera indossa la maschera di scimmia ispirandosi alla divinità Hanuman, per affrontare sul ring avversari più forti di lui e perdere per denaro. Il suo obbiettivo è però quello di infiltrarsi in un esclusivo club dove le figure più in vista della città si divertono con bellissime prostitute e festini a base di cocaina. Bobby riesce a farsi assumere come sguattero ma ben presto si fa strada nell’ambiente fino ad arrivare all’uomo che ha ucciso brutalmente sua madre. Quand’era piccolo ha assistito al brutale assassinio della donna la quale si era ribellata allo deforestazione della sua terra voluta da uno spietato speculatore edilizio. La vendetta è la sola cosa che spinge l’uomo ma dovrà raggiungere l’equilibrio tra mente e corpo prima di poter trovare la propria strada.
Sono stati davvero tanto i guai produttivi che ha dovuto affrontare Dev Patel per vedere la sua opera prima arrivare finalmente al pubblico. In primo luogo la pandemia ha impedito che il film fosse girato in India come era nel progetto originale, ma in un’isola dell’Indonesia con mezzi più scarsi rispetto a quelli preventivati. Nel 2021 a fine riprese Netflix, che avrebbe dovuto esserne il distributore, ha pensato bene di tirarsi indietro ritenendo il contenuto non gradito in India, mercato sul quale ha investito parecchi soldi. È a questo punto che entrano in scena Jordan Peele e la Universal che si prendono in carico il progetto, dando una sistemata ad alcuni aspetti della pellicola (come la colonna sonora) e trovando una distribuzione.
Da un punto di vista puramente cinematografico Monkey Man non aggiunge praticamente nulla a un genere e, anche se cita apertamente John Wick, Patel lo prende superficialmente come punto di riferimento. Tecnicamente azzarda qualche piano sequenza ma per di più le botte sono accompagnate da movimenti di macchina confusi e troppo ravvicinati che impediscono allo spettatore di godere delle scene d’azione. Stesso dicasi per i flash back quando Bobby ricorda la madre, con fuori fuoco e immagini ravvicinate che finiscono per scadere nello stucchevole. La struttura narrativa è poi quella più classica: eroe cerca vendetta ma fallisce, così deve compiere un percorso spirituale prima di raggiungere la vera grandezza.
Dev Patel mostra molto marginalmente la società indiana e l’enorme disparità tra ricchi e poveri, inoltre presenta il cattivo come una sorta di santone mistico disposto a tutto pur di vincere. L’induismo, che nel film ha un ruolo importante nella comunità trans, diventa però narrativamente parlando anche il mezzo che usa Bobby per trasformarsi in una sorta di supereroe con tanto di maschera quasi in stile Marvel. Agli occhi di un occidentale tutto ciò non sembra un discorso politico ma, anzi, rispecchia la trama di un qualunque action movie piuttosto banale, tuttavia è evidente che le perplessità che Monkey Man ha registrato in India getti una luce diversa sulll’intera operazione.
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