Sono gli anni ’60 e molte cose stanno accadendo in America. Tanti sono i giovani giornalisti che cercano di raccontare i tumultuosi cambiamenti della società in quel periodo e, tra questi c’è anche Danny che, con un reportage fotografico registra la nascita e poi l’evoluzione dei Vandals, uno dei club di motociclisti più importanti non solo del Midwest ma degli interi Stati Uniti. Narratrice di questa storia è Kathy, entrata nel giro anni prima dopo aver preso una sbandata ed essere diventata la moglie di Benny, un giovane carismatico e ribelle, pupillo di Johnny il capo e fondatore del club. Il ritratto che ne esce è quello di un gruppo di uomini incapaci di riconoscersi nella società in cui vivono e alla ricerca di una via di fuga che trovano a cavallo di una due ruote.

Jeff Nichols regista e sceneggiatore di The Bikeriders trae ispirazione per il suo film dal libro omonimo di Danny Lyon che, nel 1965 si unì al Chicago Outlaw Motorcycle Club con cui visse per due anni. La pellicola ripercorre quel periodo tramite un flashback di Kathy che, pur non essendo la protagonista racconta dal suo punto di vista l’evoluzione della storia dei Vandals, dalla fondazione nata da un’idea di Johnny mentre guardava in TV Marlon Brando nei panni de Il selvaggio, fino a quando il club si trasforma in qualcosa di diverso dalle sue intenzioni. Nel mezzo c’è la storia d’amore di Kathy, arrivata una sera in un pub dove l’aspetta un’amica, e del suo incontro folgorante con Benny, interpretato non a caso dal bellissimo Austin Butler. Lei che a casa ha già un compagno ad aspettarla da prima è infastidita dall’atmosfera del pub fatta di uomini ubriachi inclini alla molestia, ma non appena conosce Benny tutto scompare, così il primo viaggio in moto con lui e con il resto della banda diventa una sorta di passaggio magico, in cui la razionalità viene abbandonata in nome della libertà.

Benny è il massimo alfiere di una personale concezione della vita portata così all’estremo che è disposto a farsi quasi amputare un piede pur di non togliersi di dosso il simbolo dei Vandals ma, allo stesso tempo quando Johnny vuole cedergli il comando scappa, perché non desidera avere alcuna responsabilità né con gli amici, né con la moglie che abbandona. Ma lei non gli fa una colpa neppure di questo, sempre assurdamente comprensiva è disposta a tutto pur di tenersi stretta il suo uomo, anche se non ama neppure per un secondo quella vita. C’è un vero triangolo amoroso tra i tre, con una moglie gelosa che dice esplicitamente all’amico del compagno “Tu non puoi averlo”. In una sequenza in particolare, quando Johnny vorrebbe consegnare a Benny la guida del club ma lui rifiuta, la telecamera crea non a caso una prospettiva che sovrappone i profili dei due uomini come in un bacio.

The Bikeriders è un film dove la mascolinità permea ogni cosa. Nichols utilizza una pulizia formale e le regole grammaticali di un cinema classico per raccontare con nostalgia, malinconia e rimpianto, un’epoca che fu, dove era possibile ancora sognare la ribellione in termini romantici. Peccato però che i suoi personaggi, compresi quelli femminili così affascinati dai bikers da perdere qualunque giudizio critico o una dimensione autonoma di vita, credano in un sogno machista fatto di motori, birre, scazzottate e pub. L’escalation di violenza dei Vandals non è data tanto per aver accolto altri disadattati nel loro club (reduci di guerra, drogati), che il film vorrebbe far passare come i veri pazzi fuori controllo, ma perché sin dalla loro nascita sono i rappresentanti di un mondo testosteronico, con una filosofia di vita basata su niente più di questo.