Patrice non sta vivendo un bel periodo. Dopo aver perso la collaborazione con un artista di grido la sua galleria naviga in brutte acque e lei è a corto di denaro, per questo quando uno spacciatore a cui deve dei soldi viene a riscuoterli, lo paga con un dipinto. L’operazione desta la curiosità di Gordon, un pezzo grosso della malavita newyorchese, che sta cercando il modo di riciclare del denaro sporco. La galleria di Patrice sembra perfetta per non destare l’interesse della polizia perché nessuno sarà mai in grado di capire la differenza tra un autentico quadro astratto e una presa in giro. A questo piano manca solo l’artista che viene preso a caso tra gli scagnozzi di Gordon, ma che dimostra inaspettatamente di suscitare l’attenzione di pubblico e critica, forse perché si tratta di un killer della mala, il cui tratto distintivo è quello di uccidere con dei sacchetti di plastica che ora usa nelle sue opere.
Uma Thurman produce La stanza degli omicidi opera seconda di Nicol Paone, scritto da Jonathan Jacobson, due nomi non esattamente di primo piano nel panorama di Hollywood. Eppure oltre alla Thurman, nel cast sono presenti anche la figlia Maya Hawke, Samuel L. Jackson (Thurman e Jackson non lavoravano insieme dai tempi di Pulp Fiction) e Joe Manganiello, cosa che dà alla pellicola un tono da commedia nera e sofisticata che, comunque sia lo portano sopra la media del genere. Il gioco si svolge su un tema tra i più abusati, quello dell’arte contemporanea e le sue regole di mercato, in cui il valore viene dato da quanto si è disposti a sborsare per un’opera, non certo per un oggettività artistica. A ben guardare però il discorso non si fa mai davvero serio alla Velvet Buzzsaw o The Square, ma viene usato come pretesto per innescare una commedia basata per una volta non sul romanticismo ma sui cadaveri.
Sia chiaro che La stanza degli omicidi è ben lontana dall’essere un film perfetto ma grazie all’ottimo cast di attori sia principali ma soprattutto secondari, con la selezione di facce così perfette da risultare iconiche in qualsiasi vernissage, fa il suo lavoro. La scelta poi di non scivolare nel solito romanticismo (la coppia Thurman/Manganiello fanno temere il paggio) ma di imboccare la strada del cinismo, gli conferisce una freschezza che non ha tanti paragoni al momento con prodotti di fascia simile che tendono a non poter uscire fuori dalle piattaforme. Forse sul grande schermo La stanza degli omicidi rischia di perdersi un po’ e non è un caso che al box office USA sia stato un disastro, ma è comunque un peccato perché il coraggio e la qualità andrebbero premiati anche quando non producono capolavori.
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