Le storie delle persone raccontano più di mille trattati. La regista Margreth Olin torna nelle terre in cui è nata e racconta un anno di vita dei suoi abitanti, cadenzato al ritmo delle stagioni. Nello specifico racconta dei suoi genitori e di come sia stata e sia tuttora la vita in un fiordo norvegese, in un ambiente che non è tra i più ospitali.
Diviso quindi in un prologo, quattro parti e un epilogo, La canzone della Terra è un misto di documentario e di narrazione, che riesce a esporre e raccontare non solo le storie delle persone, ma anche come l'ambiente sia cambiato a causa dei cambiamenti climatici.
Il film è stato sicuramente sfidante. In tutte le condizioni climatiche, anche in piena estate, i luoghi mostrati presentano varie difficoltà a essere raggiunti, ma la dimensione visiva resta ampia, cinematografica, mai ridotta alla camera a mano. Le figure umane diventano minuscole nei paesaggi ripresti in campi larghissimi, anche con droni che simulano i maestosi voli dei rapaci.
L'innesto delle testimonianze dei due genitori ci porta avanti e indietro nel tempo, senza però indugiare nella nostalgia per i "bei tempi andati". Con molto pragmatismo, la vicenda si proietta in avanti, ricordandoci come fissare il momento presente, anche con piccoli gesti come piantare un albero, sia allo stesso tempo guardare al futuro in modo costruttivo.
La storia inoltre mostra e racconta il dolore delle tragedie umane senza pietismo, con un senso della misura che è sempre più raro trovare.
Al cinema solo il 15, 16 e 17 e 22 aprile 2024.
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