Commedia romantica, astronautica, un pizzico di ucronia e complottismo in Fly Me to the Moon – Le due facce della Luna, film diretto da Greg Berlanti che ha per sfondo il 1969, anno in cui la missione Apollo 11 portò due uomini a calpestare il suolo lunare.
Secondo la sceneggiatura di Rose Gilroy, all'inizio del 1969 la missione non era più così scontata. Anzi, la NASA non sembrava avere attrativa verso il pubblico e verso i potenziali finanziatori statali, pertanto un faccendiere di Nixon di nome Moe Berkus (Woody Harrelson) ingaggia la spregiudicata pubblicitaria Kelly Jones (Scarlett Johansson), per ideare delle campagne che possano servire a risollevarne le sorti. Le intenzioni di Kelly però si scontreranno presto con quelle di Cole Davis (Channing Tatum), direttore del programma di lancio, che non vorrebbe essere distratto dal suo compito per gestire complesse pubbliche relazioni.
Com'è consuetudine di una commedia con aspetti romantici, tra i due nascerà un rapporto inizialmente controverso e poi anche un sentimento. E come è giusto che accada ci saranno anche elementi che tenderanno a dividere i due. In questo è il successivo incarico che Moe affida a Kelly, pressandola con mezzi poco leciti: preparare un set dove girare un finto sbarco nel caso quello vero vada male.
Va detto che con Fly Me to the Moon – Le due facce della Luna siamo ben oltre il "liberamente ispirato a fatti reali". L'unica vera situazione reale è la missione Apollo, per il resto già dal nome del direttore del lancio siamo in un'autentica ucronia, visto che nella realtà era l'italo americano Rocco Petrone, divenuto poi direttore dell'intero programma dopo il successo dello sbarco.
Diventa poi difficile immaginare che un evento pianificato da molto tempo fosse agli inizi del 1969 in pericolo, o che non fosse stata orchestrata prima una campagna di marketing. Lo dimostrano la quantità di materiale pubblicato dalla NASA, raccolte di depliant e volantini disponibili e consultabili in rete, i cui link trovata in fondo all'articolo.
Insomma siamo davanti a una storia che essenzialmente è la classica screwball comedy romantica, basata sulla rimozione del motivo per cui i due protagonisti non riescono ad amarsi, che ha per sfondo eventi storici.
La verosimiglianza sta da un'altra parte, per esempio in The First Man di Damien Chazelle, del 2018, che la missione Apollo 11 la raccontò dal punto di vista di Neil Armstrong, oppure in Uomini Veri di Philip Kaufman, del 1983, incentrato sul programma Mercury. Si tratta di film che drammatizzavano quanto basta, senza salti logici.
In Fly Me to the Moon – Le due facce della Luna vengono messi decisamente in risalto l'aspetto romantico e dell'inganno. La simulazione dello sbarco che esiste solo nella mente dei complottisti, che diventa nube che oscura il rapporto tra i due innamorati. Va detto che tutta la faccenda è gestita con ironia e autoironia, con dialoghi che sembrano meta narrativi, con i personaggi che confutano la credibilità di una ricostruzione fittizia, nonché l'impossibilità di un suo occultamento. Quale sia l'espediente narrativo che lo metta in risalto va scoperto durante la visione. Si tratta ovviamente di una situazione divertente, che darà modo al pubblico di ridere in modo liberatorio, in un film che è anche abbastanza lungo, oltre due ore, perché comunque denso di eventi.
Un altro salto logico meno accettabile, pur se ammantato della stessa ironia, è quello che, nella sceneggiatura, garantirà il successo dell'allunaggio. Per quanto si possa sorridere di un direttore di lancio che ragioni quasi d'azzardo, va detto che è più improbabile, è del tutto impossibile.
Persino una serie fantascientifica come For All Mankind, che pure di libertà scientifiche se ne prende alcune, almeno nelle stagioni ambientate negli anni '60 resta più verosimile, anzi forse perché fantascientifica ha quest'attenzione.
L'Ucronia non sfida le leggi della Fisica.
In ogni caso gli interpreti sono simpatici e possono entrare di certo in connessione col pubblico. Tatum è legnoso, ma è funzionale a un personaggio prigioniero delle sue rigidità. Più agile e spigliata Johannson, anche produttrice del film.
Ottimo il cast dei comprimari, tra i quali va segnalato Ray Romano, intreprete del vice di Davis, Henry Smalls, anch'esso del tutto fittizio. Come del resto di totale invenzione è Lance Vespertine, interpretato dal bravissimo Jim Rash, regista della simulazione dello sbarco messa in scena nel film, per la quale a un certo punto viene detto che Avrebbero dovuto ingaggiare Kubrick
.
Se per voi la missione Apollo 11 è una passione, un motivo di studio, di letture, di commozione, forse non è il film giusto.
Se volete vedere una commedia romantica, e considerate lo sfondo un pretesto, se le immagini di repertorio montate insieme a quelle di finzione vi lasciano indifferenti, perché quello che vi interessa sapere è come Cole e Kelly si metteranno finalmente insieme, allora è il film che fa per voi.
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